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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Carabiniere ucciso, il pentito indicò Brandi. Ma il pm chiede ancora l'archivizione: indizi deboli

CEGLIE MESSAPICA – Non si riesce proprio a venire a capo dell’omicidio del carabiniere Angelo Petracca, ammazzato a vent’anni nel corso di un tentativo di rapina alla Banca popolare di Ceglie Messapica messa a segno il 22 gennaio del 1990. Anche la terza inchiesta, così come le precedenti, si avvia verso l’archiviazione.

CEGLIE MESSAPICA – Non si riesce proprio a venire a capo dell’omicidio del carabiniere Angelo Petracca, ammazzato a vent’anni nel corso di un tentativo di rapina alla Banca popolare di Ceglie Messapica messa a segno il 22 gennaio del 1990. Anche la terza inchiesta, così come le precedenti, si avvia verso l’archiviazione. Il pubblico ministero Milto De Nozza  l’ha già chiesta. Gli unici due presunti appartenenti al gruppo rimasti in vita, il brindisino Raffaele Brandi e l’ostunese Giuseppe Marzio ancora una volta riescono a scrollarsi la pesantissima accusa di omicidio. Le indagini – sostiene la pubblica accusa nella richiesta di archiviazione – non hanno consentito “di acquisire elementi univoci di responsabilità nei confronti degli indagati tali da portare all’esercizio dell’azione penale”.

Una vicenda terribile. Angelo Petracca aveva 20 anni, era di Casarano ed a Ceglie faceva il carabiniere ausiliario che avrebbe dovuto congedarsi di lì a qualche giorno. Il 22 gennaio era in licenza. Scattò nella caserma (lui abitava nell’alloggio di servizio) l’allarme rapina collocato nella Banca Popolare di Ceglie, in via Ovidio, a circa trecento metri di distanza. Petracca e un altro collega, ausiliario, pistole in pugno si diressero a piedi, correndo, verso la banca. Ad attenderli c’era il palo che appena li vide aprì il fuoco centrando i due carabinieri. Petracca morì sul colpo con la testa trapassata dai pallettoni. L’altro carabiniere fu più fortunato. Rimase ferito ma si salvò. La rapina fallì. I banditi scapparono a piedi nelle stradine della zona di Sant’Anna e poi a bordo di una Lancia Thema fecero perdere le tracce.

Le indagini sono state complesse. I carabinieri hanno cercato in tutti i modi di mettere assieme le prove che potessero inchiodare i responsabili. Secondo gli investigatori il palo era il brindisino Raffaele Brandi, già condannato a undici anni di carcere per associazione mafiosa (pena scontata), ed attualmente detenuto perché accusato di avere messo in piedi un’altra associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, al traffico della droga, con un pizzico di voto di scambio. Raffaele Brandi sarebbe stato colui che avrebbe sparato. Gli altri componenti la banda, sempre stando alle indagini dei carabinieri, erano il carovignese Mario Carrone e gli ostunesi Mario Sorada e Leonardo Morelli.

Nelle indagini finì un altro ostunese: Pietro Sgura. La Lancia Thema fu rinvenuta in un garage di quest’ultimo. Sgura fu arrestato, ma alla fine tornò in libertà perché gli investigatori non riuscirono a mettere assieme prove tali che potessero coinvolgerlo nell’omicidio e nella rapina. Sgura si difese dicendo che gli era stato chiesto di tenerla per qualche giorno, ma non immaginava che fosse stata usata per una rapina. Sgura morirà qualche tempo dopo in un incidente sul lavoro.

Stessa sorte tocca a Leonardo Morelli che si sfracellò al suolo cadendo da un’impalcatura. E morirono anche Carone e Sorada a Casalini, frazione di Cisternino, dove erano andati a rapinare l’ufficio postale. L’inchiesta sull’omicidio di Petracca, insignito con la medaglia d’oro al valor militare, finì in archivio. Fu riaperta dopo alcuni anni. Ma le indagini non portarono a niente di nuovo. Solo indizi. Nessuna prova.

Qualche tempo fa è stata nuovamente riaperta. Un collaboratore di giustizia di Ostuni, che da allora si trova in una località segreta e non ha più rimesso piede nella sua terra, fece mettere a verbale di aver saputo da un detenuto che stava con lui in carcere che Brandi aveva preso parte a una rapina nella quale era morto un carabiniere. Questo detenuto aveva conosciuto Brandi negli anni 1993 e 1994. Brandi gli disse che era stato ferito e che aveva risposto al fuoco uccidendo il milite. Il collaboratore, che aveva già riferito agli investigatori su quella rapina, collegò i fatti e riferì agli investigatori.

L’altro teste fu interrogato e disse di avere conosciuto Brandi tra il ’95 e il ’96. Disse che un giorno mentre facevano la doccia aveva notato una vistosa cicatrice sulla spalla di Brandi e gli chiede come se l’era procurata. Brandi gli rispose che era stato ferito da un carabiniere che subito dopo era stato ucciso.  Negò di aver parlato di Brandi con il collaboratore di giustizia e che era stato quest’ultimo a dirgli che era stato Brandi a uccidere il carabiniere Petracca.

Brandi, interrogato su questo omicidio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il magistrato ha chiesto al Ris di effettuare la comparazione delle impronte degli indagati con quelle rilevate sulla Lancia Thema, ma nessuna corrispondeva. Brandi è stato sottoposto anche ad intercettazioni ambientali. Non un cenno è venuto fuori sull’inchiesta. Non essendoci nessun elemento di riscontro alle dichiarazione dei due testi, il magistrato ha dovuto chiedere l’archiviazione. Deciderà il giudice per le indagini preliminari. E per la terza volta la verità sulla morte di Angelo Petracca potrebbe finire in archivio. Nonostante gli sforzi investigativi per assicurare i responsabili alla giustizia.

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