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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Colpire gli immigrati: quando è il pensiero distorto a guidare le azioni

Appicca il fuoco ad alcune moto appartenenti a dei giovani africani. Succede a Brindisi e l’attentatore ammette di averlo fatto per ripicca, per sfogo contro un’etnia diversa dalla propria. Il sentirsi autoctoni a volte gioca un ruolo decisivo

BRINDISI - Appicca il fuoco ad alcune moto appartenenti a dei giovani africani. Succede a Brindisi e l’attentatore ammette di averlo fatto per ripicca, per sfogo contro un’etnia diversa dalla propria. Il sentirsi autoctoni a volte gioca un ruolo decisivo per catapultare una situazione. Rabbia, ostilità, vendetta sono alcuni degli ingredienti che ci spingono ad avere un comportamento aggressivo, e a volte violento, annebbiando i pensieri. Questi ragazzi stranieri che in piena notte hanno iniziato a respirare fumo, non hanno neanche avuto il tempo di comprendere cosa stesse accadendo loro.

Sono giovani con regolare permesso di soggiorno e d’affitto. Quale motivo allora spinge tanto odio e collera a scaraventarsi contro? Il sentirsi rubato il lavoro da chi è straniero, la minaccia nella propria intimità culturale, nella propria patria, il sentirsi quasi in pericolo, fa adottare mezzi esageratamente inadeguati per difendersi da qualcosa che forse in fondo non esiste. Cosa viene denunciato? Tanti giovani che provengono da altre parti del mondo arrivano nelle nostre terre non certi di trovare l’oro, ma nella speranza di lavorare seriamente ed essere retribuiti.

Contadini, assistenti ad anziani, zappatori, raccoglitori di olive e altre colture del nostro territorio, con sacchi di patate e legna sulla schiena, lunghe camminate sotto al sole o con la pioggia: sono questi i lavori umili, ma onesti che svolgono gli stranieri. Sono cordiali, disponibili, accettano lavori pesanti, senza ribellarsi, cosa che forse molti italiani farebbero al solo pensiero di stare già all’alba nella terra bagnata per chissà quante ore, di trasportare grossi fardelli ed essere sottopagati. Ecco, viene denunciato un lavoro “rubato” che noi non faremmo.

Il gesto inconsulto che ha spinto l’uomo brindisino ad appiccare il fuoco è, forse, una reazione ad un proprio pensiero, un pregiudizio, piuttosto che ad un comportamento reale del gruppo di africani. Spesso, siamo propensi a rispondere con azioni, più o meno adeguate a seconda delle circostanze, al comportamento dell’altro, pur tuttavia ci sono casi, come questo designato, in cui non è uno stimolo esterno a guidare l’agito, ma un pensiero, un preconcetto, nato, costruito, accresciuto dalle nostre stesse idee automatiche e negative.

Idee che ci logorano, ci fanno stare male, ci soffocano finché il tutto esplode in un comportamento: l’aggressione. Ma tutto sommato ci fa stare meglio? Forse lì per lì reputiamo di si, credendo che sia finito il rancore, senza renderci conto che quell’emozione rabbiosa, quel pensiero di vendetta non si placano. Se si attivano pensieri realistici di fronte ad un evento, la reazione emotiva comportamentale sarà adeguata; se invece prevalgono pensieri distorti, anche la reazione sarà disturbata.

Dato che le nostre emozioni sono in gran parte determinate dal nostro modo di pensare, ne deriva che cambiando il pensiero riusciremo a modificare lo stato d’animo. Ad esempio, se siamo convinti che gli stranieri siano “di troppo” in Italia, e che questo è una catastrofe per noi, è molto probabile che penseremo subito a come eliminare il problema, con pensieri rabbiosi di fondo; se invece proviamo a immaginare che nonostante tutto non è così grave quello che fanno (almeno non tutti), la condizione emotiva comportamentale subirà un notevole cambiamento.

Consapevoli che ci sono africani (o qualunque altro popolo) con una condizione onesta in Italia e altri invece che non rispettano la legge e per questo vanno puniti, possiamo controbilanciare il nostro pregiudizio ed essere sereni con noi stessi e con gli altri. Se ciò che ci differenzia è la cultura, il colore della pelle, forse la religione e l’orientamento politico, quello che accomuna è l’educazione, il rispetto, il pudore, il comportamento corretto, la voglia di lavorare in modo onesto, i sentimenti, l’affetto per una famiglia.

Se non tentiamo di sforzarci di modificare il nostro pensiero rischiamo di covare anche inutilmente stati d’animo e preconcetti che ci spingono verso azioni dannose anche per noi stessi. Inoltre, non spetta al cittadino farsi giustizia di qualcosa, lasciamo che siano gli organi addetti a farlo, o forse potremo al massimo denunciare un fatto ai limiti della legge. Non prendiamoci l’onere di fare altro, o potremo diventare “killer” spietati che come al bingo tirano a caso sui birilli, chissà magari prendendoli tutti, buoni o cattivi, colpevoli o innocenti. (rita.verardi@libero.it)

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