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Cronaca

Droga introdotta nel carcere di Brindisi: gli indagati chiariscono la loro posizione

Completati gli interrogatori di garanzia delle persone raggiunte la scorsa settimana da un'ordinanza di custodia cautelare

BRINDISI – Sono proseguiti nella giornata di oggi (mercoledì 26 gennaio) gli interrogatori  di garanzia delle persone coinvolte in presunti tentativi di introduzione di sostanza stupefacente all’interno della casa circondariale di Brindisi. Ieri mattina era stato ascoltato dal gip del tribunale di Brindisi, Stefania De Angelis, il 36enne Giorgio Picca, di Bari, ristretto in carcere. Stamattina è stata la volta della compagna di Picca, la 29enne Eugenia Schiavone, di Fasano, anch’essa reclusa in carcere. La donna ha chiarito la sua posizione, spiegando di non aver mai partecipato ad alcuna attività illecita e di essersi sempre dissociata, anche a livello morale, dalle azioni contestate al compagno. Sia il 36enne che la 29enne sono difesi dall’avvocato Umberto Sforza. Picca e Schiavone sono gli unici indagati sottoposti a misura cautelare in carcere. 

Per quanto riguarda i brindisini sottoposti ai domiciliari, invece, stamani hanno risposto alle domande del gip, chiarendo la loro posizione, il 25enne Massimiliano Livera, difeso da Giuseppe Guastella, il 33enne Bartolomeo Abiuso, assistito dall’avvocato Laura Beltrami, e il 30enne Danilo Scapecchi, difeso dall’avvocato Giacomo Serio. Interrogati inoltre altri due indagati sottoposti ai domiciliari, entrambi residenti nel Barese, e altre cinque persone gravate dalla misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza. 

L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa venerdì scorso (21 gennaio) dal gip, su richiesta della locale Procura. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Brindisi, con la collaborazione degli agenti della Polizia penitenziaria della casa circondariale di via Appia, fra settembre 2020 e gennaio 2021. In questo arco temporale la Penitenziaria ha effettuato tre sequestri di sostanza stupefacente (hascisc e cocaina) fra le mura carcerarie. Per l’introduzione della droga erano stati utilizzati un flacone di shampoo, una cartolina e un pacchetto di sigarette. In un caso, oltre all’hascisc, un involucro conteneva anche due microtelefoni cellulari. 

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