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Cronaca

“Caso Cucchi, anomalie dopo l’arresto”: imputato carabiniere di Brindisi

L’accusa mossa anche nei confronti di Francesco Tedesco. Oggi in Corte d’Assise a Roma la testimonianza del vice questore

BRINDISI – “Anomalie dopo l’arresto di Stefano Cucchi, come il fatto che non furono indicati i nomi di tutti i carabinieri presenti in quel momento, né avvenne il foto segnalamento”: c’era anche Francesco Tedesco, carabiniere di Brindisi, quel giorno in servizio e in divisa. E’ finito sotto processo con l’accusa di omicidio preterintenzionale in relazione alla morte del geometra di Roma avvenuta il 22 ottobre 2009 all’ospedale Pertini, sei giorni dopo essere finito in manette per droga.

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Gli imputati

Sul verbale di arresto risulta esserci il nome di Tedesco, ma non quelli degli altri due carabinieri rinviati al giudizio della Corte d’Assise di Roma, con accusa identica: Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, entrambi imputati, quella sera in borghese, non compaiono. Non risultano esserci i loro nomi stando alle dichiarazioni rese oggi in aula, dal vice questore Stefano Signoretti, citato come testimone dal pubblico ministero, essendo stato all’epoca dirigente della sezione Omicidi della Squadra mobile romana.

La testimonianza

Il teste ha risposto alle domande del pm, del presidente della Corte e degli avvocati difensori, deponendo per quasi quattro ore. Ha ripercorso le fasi dell’arresto del giovane, la notte del 15 ottobre 2009, riferendo diverse “anomalie”. Anche considerando il fatto che sul verbale di arresto risulta l’Albania  come luogo di nascita di Cucchi. Non c’è neppure il riferimento al fatto che il geometra venne condotto nella caserma di Roma Casilina per essere sottoposto al foto-segnalamento. Ma il foto segnalamento non ci sarebbe stato. Per quale motivo?

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Le intercettazioni

Nel fascicolo del pm ci sono anche diverse intercettazioni di telefonate e messaggi. Di Bernardo e D’Alessandro alle 19.19 del 27 luglio 2015 fanno riferimento ad una presunta resistenza di Cucchi nella stazione Casilina e poi, in una successiva conversazione, ad un pugno e uno schiaffo sferrati ad uno dei militari. Le conversazioni si intensificano il 30 luglio, giorno in cui i militari vengono chiamati a Roma per essere sentiti dal pm. “Il fatto va male, ma io già lo sapevo”, scrive Di Bernardo a un familiare. Tra le intercettazioni finite agli atti ce n’è una particolarmente che documenta una lite al telefono tra D’Alessandro e un parente: “Non ti preoccupare che poco alla volta ci arriveranno perché come tu come mi hai raccontato a me lo hai raccontato a tanta gente di quello che hai fatto. Raffae’ hai raccontato la perquisizione. Hai raccontato di quanto vi eravate divertiti a picchiare quel drogato”.

La sorella di Stefano Cucchi

La sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, ha sempre chiesto la verità. In giudizio è rappresentata, come parte civile, dall’avvocato Fabio Anselmo:  “Gli imputati erano preoccupatissimi non perché Stefano Cucchi aveva delle piccole lesioni, ma perché sapevano di averlo pestato in maniera molto violenta”, ha dichiarato a Today.it.

Gli altri imputati

Nello stesso processo sono imputati anche il maresciallo Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, e i carabinieri Vincenzo Nicolardi e lo stesso Tedesco, con l’accusa di calunnia  nei confronti di tre agenti della polizia penitenziaria. Per Mandolini e Tedesco, c’è ulteriore contestazione del reato di falso verbale di arresto.

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