rotate-mobile
Cronaca

“Denaro al sindaco su richiesta del suo vice”. Spunta un testimone

Leobilla e Pecere, ai domiciliari dopo la confessione: “A Torchiarolo è andata così tra Nicolardi e Serinelli, a Villa Castelli dazioni solo per Caliandro che chiamò a Natale anche quando era consigliere provinciale”. Il gip sugli amministratori locali: “Banale quanto inutile negazione degli addebiti

BRINDISI – La corruzione contestata è stata confessata dagli imprenditori Pasquale Leobilla e Angelo Pecere, con una precisazione: “Le somme di denaro sono state versate al sindaco di Torchiarolo, Nicola Serinelli, su richiesta del suo vice, Maurizio Nicolardi”, mentre a Villa Castelli l’unico interlocutore sarebbe stato solo il primo cittadino Vitantonio Caliandro, il quale in un’occasione “chiamò dalla Provincia nel periodo di Natale”.

I pagamenti di denaro

Pasquale Leobilla-2Da ieri pomeriggio, 31 ottobre 2017, i due indagati Leobilla e Pecere sono ai domiciliari, dopo aver trascorso otto giorni nel carcere di Brindisi. Libero è l’ormai ex vice sindaco di Torchiarolo, Nicolardi, per il quale di fronte alla dimissione dalla carica di assessore, sono venute meno le esigenze cautelari, mentre i gravi indizi alla luce della confessione resa dalla coppia sono stati confermati. Così come sono stati confermati per Serinelli, che rimane ristretto ai domiciliari in attesa che trascorrano i venti giorni chiesti dalle disposizioni di legge per rendere le sue dimissioni da sindaco non più revocabili. Non intende consegnare la fascia Tricolore, invece, Caliandro, primo cittadino di Villa Castelli, anche lui ai domiciliari.

A pagare, stando a quanto hanno ammesso Leobilla e Pecere, è stato quest’ultimo “previo accordo” con il primo. Così come era stato contestato dal pubblico ministero Milto Stefano De Nozza, titolare dell’inchiesta chiamata Hydra, nella richiesta di arresto anche per Giovanni Del Coco, ex sindaco di Torchiarolo, rimasto a piede libero in considerazione del fatto che non riveste più alcun incarico.

Il testimone 

Di quei pagamenti sarebbe stato a conoscenza anche Francesco Pecere, fratello di Angelo, non più ai domiciliari da ieri: in sede di interrogatorio davanti al gip del Tribunale Paola Liaci, l’indagato ha “dichiarato di aver saputo della dazione di denaro chiesta da Nicolardi, sebbene non presente al momento del traditio rei”. Avrebbe preso di tale istanza dal fratello. Si tratterebbe quindi di una informazione acquisita de relato.

Angelo Pecere-2L'evidenza della prova

La condotta tenuta da tutti gli amministratori locali, in occasione dell’interrogatorio di garanzia, è stata definita dal gip banale. O meglio, tenuto conto del fatto che tutti, da Serinelli a Nicolardi, sino a Caliandro hanno “negato i fatti contestati”, questa scelta è stata ritenuta “banale quanto inutile di fronte alla mole di elementi di prova”. Serinelli e Caliandro, in particolare, “hanno negato l’evidenza additando gli interlocutori di ricchezza creativa”. Non fantasie, invece, per il gip che ha rimandato al contenuto di alcune intercettazioni, come quella riportata nel provvedimento di arresto e “ascoltata in data 15 dicembre 2015”. A parlare è Angelo Pecere e si riferisce, stando a quanto si legge, alla vicenda di Villa Castelli e del sindaco: “Il primo anno perse e gli diedi cinquemila euro, poi mi chiamò alla Provincia e mi voleva fare l’assegno, non posso mangiare aiutami di Natale, lui era consigliere provinciale e gli diedi tremila euro”.

Il consigliere provinciale

Secondo l’accusa, il riferimento era alle “vicende risalenti a quando Caliandro era consigliere provinciale nel 2006-2009. A seguito dell’ultima dazione di denaro, Caliandro si disse disponibile a far vincere a Pecere una gara, ma poi non fece nulla perché il bando era scaduto”. Alla gara avrebbe dovuto partecipare la società Reteservizi srl, riconducibile a Leobilla. Il sindaco ha negato anche questo.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

“Denaro al sindaco su richiesta del suo vice”. Spunta un testimone

BrindisiReport è in caricamento