Clandestino nel vano motore di un'auto
BARI – Un giovane di origine afghana di 18 anni è rimasto nascosto per 20 ore rannicchiato nel vano motore di una monovolume Nissan, ed è stato trovato dagli agenti della polizia di frontiera del porto di Bari. Il conducente dell’auto e una donna che viaggiava con lui sono stati arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si tratta di Ivaylo Kaloyanov di 24 anni e Stanislava Georgieva di 39 anni, moglie dell’uomo che il 30 aprile scorso è stato arrestato dalla polizia di frontiera di Brindisi, dovendo scontare una pena di due anni e mezzo di carcerazione, proprio per lo stesso reato.
BARI – Un giovane di origine afghana di 18 anni è rimasto nascosto per 20 ore rannicchiato nel vano motore di una monovolume Nissan, ed è stato trovato dagli agenti della polizia di frontiera del porto di Bari. Il conducente dell’auto e una donna che viaggiava con lui sono stati arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si tratta di Ivaylo Kaloyanov di 24 anni e Stanislava Georgieva di 39 anni, moglie dell’uomo che il 30 aprile scorso è stato arrestato dalla polizia di frontiera di Brindisi, dovendo scontare una pena di due anni e mezzo di carcerazione, proprio per lo stesso reato.
Un lungo viaggio in condizioni disumane. Il 18enne afgano è stato trovato rannicchiato nel vano motore dell’auto dai militari in uno stato di semi-incoscienza. La Nissan su cui viaggiavano i due arrestati e l’immigrato è sbarcata nel porto di Bari dalla motonave “Superfast1”, proveniente dai porti ellenici di Patrasso e Igoumenitsa. Ivylo Kaloyanov alla richiesta della polizia di esibizione dei documenti, ha mostrato subito evidenti segni di nervosismo tanto da insospettire gli agenti. A quel punto, la monovolume è stata ispezionata, e si è giunti alla scoperta del ragazzo raggomitolato su se stesso, in un vano tra il motore e il frontalino del mezzo, separato unicamente da un cuscino che lo proteggeva dall’elevata temperatura prodotta dal propulsore.
Il 18enne è stato immediatamente soccorso e rifocillato. Lo stesso, ha raccontato agli investigatori, di essere rimasto in quella posizione più di 20 ore, fin dalle prime luci dell’alba precedente e di aver versato all’organizzazione criminale oltre 6 mila euro. La somma in denaro è stata – così come ha dichiarato il ragazzo – in anticipo mediante accredito diretto effettuato dai suoi familiari. I soldi erano il frutto di 8 anni di sacrifici e lavoro – ha continuato il clandestino – prestato in una famiglia facoltosa di Kabul, che lo aveva accolto dopo che i suoi genitori erano stati giustiziati dai talebani.
Le indagini da parte della polizia, hanno portato alla scoperta che la donna arrestata è legata alla cattura effettuata qualche settimana fa dalla Polmare di Brindisi, in quanto moglie dell’uomo che dovrà scontare due anni e mezzo di reclusione per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Marito e moglie, stando alle indagini fatte dagli investigatori, farebbero parte dello stesso sodalizio criminale.