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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Così fu inchiodata la banda dei bancomat

BRINDISI – Un altro paio di furti prima di fermarsi per le vacanze di Ferragosto. Ma i carabinieri fecero saltare (è proprio il caso di dirlo) ogni piano. L'8 agosto scorso la banda del bancomat (composta da 5 soggetti) fu arrestata in flagranza di reato.

BRINDISI – Un altro paio di furti prima di fermarsi per le vacanze di Ferragosto. Ma i carabinieri fecero saltare (è proprio il caso di dirlo) ogni piano. L'8 agosto scorso la banda del bancomat (composta da 5 soggetti) fu arrestata in flagranza di reato. Oggi al gruppo sono stati attribuiti altri colpi, quattro per la precisione ma le indagini non si sono concluse, non si esclude che la banda sia responsabile di tutti e venti gli assalti compiuti tra aprile e agosto nelle province di Brindisi, Taranto, Lecce e Bari.

Le nuove accuse per Pietro Leone 41enne di Villa Castelli, Oronzo D'Urso, 33enne di Ceglie Messapica, Francesco Barnaba 37enne di Ceglie, Gianluca Giosa 34enne di Brindisi e Cosimo De Rinaldis 30enne di Ceglie, sono associazione per delinquere, ricettazione e riciclaggio, furto consumato e tentato aggravato, detenzione illegale di materiale esplodente aggravato e di armi comuni da sparo.

L'indagine, condotta dal Nucleo investigativo del comando provinciale carabinieri di Brindisi, diretto dal tenente colonnello Alessandro Colella e della compagnia di Francavilla Fontana, al comando del maggiore Giuseppe Prudente, che questa mattina ha portato all'emissione di nuove ordinanze di custodia cautelare da parte del gip Giuseppe Licci su richiesta del pm Marco D'Agostino si chiama “Grisù” come una miscela di gas altamente esplosiva costituita prevalentemente da metano, il terrore dei minatori. Ma Grisù è anche un noto cartone animato degli anni '70 il cui protagonista è un draghetto avvampatore che sogna, però di diventare pompiere.

Tre dei cinque raggiunti questa mattina dal provvedimento di arresto proprio l'altro ieri avevano ottenuto i domiciliari su decisione del Riesame. Avevano messo su una vera e propria associazione per delinquere, ognuno con un ruolo ben preciso all'interno del gruppo. Masserie e trulli abbandonati erano i covi, anzi le gubbie. Pietro Leone era il capo. “Adottava tutte le decisioni operative, individuava gli obiettivi (sportelli bancomat) da colpire, preoccupandosi di controllare l’operato di tutti, di accertare la disponibilità da parte dei correi degli strumenti necessari, rimanendo alla guida delle autovetture ricettate utilizzate per gli assalti e per darsi alla fuga dopo i furti, nonché collaborando e coordinando direttamente alla ideazione e alla esecuzione dei furti”.

Cosimo De Rinaldis, “provvedeva insieme a Leone al reperimento dei nascondigli dove depositare le autovetture e le attrezzature necessarie per i furti, all’approvigionamento delle bombole di gas e ossigeno necessarie per costruire i congegni esplosivi e del restante materiale utilizzato, nonché provvedendo materialmente durante i furti alla effrazione delle porte di accesso agli istituti di credito mediante palanchini in ferro”. Barnaba e Giosa, “operando in stretto contatto con i correi e provvedendo materialmente alla forzatura degli sportelli bankomat e alla immissione (“insufflazione”) della miscela di gas e ossigeno all’interno delle aperture dei bancomat e al successivo innesco con liquido infiammabile, così da ottenere la successiva deflagrazione degli Atm”. D’Urso era il palo, “con il compito di avvisare i complici dell’arrivo di passanti o di eventuali autovetture delle forze dell’ordine”.

Il primo assalto con boato del Brindisino con la tecnica del riempimento, attraverso apposite fessure, della cassaforte con una miscela di gas risale al 13 aprile scorso quando fu presa di mira la banca di via del Faro a Torre Canne. A cadenza settimanale furono colpite altre filiali, una decina in tutto. In alcuni casi era entrato in funzione il sistema macchia soldi rendendo le banconote inutilizzabili. I carabineri del Brindisino hanno dovuto lavorare duramente prima di venire a capo della situzione. Ogni settimana un boato. Tutte filiali poste in periferia e senza telecamere. “L'indagine è partita proprio da zero, in mano non avevamo nulla”, ha precisato il colonnello del comando provinciale dei carabinieri di Brindisi, Andrea Paris, questa mattina durante la conferenza stampa sull'operazione “Grisù”.

I militari del Nucleo investigativo hanno quindi dapprima effettuato una mappatura di tutti gli sportelli automatici del Brindisino, poi hanno selezionato quelli privi di telecamere e posti lontano dal centro. Sono iniziati i servizi di appostamento nelle zone che potevano diventare bersaglio del gruppo criminale. Ma la banda è sempre riuscita a farla franca. Fino al 16 giugno quando i carabinieri fecero fallire un colpo a Casalini, frazione di Cisternino. In quell'occasione l'auto dei carabinieri fu investita dall'Audi A6 dei banditi, ci fu un conflitto a fuoco e un inseguimento che si concluse poco dopo con l'abbandono nelle campagne dell'auto. Due militari rimasero feriti alle gambe. Il veicolo fu sequestrato e sottoposto a tutti i rilievi del caso.

