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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Caldaia mortale, chiesti danni per 900mila euro al Comune di Brindisi

Valerio Plumitallo morì il 19 febbraio ’99 per esalazioni di monossido di carbonio nel suo appartamento in via Cellini. I figli hanno citato l’Ente davanti al Tribunale civile

BRINDISI – Danni per 900mila euro (oltre interessi e rivalutazione monetaria) sono stati chiesti al Comune di Brindisi per la tragedia avvenuta a causa del cattivo funzionamento della caldaia, 19 anni fa, in un appartamento del rione Sant’Elia. Le esalazioni del monossido di carbonio uccisero Valerio Plumitallo, 60 anni. Rimasero intossicati i figli, autori dell’atto di citazione dell’Ente davanti al Tribunale civile.

La richiesta danni

Valerio Plumitallo-2Davide e Barbara Plumitallo che all’epoca avevano 28 e 30 anni hanno convenuto l’Amministrazione in giudizio per l’udienza del 30 novembre prossimo, chiedendo il ristoro di tutte le conseguenze negative “patite e patiendi”. Sono rappresentati in giudizio dall’avvocato Vittorio Rina, per il quale il conto – in termini di danni – è arrivato a sfiorare il tetto di un milione di euro, essendo diretta conseguenza di quell’evento, mai dimenticato. Impossibile cancellare dalla memoria quanto avvenne quel maledetto 19 febbraio 1999 nell’appartamento della famiglia, all’ultimo piano di un condominio in via Benvenuto Cellini.

La tragedia: monossido killer

Il capo famiglia morì, come accertato in sede penale, a causa “della emissione di monossido di carbonio dalla caldaia a metano, installata sul balcone del vano cucina”. Quel gas impercettibile, saturò l’ambiente. Divenne un killer silenzioso. Valerio Plumitallo (nella foto accanto) venne trovato senza vita sul pavimento. I figli, persero i sensi. La ragazza fu in grado di aprire la porta di casa, dopo che familiari, amici e vicini di casa telefonarono e citofonarono senza risultato.

L’atto di citazione risale al 13 luglio 2017, ma è solo ora che viene a galla perché il Comune ha deliberato di costituirsi in giudizio, affidando l’incarico agli avvocati interni, Monica Canepa ed Emanuela Guarino. Lo ha deciso la Giunta, su proposta dell’assessore al Contenzioso, Mauro Masiello, il 26 ottobre scorso.

L’atto di citazione

“La responsabilità dell’accaduto e il relativo onere risarcitorio”, si legge nell’atto di citazione, “è da addebitarsi non solo alla condotta di altri convenuti, tra i quali la società con la quale il defunto Plumitallo aveva sottoscritto il contratto per l’effettuazione della manutenzione e dei controlli sulla propria caldaia, ma anche a quella del Comune di Brindisi”. Questi perché – è scritto  “è Ente che ha a suo tempo affidato alla società partecipata Energeko, il compito di affidare la verifica degli impianti termici a Brindisi”.

Il legale che rappresenta Davide e Barbara Plumitallo, in qualità di eredi di Valerio Plumitallo, ha ricordato che l’inchiesta aperta subito dopo la tragedia, scaturì nel processo per omicidio colposo. Ipotesi di reato inizialmente contestata anche nei confronti di due dirigenti di Palazzo di città: per entrambi c’è stata archiviazione, come è stato evidenziato nella delibera della Giunta, non essendo stata ravvisata alcuna responsabilità.

Il processo penale

Il tribunale di BrindisiIl pm, nel chiedere la restituzione del fascicolo, scrisse che non erano “mai stati trasmessi al Comune, i rapporti relativi alla caldaia di Plumitallo, sicché non solo non si sono verificati i presupposti normativamente previsti in presenza dei quali l’Ente locale si sarebbe dovuto attivare, ma più in generale, non vi è stata una conoscenza della situazione di pericolo che avrebbe reso esigibile l’evento stesso”.

“Appaiono rilevanti, a tal riguardo, i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con riferimento alle ipotesi di appalto pubblico e sostanzialmente valevoli anche nella fattispecie in esame”, scrisse sempre il pubblico ministero titolare del fascicolo, Milto Stefano De Nozza (ora nel pool dei magistrati dell’Antimafia di Lecce).

Il Comune di Brindisi

In considerazione delle valutazioni in sede penale, rispetto alla posizione del Comune e quindi dei suoi dirigenti, l’Ente ha deciso di costituirsi nel processo per ribadire l’assoluta estraneità dell’Amministrazione sotto qualsiasi profilo di responsabilità. Gli avvocati interni di Palazzo di città, quindi, rivendicheranno dinanzi al giudice civile, l'infondatezza della richiesta di risarcimento danni.

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