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Cronaca

Calunnie sull'Ilva: sindacalista a giudizio

BRINDISI - Denunciò gravi irregolarità in materia di sicurezza dei lavoratori all’interno stabilimento Ilva di Genova. Lo fece con un esposto in procura, a Brindisi, ma le indagini non sottolinearono le inadempienze segnalate da Damiano Tursi, sindacalista Cobas di Francavilla Fontana, che per aver messo nero su bianco una serie di segnalazioni circostanziate, a tutela di 16 lavoratori del Brindisino e del Tarantino dislocati nello stabilimento ligure, è stato oggi rinviato a giudizio dal gup Giuseppe Licci per calunnia.

BRINDISI - Denunciò gravi irregolarità in materia di sicurezza dei lavoratori all’interno stabilimento Ilva di Genova. Lo fece con un esposto in procura, a Brindisi, ma le indagini non sottolinearono le inadempienze segnalate da Damiano Tursi, sindacalista Cobas di Francavilla Fontana, che per aver messo nero su bianco una serie di segnalazioni circostanziate, a tutela di 16 lavoratori del Brindisino e del Tarantino dislocati nello stabilimento ligure, è stato oggi rinviato a giudizio dal gup Giuseppe Licci per calunnia.

Il processo inizierà il 12 marzo prossimo dinanzi al giudice monocratico della sezione distaccata di Francavilla Fontana del Tribunale di Brindisi. I fatti risalgono al 2010, quando Tursi mise nero su bianco quanto gli fu segnalato, con tanto di fotografie allegate. Furono avviate indagini, delegate dal pm di Valeria Farina Valaori ai carabinieri di Genova. Secondo l’avvocato di Tursi, Pasquale Fistetti, gli investigatori si limitarono ad acquisire la testimonianza dei dipendenti della Scaroni srl, che non confermarono quanto asserito dal sindacalista Cobas.

È la tesi che il difensore ha sostenuto anche stamani durante l’udienza camerale al termine della quale il magistrato ha chiesto il giudizio e il gup ha ritenuto necessario un approfondimento dibattimentale per appurare se Tursi, tramite denuncia all’autorità giudiziaria, abbia davvero incolpato ingiustamente qualcuno di un reato, oppure se quanto egli sosteneva e documentava con immagini, oltre che ricostruzioni, rispondesse a verità.

“Giunti nel cantiere di Genova - scrisse Tursi nel 2010 - i lavoratori constatarono l’assenza di misure di sicurezza durante le lavorazioni. In particolare, il 2 agosto un lavoratore in trasferta mi informava che nel cantiere in questione non vigeva alcune misura di sicurezza sul lavoro, per cui mi chiedeva di far intervenire il Dipartimento di prevenzione della Asl 3 genovese”.

“Agli operai  della Scaroni - scrive Tursi - non erano state impartite istruzioni sulla valutazione dei rischi prima di ogni lavorazione, né risultava eletto il rappresentante  per la sicurezza. Tutti i lavoratori comandati in trasferta dal cantiere di Taranto erano fatti soggiornare in un centro religioso. Gli stessi lamentavano la presenza di un solo bagno per 10 persone, con mortificanti problemi igienici. Inoltre sostenevano che non era loro concesso di fare rientro presso le rispettive famiglie ogni 15 giorni, e che  era sistematicamente praticato un sistema di ricatto occupazionale soprattutto nei confronti dei lavoratori immigrati”.

Furono sottolineate inoltre: “Mancanza di cartello adiacente all’ingresso del cantiere; scavi senza recinzioni, nonostante avessero una profondità di 2 metri; assenza di protezione su tutta l’area di pertinenza del cantiere; prolunghe di cavi di corrente di 220 volt riversi per terra, nonostante fossero  deteriorati; assenza di dispositivi di protezione individuale e di idonea cassetta di pronto soccorso; assenza di estintore portabile persino nel container, all'interno del quale vi era  il serbatoio del gasolio chiuso; nessuno dei  lavoratori inviati in trasferta dalla Scardoni Srl è stato  sottoposto a visita medica né a vigilanza sorveglianza sanitaria; mancanza totale di servizi igienico-sanitari”.

Questo scrisse lo storico esponente dei Cobas, che dovrà affrontare ora un processo. Gli tocca difendersi e constestualmente, al fianco del suo legale Pasquale Fistetti, dimostrare che quel che diceva sulle condizioni dei colleghi di lavoro, non era falso ma pura verità. Documentata, stando alla su tesi.

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