rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Ciò che Consales non ha detto alla sua città

BRINDISI - Prima di tutto è necessario capire di che cosa si sta parlando, quali sono le accuse formulate dalla procura nei riguardi del sindaco e delle altre tre persone coinvolte.In cima alla lista c’è il riciclaggio. Si badi bene, riciclaggio, e non la violazione delle norme antiriciclaggio. Nel secondo caso si tratterebbe di una sanzione oblabile, di una irregolarità di carattere amministrativo.

BRINDISI - Prima di tutto è necessario capire di che cosa si sta parlando, quali sono le accuse formulate dalla procura nei riguardi del sindaco e delle altre tre persone coinvolte.In cima alla lista c’è il riciclaggio. Si badi bene, riciclaggio, e non la violazione delle norme antiriciclaggio. Nel secondo caso si tratterebbe di una sanzione oblabile, di una irregolarità di carattere amministrativo relativa proprio all’utilizzo dei contanti per somme superiori ai mille euro. Violare una norma antiriciclaggio non significa automaticamente maneggiare denaro sporco, significa non rispettare le prescrizioni riguardo alle modalità di versamento di importi di una certa consistenza. Altra storia è l’ipotesi di reato rubricata e riportata sull’informazione di garanzia ricevuta da Mimmo Consales lo scorso martedì. I pm Giuseppe De Nozza e Savina Toscani, nel qualificare giuridicamente la condotta sulla quale la Digos sta cercando di approfondire, scavando anche nei pc e nei tablet del primo cittadino e delle altre tre persone coinvolte, hanno ipotizzato quel reato che implica il trasferimento, l’occultamento, la sostituzione di denaro sporco.

In sostanza ritengono possibile che il sindaco, in concorso con Cosimo Saracino (il capo dello Staff), e con Massimo Vergara, commercialista di Lecce e infine anche con Giuseppe Puzzovio, l’ex direttore dell’agenzia di Brindisi di Equitalia, abbia maneggiato denaro di provenienza illecita con l’intenzione di nasconderne l’origine. Quindi non solo ricettazione, che pur gli viene attribuita e che implica l’utilizzo di qualcosa, che sia o meno denaro, proveniente da altro delitto, o l’intromissione per farla acquistare, ricevere o occultare. C’è poi l’abuso d’ufficio a peggiorare il quadro. E’ il reato compiuto dal pubblico ufficiale che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, procura a sé un ingiusto vantaggio o arreca ad altri un danno ingiusto. Un tuffo nel codice penale, si perdoni il tecnicismo, necessario a definire i contorni del filone di indagine delegato dai due pm alla Digos di Brindisi.

Ergo, per semplificare e ribadire ancora una volta: il sindaco, Mimmo Consales, non è sospettato di aver violato ingenuamente la normativa antiriciclaggio, ma di aver riciclato denaro sporco. Occultandone la provenienza. Nella conferenza stampa di ieri mattina, convocata per rassicurare la città attraverso i colleghi giornalisti, Consales ha fornito una propria teoria e chissà se è riuscito a convincere tutti i brindisini. Ha ammesso di aver compiuto una leggerezza, e niente più. Ha ricordato d’essere finito nei guai con Equitalia perché gli altri soci della Nuova Idea, società fallita nel 1982, persone di cui non ha fatto i nomi, sono nullatenenti e il debito maturato è ricaduto sulle sue spalle, nonostante fosse un socio di minoranza e mai amministratore. Si è detto certo di poterla spuntare al termine del contenzioso avviato per contestare la titolarità di quel debito.

Ha riconosciuto di aver pagato in contanti cifre superiori a mille euro, ma non ha specificato quanto versava ogni mese. Ha riferito di aver dato a Equitalia 20mila euro in tutto. Non ha smentito che l’importo da corrispondere, nella sua totalità, fosse di 300mila euro circa. Ma non ha chiarito come intenda provvedere al resto dei pagamenti che gli spettano, prima che Equitalia decida di pignorargli lo stipendio. Insomma, liquidata come un’ingenuità la propria condotta, scaricata sul commercialista (un professionista esperto) la responsabilità di non averlo avvertito di stare commettendo un illecito, il sindaco ha garantito che quel denaro non proviene da fonti illegali. Non aveva interesse a movimentarlo sul suo conto, per ragioni personali che “non è il caso di rivelare”. Eh no, a questo punto non c’è privacy che tenga. Il sindaco rappresenta la città, prima di amministrarla. Ogni brindisino, che l’abbia o meno votato. E’ egli stesso l’immagine della città. E la dimensione privata, qualora ci sia un impasse che investe così drammaticamente la sfera pubblica oltre che istituzionale, non può essere un rifugio. Va posta in secondo piano se è vero che restare al timone dell’esecutivo è una scelta “rischiosa”, come l’ha definita lo stesso Consales, ma che bisogna pur fare.

La segretezza della propria vita personale va violata, anteponendole il bene di tutti. Allora, visto che le condotte, così come profilate dalla procura (poi magari si ridurrà tutto in una bolla di sapone) sono gravissime, tanto da non consentire al sindaco di escludere “sviluppi imbarazzanti”, visto che gli stipendi sono pubblici, la Digos possiede copia di ogni singolo movimento bancario (sarebbe stupido pensare che non sia così) del primo cittadino e sa bene anche come egli preferiva pagare la spesa, se in contanti o con bancomat, sarebbe il caso che Consales facesse davvero una scelta di estrema chiarezza. Ha un solo modo per mettersi al riparo dalle richieste di dimissioni, da conflitti interni o guerre fredde. Da possibili degenerazioni ed eventuali “noi lo avevamo detto”. Spiegare da dove arrivano quei soldi la cui fonte, secondo gli investigatori è “un altro delitto”, che sia furto, concussione, corruzione o chissà che. E’ l’unico modo per chiudere la vicenda: non c’è privacy che tenga, quando c’è l’interesse pubblico. E’ un concetto giornalistico, pane quotidiano per il sindaco di Brindisi.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Ciò che Consales non ha detto alla sua città

BrindisiReport è in caricamento