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Cronaca Oria

Castello di Oria: un anno ai proprietari e dissequestro. Dieci rinvii a giudizio

I due proprietari hanno patteggiato un anno di pena. Gli altri 10 imputati sono stati rinviati a giudizio. Questo è l'esito dell'udienza preliminare del procedimento riguardante una presunta violazione edilizia nella ristrutturazione del castello di Oria, che si è svolta stamani davanti al gup del tribunale di Brindisi Maurizio Saso. Dissequestrato il maniero. Comune parte civile

BRINDISI – I due proprietari hanno patteggiato un anno di pena. Gli altri 10 imputati sono stati rinviati a giudizio. Questo è l’esito dell’udienza preliminare del procedimento riguardante una presunta violazione edilizia nella ristrutturazione del castello di Oria, che si è svolta stamani davanti al gup del tribunale di Brindisi Maurizio Saso. I proprietari, Isabella Caliandro e Giuseppe Romanin, hanno ottenuto il dissequestro del maniero, con parere favorevole del pm Antonio Costantini. Per gli altri 10, la prima udienza del processo con rito ordinario è stata fissata per il prossimo 7 marzo, davanti al giudice in composizione collegiale. 

Undici i capi di accusa contestati. L'abuso d'ufficio in concorso perché Isabella Caliandro, nella sua qualità di legale rappresentante nonché amministratore unico della Borgo Ducale Srl, proprietaria del castello Svevo di Oria, Giuseppe Romanin, quale amministratore unico, Orsan, progettista e direttore dei lavori, Incalza, dirigente dell'Utc di Oria, Bramato, funzionario della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brindisi - Lecce e Taranto e responsabile del procedimento sui lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro, consolidamento statico e riqualificazione ai fini turistico culturali del Castello di Oria, Buonomo quale Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici, Maurano, ex soprintendente a interim, con violazioni urbanistiche e ambientali, compiute anche con "false certificazioni di conformità delle opere rispetto allo stato dei luoghi e agli atti autorizzativi" avrebbero intenzionalmente provocato ai proprietari un ingiusto vantaggio.

L'ingiusto vantaggio consiste nella possibilità di modificare, con opere in contrasto con la normativa che salvaguarda il patrimonio storico e artistico, la destinazione turistico culturale del castello, al cui interno è stata ricavata una sala congressi, una sala multiuso, una cucina, una sala da pranzo, un office e un ufficio amministrativo. Abuso d'ufficio in concorso anche perché con "macroscopiche violazioni di legge" sarebbe stato procurato alla società di Caliandro e Romanin l'ingiusto vantaggio derivante dal rimborso delle somme spese per gli interventi, senza riuscire nell'intento per il diniego opposto dalla Regione Puglia.

La contribuzione pubblica, del Ministero per i Beni e le Attività culturali avrebbe coperto per il 50 per cento i costi sostenuti, ma, secondo l'accusa, "la maggioranza delle attività edilizie non era legata a esigenze di restauro, ma piuttosto riferibili alla realizzazione di aree, come le cucine, i saloni da pranzo e per ricevimenti e le suite e stanze d'albergo".

I lavori di ristrutturazione sarebbero inoltre viziati da una serie di difformità. Quali? diversa configurazione dei percorsi pedonali e delle aiuole, con la realizzazione di muretti perimetrali alla scala che conduce al piano interrato; realizzazione di servizi igienici.

Non solo: apertura di varchi e spostamento di colonne monumentali, una scala interna vicina alla cucina, apertura di finestre sul perimetro esterno del cancello, un soppalco al primo piano, demolizione muretti a secco e realizzazione di muri in calcestruzzo armato, chiusura della vasca ai piedi della scarpata del castello con cemento, alterazione della vegetazione con abbattimento di alberi ad alto fusto, demolizione parziale della scala che fronteggia il convento di San Benedetto. Ipotesi di danneggiamento per Romanin e Caliandro per la distruzione di alberi nel parco di Montalbano, area boschiva che si trova nel perimetro del castello.

Sarebbe infine stata sostenuta falsamente la compatibilità delle opere eseguite con il recupero e la conservazione del castello. I due proprietari avrebbero infine destinato il bene monumentale a "uso commerciale, in particolare a celebrazione di ricorrenze di vario tipo, con conseguente indiscriminato accesso dei numerosi invitati e la consumazione dei pasti, uso chiaramente incompatibile con il carattere storico e artistico del bene" ponendone a rischio la conservazione e l'integrità.

Il castello svevo di Oria è stato sottoposto a sequestro per la prima volta il 10 ottobre del 2011, poi nuovamente nel marzo 2013. Il Comune si e' costituito parte civile rivendicando un danno patrimoniale ma anche un danno di immagine.

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