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Cronaca

Imponevano pizzo e appalti per gli amici

BRINDISI - “Dillo a Salvatore, che vuole fare”. Uno degli affiliati alla Scu dei tempi del fotovoltaico e dell’eolico, si rivolge così a “Netta”, al secolo Antonia Caliandro. Si parla di soldi, dei “pensierini”, dei proventi delle estorsioni che vengono gestite dal “boss”. Il “boss” è Salvatore Buccarella, 53 anni, in carcere dai primi anni Novanta e per lungo tempo sottoposto al regime di carcere duro. “Anche quando pensavamo fosse inattivo – ha detto oggi il procuratore della Dda Cataldo Motta – Buccarella dava ordini e gestiva i traffici illeciti”. Ebbene sì, anche con un solo colloquio al mese, come prevede il 41 bis.

BRINDISI - “Dillo a Salvatore, che vuole fare”. Uno degli affiliati alla Scu dei tempi del fotovoltaico e dell’eolico, si rivolge così a “Netta”, al secolo Antonia Caliandro. Si parla di soldi, dei “pensierini”, dei proventi delle estorsioni che vengono gestite dal “boss”. Il “boss” è Salvatore Buccarella, 53 anni, in carcere dai primi anni Novanta e per lungo tempo sottoposto al regime di carcere duro. “Anche quando pensavamo fosse inattivo – ha detto oggi il procuratore della Dda Cataldo Motta – Buccarella dava ordini e gestiva i traffici illeciti”. Ebbene sì, anche con un solo colloquio al mese, come prevede il 41 bis.

L’ordinanza che è stata eseguita stamani dai carabinieri, disposta dal Tribunale di Lecce su richiesta del pm Alberto Santacatterina, applicato alla Dda, ha raggiunto Buccarella a Secondigliano. Arrestato anche il padre Giovanni, 85 anni, detto Nino Balla, il figlio Angelo, 34 anni, la moglie Antonia. E pure la compagna del padre Vincenza Trenta. “La nuova Sacra corona unita non ha interesse a farsi la guerra” ha spiegato Motta. Nel provvedimento del giudice il teorema della “pax mafiosa” è esplicato attraverso le parole del pentito Ercole Penna e di altri cinque collaboratori, Simone Caforio, Giuseppe Passaseo, Davide Tafuri e Fabio Fornaro.

Il teorico della riappacificazione fu Francesco Campana che in un summit organizzato nella masseria dei Buccarella, a Tuturano, prese la parola alla presenza di Lino Penna, alias “Lu biondu”, il pentito che ha rovinato i piani alla nuova Scu iniziando a parlare e a raccontare tutto, nel dettaglio, e anche Massimo Pasimeni, per tutti “Piccolo dente”, mesagnese che ottenne attestazioni di solidarietà nel giorno dell’arresto da gente scesa in strada, pronta ad occuparsi perfino del suo cane. “Nel rispetto del territorio di ciascuno, ognuno avrebbe continuato a fare il suo senza pestare i piedi all’altro”, fu l’ordine impartito da Campana.

Ma tornando all’operazione di questa mattina, la verità degli inquirenti sulla Sacra corona unita, è importante per comprendere il futuro della malavita brindisina e salentina. Non si uccide più, a meno che non ci sia qualche “cane sciolto” che dà fastidio. Non si spara. Si cerca il silenzio. La pace. Perché fare rumore significa rischiare d’essere scoperti. Il metodo di approvvigionamento del denaro è quello consueto. Le estorsioni. E’ il settore che cambia. Non più solo le attività commerciali. Ma ora anche la grande impresa. Ché la malavita, quaggiù, sta diventando essa stessa un’azienda quasi riconosciuta. Sette gli imprenditori che hanno denunciato, poi ci sono quelli “collusi”, coloro i quali venivano imposti nel mondo delle energie alternative per eseguire i lavori di realizzazione degli impianti.

Non paghi? Ti brucio l’escavatore. Oppure: ti brucio l’escavatore, così pagherai. Deciderai di farti “proteggere”, acconsentirai alle richieste di assunzione. Ed ecco qui l’altro business. Il lavoro. Vuoi lavorare? Ti diciamo noi chi assumere. Il burattinaio è sempre lui, Salvatore Buccarella. E visto che è ristretto in una cella del carcere di Secondigliano ormai da anni, la moglie “Netta”, il figlio Angelo, il padre Giovanni, detto Nino Balla, si davano da fare sul campo.

Sono tredici i capi di imputazione dell’ordinanza di custodia cautelare disposta a carico di 16 persone, tutte del Brindisino. Si tratta in gran parte di estorsioni ai danni di imprenditori, due dei quali, i titolari della “Eds Infrastrutture”, denunciarono tutto ai carabinieri raccontando di essere stati raggiunti da un uomo, poi identificato in Cosimo Giardino Fai, già giudicato e condannato con rito abbreviato per un episodio estorsivo, che aveva presentato l’anziano “Nino Balla” come il padre di Salvatore Buccarella.

