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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Corruzione in Tribunale, obbligo di dimora per Galiano, Pepe Milizia e Spina

Tornano in libertà il magistrato, il commercialista e l'avvocato arrestati il 28 gennaio scorso in seguito alle indagini della Procura di Potenza

BRINDISI Liberi, ma sottoposti a obbligo di dimora, il magistrato Gianmarco Galiano, il commercialista Oreste Pepe Milizia e l'avvocato Federica Spina. E' la decisione del gip di Potenza, Lucio Setola, che accoglie l'istanza avanzata dalla Procura lucana. Le esigenze cautelari sono attenuate. Lo scorso 13 maggio, infatti, la Procura ha chiuso le indagini sul giudice Galiano e su altre 19 persone. A vario titolo vengono contestate le accuse di estorsione, corruzione passiva in atti giudiziari, corruzione attiva, associazione per delinquere, riciclaggio, auto-riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Il blitz era scattato il 28 gennaio scorso, quando sei persone erano state arrestate. Con l'avviso di conclusione delle indagini preliminari il procuratore di Potenza, Francesco Curcio e la sostituta Sarah Masecchia, confermano sostanzialmente l'impostazione accusatoria iniziale per tutti gli indagati, eccetto che per un magistrato. Per lui le ipotesi di abuso d'ufficio sono prescritte. Galiano deve dimorare nel comune di Civitella del Tronto (provincia di Teramo), Pepe Milizia a Foggia e Spina a Latiano.

Il giudice e i professionisti, dopo le indagini della guardia di finanza di Brindisi, sono accusati di aver messo in piedi una associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, abuso d'ufficio, riciclaggio, autoriciciclaggio, falso in atto pubblico. Per il procuratore di Potenza, Francesco Curcio e la sostituta Sarah Masecchia, tra l'altro, il giudice Galiano si sarebbe appropriato di parte dei risarcimenti, per un importo totale pari a 450mila euro, ottenuti dai familiari di una ragazza morta nel 2007 a seguito di un incidente stradale e di un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Galiano avrebbe inoltre abusato delle sue funzioni giudiziarie, "facendone in alcuni casi moneta di scambio o strumento di indebita pressione - da quanto sostenuto dall'accusa - coinvolgendo in parte nelle sue attività illecite imprenditori e liberi professionisti che ricevevano nomine e incarichi presso il Tribunale di Brindisi, quale giudice civile o fallimentare". La difesa di Galiano ha prodotto memorie per 50 pagine. Galiano il 12 maggio ha lasciato il carcere di Potenza, dopo che era stato arrestato il 28 gennaio scorso.

Ma l'inchiesta è ricca di altri elementi: il magistrato Galiano si sarebbe fatto predisporre le sue sentenze dal commercialista Oreste Pepe Milizia. Il fulcro delle indagini, per il gip, è il rapporto a tre tra Galiano, Pepe Milizia e la famiglia di imprenditori francavillesi Bianco: "Gli accertamenti – scrive il gip – hanno fatto emergere l'esistenza di una consolidata prassi illecita che vede tali soggetti pronti a collaborare per la realizzazione di qualsiasi attività illecita possa consentire loro di vivere agiatamente e godere delle proprie passioni". Le indagini si soffermano su un arco di tempo che va dal 2012 al 2018: i tre fulcri si sarebbero aiutati a vicenda con favori e condotte illecite. Galiano sarebbe stato il garante in sede giudiziaria degli interessi del gruppo, gli altri avrebbero fatto ottenere al primo consistenti vantaggi economici. Un caso su tutti: quello dello yatch Kemit, del magistrato Galiano, "ma di fatto mantenuto – scrive il pm – […] grazie ai proventi generati da un congegno criminogeno architettato e condotto da Galiano col contributo dei sodali Massimo Bianco e Pepe Milizia, in seno al quale si combinavano, secondo un ben articolato disegno speculativo, condotte corruttive, false fatturazioni ed evasione fiscale". Il ruolo centrale di Galiano è evidente: avrebbe coinvolto in parte nelle sue presunte attività illecite imprenditori e liberi professionisti che ricevevano nomine e incarichi presso il tribunale di Brindisi, quale giudice civile o fallimentare.

C'è un caso emblematico che riguarda il giudice Galiano, l'avvocato Federica Spina e una famiglia che ha conosciuto il dolore: a causa di un errore medico, il figlio nasce con problemi gravissimi. I coniugi si rivolgono dapprima a un avvocato, poi scelgono come legale Federica Spina, che sembra prendere a cuore la vicenda. Spina è compagna di Galiano, che viene trasferito al Tribunale di Brindisi. Quindi non è il caso che l'avvocato Spina segua i clienti, che hanno un contenzioso con l'Asl per chiedere un congruo risarcimento per i danni subiti dal figlio. Così si rivolgono a un terzo avvocato, estraneo ai fatti addebitati agli indagati. Alla fine la famiglia ottiene il risarcimento, sono due milioni di euro. Un giorno, che non dimenticheranno mai, si presentano a casa il giudice Galiano e l'avvocato Spina. Comincia il racconto dei coniugi davanti agli inquirenti: il giudice Galiano avrebbe preteso non solo la parcella per la prestazione di Federica Spina, ma anche 150mila euro. E perché? Lo spiega il padre del bambino agli inquirenti: "E' stato uno dei momenti più brutti della mia vita. […] A lui proprio dovevamo dare 150mila euro. Disse in modo arrogante e sprezzante che anche in considerazione del fatto che abitavamo in una piccola casa in campagna non certamente arredata in modo lussuoso e che lui, conoscendo il sindaco, […] conoscendo i servizi sociali, la polizia e chiunque contasse, ci avrebbe fatto togliere il bambino perché non eravamo in grado di assisterlo adeguatamente. Disse che lui conosceva i buoni e i cattivi. […] Vi dico la verità, ora che vi ho detto queste cose ho ancora paura. Ho paura che questo Galiano possa farci qualcosa di brutto". I coniugi cedono alla richiesta, letteralmente terrorizzati. 

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