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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

"Calunniò un altro prete", condanna in appello

FRANCAVILLA FONTANA - E’ stata confermata anche in secondo grado la condanna a un anno e quattro mesi per un prete di Francavilla Fontana, don Francesco Galiano, 61 anni, imputato per calunnia per aver denunciato un altro prete.

FRANCAVILLA FONTANA - E’ stata confermata anche in secondo grado la condanna a un anno e quattro mesi per un prete di Francavilla Fontana, don Francesco Galiano, 61 anni, imputato per calunnia per aver denunciato un altro prete, don Rocco Leo, reo secondo Galiano di aver reso una falsa testimonianza sul suo conto riguardo una vicenda piuttosto torbida, un atteggiamento persecutorio nei riguardi di una catechista. La corte d’Appello di Lecce ha confermato ieri la sentenza pronunciata in primo grado dal giudice monocratico di Brindisi, Francesco Cacucci.

Oltre alla reclusione, a Galiano, all’epoca dei fatti (2000) direttore della fondazione “Opera Beato Bartolo Longo” di Francavilla Fontana, dovrà pagare un risarcimento danni alla parte civile, assistita dall’avvocato Domenico Attanasi, oltre a provvedere alle spese legali in favore di colui che stando anche al secondo pronunciamento avrebbe subito la calunnia.

Questi i fatti. Una catechista (assistita dall'avvocato Fabio Patarnello)  trascina in tribunale don Galiano perché riteneva di essere mobbizzata. Il prete aveva iniziato a controllarla – asseriva – con ingerenze intollerabili nella sua vita privata. La donna, che oltre a essere una catechista era a tutti gli effetti una dipendente della fondazione, riteneva che il comportamento fosse quantomeno fuori luogo. Aveva presentato poi ricorso dinanzi al giudice del lavoro quando gli atteggiamenti insistenti del prete, che si faceva trovare anche nei luoghi che lei frequentava, si erano tradotti in un demansionamento sul luogo di lavoro. Tutto ciò perché, secondo il sacerdote, lei aveva allacciato una relazione sentimentale con un avvocato, per altro interno alla fondazione.

Fatti privati che a quanto pare interessavano a don Galiano che aveva anche spedito messaggini lesivi dell’onorabilità e della reputazione della donna e dell’uomo. “La p… torna a casa – si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado – il b…. si ritira”. Dinanzi al giudice del lavoro c’era stata una sfilata di testi. Don Rocco Leo che aveva dichiarato che effettivamente gli era stato chiesto dalla vittima di intercedere col vescovo, perché don Galiano la smettesse, una buona volta. Il vescovo, monsignor Marcello Semeraro, pure aveva confermato di aver ricevuto una telefonata nel corso della quale la problematica gli veniva posta e di aver chiesto proprio a don Rocco Leo di risolvere il problema, ricordando all’altro prete quali fossero i suoi compiti e quali anche gli atteggiamenti più opportuni da tenere, nel rispetto dell’abito talare indossato.

Il giudizio dinanzi al giudice del lavoro si chiuse con un verdetto definitivo favorevole alla catechista. Nel 2006 don Galiano, con l’avvocato Pasquale Fistetti, presentò denuncia ritenendo di essere stato diffamato dal collega prete nella ricostruzione dei fatti. C’è stata quindi controquerela per calunnia da parte di Leo le cui dichiarazioni sono state quindi passate al vaglio dinanzi a un Tribunale penale.

Assodato, anche con il contributo del vescovo che ha testimoniato nel dibattimento, che la versione dei fatti fornita rispondeva del tutto al vero, Galiano è stato quindi ritenuto colpevole del reato ascritto. Condannato, con conferma in secondo grado. Si attende la Cassazione: ad ogni modo il sacerdote, che aveva rifiutato la prescrizione convinto d’essere assolto, potrà beneficiare, da incensurato, della sospensione condizionale della pena.

 

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