Al suo interno c'erano vari strumenti atti allo scasso, un secchio pieno di chiodi a tre punte “per forare gli pneumatici di eventuali inseguitori”, uno scanner sintonizzato sulle frequenze delle Forze di polizia, una lastra di metallo che separava il vano portabagagli dai sedili posteriori. Sul sedile anteriore lato passeggero, inoltre, furono trovate tracce di sangue che però al momento non hanno portato i risultati sperati. Qualcuno inviò un messaggio anonimo di vendetta, ma alla sala operativa della questura ("mi avete ucciso un fratello"). Quella calda notte di giugno, però, rappresentò la svolta nelle indagini. “Sapevamo che avrebbero rubato un'auto simile e così è stato”, ha spiegato il procuratore della Repubblica del tribunale di Brindisi Marco Dinapoli. Il 20 giugno il Norm della compagnia dei carabinieri di Fasano segnalò il furto di un’Audi A6 station wagon, di colore scuro, dal residence “Azzurra” di Rosamarina di Ostuni ai danni di una 35enne imprenditrice di Brindisi del settore aeronautico.

Le caratteristiche del veicolo asportato erano identiche a quelle dell’auto abbandonata dai malviventi dopo il tentato furto di Casalini così iniziarono le ricerche del mezzo rubato. “Alcune segnalazioni anonime indicavano che un’autovettura di grossa cilindrata, di colore scuro, era occultata in un nascondiglio ubicato nei pressi di Contrada Monte Scotano direzione Monte Fellone in agro di Martina Franca (successivamente denominata convenzionalmente come Gubbia1), o nei pressi della Masseria Antoglia, agro di Villa Castelli (successivamente denominata convenzionalmente Gubbia2)” In località Monte Fellone risiedeva Pietro Leone”.

Il 9 luglio in una costruzione rurale completamente recintata con rete metallica e con cancello d’ingresso chiuso da un lucchetto nuovo (localizzata mediante le coordinate Gps) i militari trovarono l’Audi A6 della 35enne brindisina. Era nascosta sotto un albero di ulivo e coperta con una rete ombreggiante di colore verde che ne rendeva impossibile la localizzazione dall’alto. In un trullo ricompreso nella stessa proprietà, a pochi metri dall’autovettura rubata, c'erano attrezzi da scasso (chiavi inglesi, cacciaviti), una batteria per auto ed altro.

I militari richiesero e ottennero il sequestro ritardato “grazie al pm D'Agostino”, ha precisato Dinapoli. In questo modo si è avuto il tempo di collocare nell’auto il gps e di installare una telecamera per monitorare il nascondiglio scoperto. Quando però i militari si recarono sul posto l’Audi A6 sw era sparita (fu ritrovata altrove), ma in quello stesso posto trovarono occultata allo stesso modo, un’altra autovettura, una Fiat Stilo 3 porte Abart, di colore grigio, anch’essa rubata. I primi accertamenti stabilirono che era dotata di targa rubata.

Anche per la Stilo si ottenne il sequestro ritardato e l'autorizzazione a impiantare cimici e gps. Successivamente in un altro nascondiglio fu ritrovato un fuoristrada Tata Pick-up (8rubato) anch'esso fu sottoposto agli stessi “trattamenti”. Le indagini però non portavano ancora all'individuazione della banda “Sapevamo quando le auto venivano spostate ma non potevamo sapere dove erano dirette”, ha spiegato ancora Dinapoli. Le investigazioni hanno permesso comunque di sventare alcuin furti. Venivano mandate pattuglie alle filiali dove era diretta l'auto intercettata.

Furono sventati: il tentato furto ai danni dello sportello bancomat della filiale della banca “Ubi-Banca Carime” di Lizzano (Ta); il tentato furto ai danni dello sportello bancomat della filiale del “Credito Cooperativo di Castellana Grotte” di Noci (BA) e il tentato furto danni dello sportello bancomat della filiale del Monte dei Paschi di Siena di Monteiasi (TA). Fu individuato un altro nascondiglio: una villa disabitata a Ostuni. Fu denominato “Gubbia Ostuni”. È stato il colpo sventato a Noci, però, a permettere l'arresto della banda. In quell'occasione il gruppo si organizzò telefonicamente, decidendo che ci avrebbero riprovato il giorno successivo alle 3 cambiando, però bersaglio: Monteiasi. I banditi eseguirono un sopralluogo per accertare la presenza di eventuali “intoppi”.

Trovarono alcune persone: “Il bar sta aperto?” “No”. “Tu dici che se ne va quello?” “Facciamo un giro e torniamo. Se non se ne va non ci giochiamo molto. Se chiama qualcuno...”, “Deve andare a lavoro o sta così?”, “Boh!”, “Adesso ci ha visti questo?” “No”, “Per la madonna proprio là doveva stare?”, “vai in fondo e torniamo di nuovo. Se c’è, ce ne andiamo, se non c’è si pensa e poi…pizza è tardi...” “Adesso è tardi, sono le 5”. Il colpo programmato per le 3 dell'8 agosto subì 40 minuti di ritardo. Nei pressi della banca fu avvistato un uomo affacciato alla finestra a fumare e poi una Fiat Punto simile a quella dei carabinieri. Però i malviventi non cambiarono idea e quando entrarono in azione, pochi secondi prima di innescare l'esplosione furono accerchiati dai carabinieri (c'erano appostati oltre 40 uomini) e ammanettati.

L'operazione “Grisù”, condotta brillantemente dai carabinieri del Brindisino, infine ha permesso di: recuperare tre autovetture oggetto di furto; recuperare una pistola semiautomatica Mab mod. D calibro 7.65, di fabbricazione francese con caricatore munito di 6 proiettili integri, un revolver marca Glisenti mod. A calibro 10.35 mm, matricola 9020, 124 proiettili calibro 7.65, 10 cartucce cal.16, 9 cartucce cal.12, 2 cartucce cal.12 caricate a pallettoni, una paletta da segnalazione, 4 parrucche, 7 passamontagna artigianali, 5 berretti di 4 con visiera, 2 paia di guanti, 1 taglierino di colore giallo.

 

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