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Cronaca

"Così Oggiano aiutava il clan Brandi". Tutte le accuse contro l'ex consigliere comunale

BRINDISI - Arriva il conto, pesantissimo, per l’ex capogruppo di Alleanza nazionale nel consiglio comunale di Brindisi Massimiliano Oggiano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: sei anni e sei mesi, anche oltre il previsto. Richiesta alla quale ha assistito dal vivo anche l’ex consigliere, presente in aula oggi come sempre per protestare la propria innocenza.

BRINDISI - Arriva il conto, pesantissimo, per l’ex capogruppo di Alleanza nazionale nel consiglio comunale di Brindisi Massimiliano Oggiano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: sei anni e sei mesi, anche oltre il previsto. Richiesta alla quale ha assistito dal vivo anche l’ex consigliere, presente in aula oggi come sempre per protestare la propria innocenza.

Il pubblico ministero Alberto Santacatterina ha riservato l’incipit della lunga requisitoria a carico del politico 42enne, brindisino doc, alle dichiarazioni dell’ultimo pentito. E’ stato Ercole Penna a chiarire che i rituali di affiliazioni sono considerati dalle cosche stesse superati, oltre che inutili e pericolosi. Non servono, insomma, dato che la fedeltà alla Scu oggi si misura sulle liaison negli affari, quelli concreti. E nei traffici del clan Oggiano avrebbe avuto un ruolo assai ben delineato, confermato oltre che dalle numerose intercettazioni anche dai pentiti Giuseppe Passaseo e Fabio Fornaro.

“Fare politica a Brindisi, nel quartiere Paradiso, non è come fare politica a Ginevra”, ha detto il pm con grande pragmatismo. Nel paragone dall’apparenza volutamente paradossale il magistrato inquirente ha indugiato sulla possibilità che le richieste di voto in una realtà urbana come quella brindisina, dove tutti conoscono tutti gli altri, la richiesta di sostegno elettorale può rivolgersi anche nei confronti di personaggi dalla dubbia condotta. “Non si può chiedere il certificato penale a tutti quelli cui si chiede il voto”, ha detto il pm, considerando l’ipotesi che Oggiano potesse essersi rivolto ai Brandi per un eccesso di ingenuità. Ipotesi immediatamente cassata dal magistrato inquirente.

Le cose stanno diversamente, secondo l’accusa. Intanto perché l’ex capogruppo di An era perfettamente consapevole della forza di intimidazione derivante dalla nota caratura criminale di Raffaele Brandi, già condannato con sentenza definitiva per 416 bis. Di più. “Il consigliere era al corrente dell’esistenza e della operatività del gruppo criminale in questione, e si faceva finanziare da esso per le spese inerenti la campagna elettorale e più in generale l’attività politica”, ha detto Santacatterina.

L’ex capogruppo di An è stato ritratto come “il rappresentante politico di riferimento del gruppo mafioso, attraverso il quale otteneva cospicui consensi elettorali, tanto da riuscire ad essere eletto nel corso delle consultazioni amministrative del 1999, 2002 e 2004, e a ottenere considerevoli suffragi nelle consultazioni politiche del 2006”.

I Brandi garantivano ad Oggiano “protezione totale”,secondo l’accusa, promettendo in cambio vantaggi e somme di denaro, ovvero “favori amministrativi, come interventi presso il sindaco o altri vertici dell’amministrazione comunale”, ipotesi a conforto della quale il magistrato inquirente ha citato più di qualche esempio.

Il primo, l’intercessione presso il Comune affinchè venisse consentito a un circo, gestito da persone vicine ai Brandi, di piantare le proprie tende in via Spalato malgrado l’opposizione dei residenti. Un capitolo a parte ha meritato invece la lunga vicenda Multiservizi, centrale nella requisitoria del pm, con particolare attenzione per l’intervento di Oggiano a favore della riassunzione di Francesco Brandi nella società partecipata del Comune, scandito in diversi episodi e  tempi.

Il presunto capoclan viene licenziato ad aprile del 2006 e si scontra con l’assoluta indisponibilità del presidente Cosimo Pagliara a riassumerlo, ed è esattamente da questa “riottosità” che scaturisce la presa di posizione prima, poi l’intercessione del capogruppo di An nei confronti del sindaco. Il mediatore chiede e ottiene due incontri presso l’ufficio del primo cittadino, ad uno dei quali partecipa personalmente, alla presenza dello stesso Brandi, dell’avvocato Pagliara e del sindaco di Brindisi. “Per nessuno dei sedici lavoratori licenziati durante il mandato del presidente della partecipata, Oggiano aveva fatto altrettanto”, ha dichiarato con forza il pubblico ministero, per il quale evidentemente la presa di posizione è tutt’altro che questione sindacale. Anzi.

L’altra accusa nei confronti di Oggiano è di avere “spinto l’Ugl a una campagna complessivamente ostile alla presidenza della Multiservizi, in modo da spingere il presidente Pagliara ad una soluzione che portasse alla riassunzione di Brandi”, intervenendo fra l’altro “con articoli su un giornale locale” per attaccare politicamente la gestione della società partecipata. L’ultima  accusa è quella che vede Massimiliano Oggiano protagonista di una vicenda particolarmente inquietante, su tutte. Secondo il pm il capogruppo di An avrebbe fatto sosta in più occasioni e “ostentatamente sotto l’abitazione dell’avvocato Pagliara, in orario serale e notturno e in compagnia di Francesco Brandi, con finalità evidentemente intimidatoria, sempre al fine di ottenerne la riassunzione”.

Per quanto riguarda invece il capitolo specifico legato al presunto voto di scambio, il do ut des fra il consigliere comunale e il clan sarebbe consistito, sempre secondo l’accusa, nel sostegno elettorale richiesto in cambio di posti di lavoro, alloggi popolari ed interventi di tipo amministrativo tendenti ad agevolare presso il Comune le richieste delle persone contattate”. Ma anche nell’aver “promesso ed erogato somme di denaro nella misura di alcune centinaia di euro procapite a personaggi legati alla criminalità organizzata e in particolare al gruppo Brandi e a Giuseppe Gerardi”.

E per finire. Sempre secondo l’accusa Oggiano aveva costituito con i fratelli Brandi delle società di fatto per la gestione di attività commerciali, un distributore di benzina Tamoil sulla Brindisi-San Vito dei Normanni e una cooperativa specializzata in pulizie, entrambe intestate al padre di Oggiano, che in aula ha scagionato il figlio da ogni tipo di accusa. “Quelle attività - ha rammentato il pm - erano state costituite con denaro di provenienza illecita, al conferimento del quale avevano provveduto i fratelli Brandi in persona”.

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