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Cronaca Ceglie Messapica

Esplose fucilata per sfuggire ai forestali: dopo sette anni, arriva la condanna

In primo grado inflitti tre anni e nove mesi di reclusione a un cacciatore originario del Tarantino. Contestato anche il reato di calunnia 

CEGLIE MESSAPICA – Nel 2016 avrebbe esploso una fucilata per sfuggire ai forestali. Dopo ben sette anni, si è concluso il processo di primo grado nei confronti di un cacciatore, il 63enne M.D., originario della provincia di Taranto. L’uomo è stato condannato a una pena di tre anni e nove mesi di reclusione con sentenza emessa giovedì (25 maggio) dal collegio giudicante del tribunale di Brindisi, presieduto da Tea Verderosa. 

L’imputato, difeso dall’avvocato Antonio Mazzeo, del foro di Lecce, rispondeva di sei capi di imputazione, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, detenzione illegale e porto in luogo pubblico di un fucile semiautomatico Berretta, detenzione illegale di cartucce, furto di due esemplari di tordo bottaccio sottratti al patrimonio indisponibile dello Stato, lesione personale e calunnia nei confronti dei forestali. Si tratta del vice ispettore E.Z. e dell’agente scelto M.G.. Assistiti rispettivamente dagli avvocati Ferruccio Gianluca Palazzo e Chiara Carbotti, entrambi si sono costituiti parte civile. 

L’arresto

La vicenda risale al 6 novembre 2016, quando M.D. fu arrestato in flagranza di reato nelle campagne di Ceglie Messapica. L’uomo, secondo l’accusa, si sarebbe opposto agli accertamenti che i due forestali, in servizio presso il Comando del Corpo forestale di Ceglie Messapica, si accingevano ad espletare nei suoi confronti, nel corso di un servizio mirato al controllo dell’attività venatoria. L’imputato era intento a cacciare. Alla richiesta di esibire i documenti si sarebbe dato alla fuga. Inseguito dai forestali, “avrebbe puntato il fucile contro di loro e dopo aver minacciato di sparare se non l’avessero lasciato – si legge nel capo di imputazione – puntava l’arma ai piedi dell’ispettore E.Z. e, ad una distanza di circa tre metri, esplodeva un colpo nei suoi confronti senza attingerlo”. Poi, una volta bloccato, avrebbe morso la mano dell’agente M.G., che riportò un trauma contusivo al ginocchio sinistro e alla mano sinistra, con prognosi di quattro giorni. 

Il reato di calunnia

Il 63enne avrebbe inoltre calunniato i due forestali, in quanto, con una denuncia querela sporta il 24 novembre 2016 e in occasione di un interrogatorio reso davanti all’autorità giudiziaria il 20 dicembre di quello stesso anno, li avrebbe incolpati “pur sapendoli innocenti, dei reati di lesioni personali, maltrattamenti e abuso di potere su soggetto indagato, omissione di soccorso, calunnia e falso ideologico”. Si tratta di “circostanze non veritiere – si legge nel capo di imputazione – essendo emerso nel corso delle indagini che quanto attestato nel verbale di arresto fosse conforme a quanto effettivamente avvenuto e che gli stessi pubblici ufficiali non si fossero resi responsabili di illecito alcuno”.

La sentenza

Al termine del lungo processo, il giudice ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato riguardo all’accusa di essersi impossessato degli esemplari di tordo avvalendosi di mezzi fraudolenti (un richiamo elettromagnetico di uccelli e due richiami manuali), perché l’azione penale non deve essere proseguita per difetto di querela, sulla base di quanto previsto dalla legge Cartabia, introdotta di recente.  E' arrivata invece la condanna per gli altri capi di imputazione, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e la confisca del fucile e delle cartucce. 

M.D., oltre a una multa di 4.500 euro, è stato condannato anche al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, da liquidarsi in separata sede. Le motivazioni saranno depositate entro novanta giorni. La difesa del 63enne potrà presentare ricorso in appello. 
 

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