“Omicidio dopo il furto”: condanna definitiva per il vigilantes
Quattordici anni per Crocefisso Martina, 67 anni, riconosciuto colpevole di aver ucciso Marco Tedesco il 24 gennaio 2007, nella stazione di servizio Q8 sulla superstrada per Lecce. Ieri la pronuncia della Cassazione
BRINDISI – Condanna definitiva a 14 anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario per Crocefisso Martina, 67 anni, ex vigilantes finito sotto processo per aver sparato a Marco Tedesco, 28 anni da compiere, dopo il furto nella stazione di servizio Q8 sulla superstrada per Lecce, in agro di Trepuzzi.
La Cassazione
La pronuncia della Cassazione è arrivata nella serata di ieri e mette il punto alla vicenda processuale che si riferisce a quanto avvenne la mattina del 24 gennaio 2007. La guardia giurata, originaria di Torchiarolo, in servizio per l’istituto “La Vigile, intervenne dopo la segnalazione di un furto e sparò con la pistola di servizio. Per l’accusa, “cagionò la morte di Marco Tedesco”, di Brindisi, “attingendolo alla regione latero-cervivale destra con uno dei colpi di arma da fuoco esplosi ad altezza uomo, all’indirizzo di Tedesco” e degli altri “mentre si davano alla fuga”. (Nella foto accanto, Marco Tedesco)
Il furto
Tedesco viveva in una palazzina del quartiere Perrino, avrebbe compiuto 28 anni due settimane più tardi. La madre, il padre, i fratelli e le sorelle, parti civili, hanno sempre chiesto che fosse accertata la verità per capire cosa successe quella maledetta mattina. Appresero dal tg che c’era stato un furto nella stazione di servizio Q8: a distanza di poco, vennero a conoscenza che tra i ragazzi che parteciparono al colpo, c’era anche Marco Tedesco. Venne trovato senza vita sul sedile lato passeggero di una Fiat Panda di colore rosso che risultò rubata il giorno precedente a un pensionato di Brindisi. In un’altra utilitaria, una Y 10, c’erano i complici. Uno riuscì a fuggire e ad oggi non è stato identificato. Nel portabagagli, i carabinieri trovarono 500 stecche di sigarette. Uno dei ragazzi aveva in tasca cento euro. Nessuno di loro era armato.
Parti civili
La famiglia ha affidato la richiesta di giustizia agli avvocati Giuseppe Lanzalone, Daniela D’Amuri, Antonella Ingrosso e Loredana Massari, tutti del foro di Brindisi. I penalisti hanno discusso ieri davanti agli Ermellini, chiedendo la conferma della condanna dell’imputato, così come determinata dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto, per omicidio volontario. (Nella foto accanto, l'avvocato Giuseppe Lanzalone)
La difesa
Il vigilantes ha sempre respinto l’accusa, sostenendo di aver sparato non per uccidere, ma al solo scopo di impedire la fuga dei ladri. Il suo difensore, l’avvocato Antonio Savoia del foro di Lecce, per due volte chiese di patteggiare la pena a conclusione delle indagini.
Inizialmente l'imputato era stato rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per eccesso di legittima difesa dinanzi al giudice monocratico della sezione distaccata di Campi Salentina. Il giudice Stefano Sernia, decretò invece la sospensione del processo, chiedendo con ordinanza all'allora sostituto procuratore Maria Cristina Rizzo di modificare il capo d'imputazione in omicidio volontario, rinviando pertanto gli atti per competenza.
Secondo il giudice, Crocefisso non sparò in aria, bensì ad altezza d'uomo. Nel corso delle perquisizioni, inoltre, non fu ritrovata alcuna arma nella disponibilità dei complici della vittima. Anche se uno dei complici non venne identificato e resta ad oggi senza nome.
I colpi di pistola
Nel corso processo di primo grado il pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Carmen Ruggiero, dimostrò che i colpi esplosi da Crocefisso Martina furono sparati ad altezza d’uomo, con la consapevolezza del pericolo e delle possibili conseguenze che avrebbero potuto causare alle persone presenti. Stando alla ricostruzione, i colpi furono sei, dei quali solo il primo, a scopo intimidatorio, quando i ragazzi si trovavano ancora all’interno del bar. (Nella foto accanto, l'avvocato Daniela D'Amuri)
La difesa impugnò la sentenza e dopo la pronuncia della Corte d’Assise d’Appello di Lecce ottenne dalla Cassazione l’annullamento con rinvio alla Corte di Taranto. Ieri il nuovo ricorso in Cassazione dopo il processo d’appello bis, con conferma dell’accusa e della condanna a 14 anni per omicidio volontario