"Corruzione e rifiuti, incendi e volantini minatori al cimitero"
Testimone nel processo Do ut des che portò agli arresti a Cellino, il maggiore dei carabinieri Mariano Giordano: "Indagini iniziate con 17 danneggiamenti e vandalismo sulla tomba di famiglia dell'ex sindaco". Imputati Ricchiuto e Bruno di Igeco e l'ex assessore Elia
BRINDISI - “Le indagini sull’appalto per rifiuti a Cellino, partirono dopo 17 episodi di danneggiamento tra incendi di mezzi, auto e anche abitazioni di alcuni amministratori sino ad arrivare al volantino minatorio trovato davanti alla tomba della famiglia dell’ex sindaco Francesco Cascione”.
Ha parlato per oltre un’ora il maggiore dei carabinieri di Brindisi, Mariano Giordano (nella foto accanto), in qualità di testimone nel processo per corruzione ottenuto dalla Procura a conclusione dell’inchiesta Do ut Des su presunte tangenti che avrebbero contaminato le condotte di alcuni amministratori di Cellino San Marco, poi sfociato nel blitz che portò agli arresti il 10 aprile 2015.
Nel troncone dibattimentale sono imputati Tommaso Ricchiuto, 70 anni, presidente della società Igeco, Alfredo Bruno, 58, direttore della stessa e l’ex assessore ai Servizi sociali, Gabriele Elia, 32, tutti rinviati al giudizio del Tribunale in composizione collegiale per difendersi dall’accusa di atti corruttivi in relazione all’appalto dei servizi di igiene urbana. Parte civile è il Comune di Cellino che in giudizio è rappresentato dall’avvocato Cosimo Pagliara, con richiesta di risarcimento danni, anche di immagini, per cinque milioni di euro.
L’udienza di oggi è stata dedicata all’ascolto degli ufficiali e dei sottufficiali dei carabinieri che svolsero le indagini e il pm titolare del fascicolo, Antonio Costantini, ha voluto ripercorrere le tappe delle indagini condotte sia con metodi tradizionale che con l’ausilio di intercettazioni.
Il maggiore Giordano ha anche ricordato che in quel periodo c’era stata la nomina della Commissione che poi portò allo scioglimento del Comune di Cellino per infiltrazione ritenute di stampo mafioso. E ha spiegato al collegio giudicante che l’inchiesta si è allargata passando dall’appalto dei rifiuti a quello dell’efficientamento energetico per effetto delle intercettazioni telefoniche perché l’ascolto di una conversazione portò a sollevare alcuni dubbi
Ricchiuto e Bruno sono accusati – in concorso – di corruzione in relazione agli incarichi ricoperti in seno alla Igeco Costruzioni spa, “società che si era aggiudicata in via definitiva l’appalto per i servizi di igiene urbana nel comune di Cellino, per l’importo di tre milioni e 397.844,01 euro, anche all’esito del contenzioso amministrativo che l’aveva visto opposta alla prima aggiudicataria Gialplast”. Le dazioni di denaro sarebbero state pari a “ventimila euro ogni tre-quattro mesi” e sarebbero state “promesse”, stando all’impostazione accusatoria.
La somma, poi, sarebbe stata “concretamente su incarico di Ricchiuto da Bruno per mezzo del Ricchiuto e Bruno, inoltre, “promettevano l’assunzione a tempo pieno di due lavoratori” part-time “affinché tutti si adoperassero ad omettere o a fattivamente compiere plurimi atti contrari comunque imputabili all’Amministrazione comunale di Cellino e in particolare per ricevere illeciti vantaggi personali e in favore della Igeco”, si legge nel capo di imputazione. “Illeciti vantaggi – è scritto – da conseguirsi attraverso la nomina di un direttore dell’esecuzione del contratto a loro gradito, attraverso la conseguente omessa contestazione di inadempienze nell’espletamento del servizio”. Secondo il pm, le “circostanze” sarebbe state “anche implicitamente promesse e realizzate con la nomina” di un professionista avvenuta il 22 marzo 2013.
Igeco “attraverso la predisposizione di atti amministrativi illegittimi ovvero omessi comunque imputabili al Comune” avrebbe usato dei “terreni urbanisticamente incompatibili rispetto alla allocazione del centro raccolta materiali” che, stando a quanto stabilito nel bando di gara “era onere della stessa società offerente realizzare e organizzare tanto da necessitare, della predisposizione di un idoneo progetto e da ricevere specifici punteggi da parte della Commissione”. Tutto questo sarebbe stato possibile “attraverso l’illecito aumento del canone da corrispondere alla società aggiudicataria dell’appalto”.
La documentazione acquisita in fase di indagine ha portato il pm a sostenere che ci sia stato un “incremento dei servizi nella misura annua di 34mila euro oltre Iva, corrispondente a circa il 5 per cento dell’importo mensile di 56.630,73 euro, in palese violazione del principio di immodificabilità dell’oggetto del contratto”.
Gli imputati attendono l'esame per chiarire gli aspetti contestati, oggi intanto Elia, assistito dall'avvocato Giancarlo Camassa, ha reso dichiarazioni spontanee su un'intercettazione ambientale che sarebbe stata travisata nel senso interpretata in modo errato rispetto al reale contenuto: la conservazione riguardava l'appalto sulla nettezza urbana e secondo l'ex assessore in questa circostanza ci sarebbe state alcune falle sul fronte degli accertamenti investigativi.