I presunti taglieggiatori avevano paragonato il proprio ruolo – stando a quanto riportato nel provvedimento – a quello svolto in Sicilia da Cosa Nostra. Ma non è soltanto di soldi che necessitava l’organizzazione, ma anche di posti di lavoro e di incarichi per le proprie aziende di fiducia. Le opere nei parchi eolici e fotovoltaici andavano svolti “da altre persone che pagano la protezione”. La guardiania veniva assicurata, in cambio di soldi. “Due, tre, quattro, cinque mila euro” al mese. Pagamenti dilazionati. I furti e i danneggiamenti venivano effettuati prima della richiesta in denaro, per convincere gli imprenditori della necessità di affidarsi a qualcuno per la sorveglianza. “Tutte le imprese in zona ci devono pagare una somma di denaro” avrebbe detto Fai. In caso contrario, avrebbero dovuto “andare via”.

Oltre ai sette imprenditori vittima di minacce, pressioni e ritorsioni ce ne sono altri. Secondo il giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati che ha firmato i provvedimenti restrittivi: “Alcuni titolari di attività imprenditoriali avrebbero svolto il ruolo di trait d’union tra le imprese aggiudicatarie e l’associazione mafiosa, quali ‘garanti’ nei confronti di quest’ultima, e infine esigendo di ottenere l’assegnazione di lavori in subappalto a chi ne aveva lecitamente ottenuta l’aggiudicazione”.

Il primo capo è l’associazione per delinquere di stampo mafioso, contestata a Salvatore Buccarella, Francesco Campana, Giovanni Buccarella, Cosimo Giardino Fai, Claudio Bagordo, Antonia Caliandro, Domenico D’Agnano, Cosimo Nigro (nipote di Buccarella), Elia Pati, Raffaele Renna, Cosimo Talò e Vincenza Trenta, compagna di Nino Balla.

Capi e promotori sono senza dubbio Salvatore Buccarella e Francesco Campana, in ottimi rapporti stando a quel che riferiscono i collaboratori di giustizia. Ma posizione di rilievo ce l’hanno anche Fai e Buccarella senior, oltre alle rispettive consorti. Poi ci sono le estorsioni: la prima ai danni di Giovanni Buglisi, Antonino Bucolo, Antonio Puliafico, Natale Cacciari, dipedenti della “Eds Infrastrutture” che stava per realizzare un parco fotovoltaico a San Pietro Vernotico. “Tutti i lavori devono essere fatti dalla nostra impresa”, e poi loro “dovevano dare conto ad altre persone di tutto quello che succedeva nel territorio” e poi “bisogna adeguarsi alla situazione locale”. Luoghi comuni della malavita.

Mimmo D’Agnano, un altro fra gli indagati, il 24 aprile si presentò in un cantiere a Torchiarolo. Disse di essere “da poco uscito di galera” e che i lavori dovevano essere svolti da altre persone che “pagavano la protezione”. Poi ci furono le minacce a Oronzo Trio, costretto a versare due assegni, uno di 1.200 e l’altro di 2.500 euro. Quindi l’azione intimidatoria compiuta in coppia da Nino Balla e signora: una bottiglia di liquido infammabile su una pala meccanica all’interno di un cantiere della “New edil”. Di casi identici ce ne sono altri. Ai danni dell’imprenditore Antonio Pennetta, o della “Schneider Electric”. Per non dire dei trattori rubati, ad esempio nella dita “Damiano Reale” per poi battere cassa.

Denaro, per aiutare i detenuti e per aiutare il capo: “Se io faccio qualche cosa – dice Cosimo Giardino Fai – gliela mando a Salvatore”. E poi ancora: “Abbiamo preso i tremila euro, eeeh Enza, un poco per Giuseppe, un poco per Adolfo, il resto me li sono tenuti io, cioè gli ho dato i miei, mi sono rimasti due trecento euro”. Servono perché: “Ho due fratelli in carcere, un figlio pure dentro e uno in attesa di processo”. Quindi le contrattazioni: “Pasquale io ti faccio dare 700 euro al mese, va bene?”. Lo stipendio proveniva dal racket. Lo scopo delle estorsioni è il reperimento dei soldi per mantenere i detenuti e le rispettive famiglie. E poi ci sono i “pensierini” che vengono spontaneamente versati ai famigliari di Buccarella e poi distribuiti.

Il territorio è ripartito in maniera tale che, pur senza alcun rito o giuramento, ognuno degli affiliati, da ritenersi tale perché opera in favore del sodalizio, ha un suo ruolo e una sua zona di competenza. Le donne non hanno compiti marginali. E’ la moglie di Salvatore Buccarella che si reca in carcere per i colloqui e che acquisisce le direttive e riferisce le informazioni.

La gran parte dei proventi vanno al boss. Penna dixit di aver saputo della disponibilità immediata di 30mila euro data a Campana subito dopo la scarcerazione. Le indagini sono state condotte con intercettazioni telefoniche e ambientali ma la parte più rilevante è senz’altro quella costituita dalle narrazioni dei pentiti che confermano e spiegano dettagli che, probabilmente, sarebbero di difficile interpretazione a voler prendere solo in considerazione le frammentarie conversazioni in italiano dubbio fra le persone sottoposte a indagine.

Non si fa che parlare di soldi: due, tre quattrocento euro da dare. Mille, duemila, euro da incassare. Lavori da assegnare agli amici, protezione da garantire. Quel che emerge di sconcertante è che sembra non essere cambiato nulla, nonostante i lustri passati. E quelle che fino a ieri apparivano come figure mitologiche della Scu, in realtà sono più attive che mai, ne viene riconosciuta l’autorevolezza nelle diramazioni dell’Antistato. Il capo dietro le sbarre, è pur sempre il capo.

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