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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

“Quel prete ci baciava in sacrestia e prima del catechismo”

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna anche in Appello per don Giampiero Peschiulli, a tre anni e otto mesi: "I due chierichetti mai caduti in contraddizione, comportamento processuale non collaborativo dell'imputato". Negate le generiche. L'ex parroco aspetta la Cassazione e continua a respingere l'accusa

BRINDISI – “Quel prete mi abbracciava e baciava sulla guancia quando era in corso il catechismo e il sacerdote entrava nell’aula destinata a quell’attività e la interrompeva. Con me, invece, succedeva anche in sacrestia”: le dichiarazioni rese da due ex chierichetti della chiesa di Santa Lucia sono state ritenute attendibili dai giudici della Corte d’Appello di Lecce che, per questo, hanno confermato la condanna a tre anni e otto mesi per don Giampiero Peschiulli, con l’accusa di atti sessuali su ragazzini sotto i 14 anni.

Le motivazioni della sentenza a carico del sacerdote, arrestato il 15 maggio 2015, sono state depositate alla scadenza del termine di novanta giorni, indicato dal presidente della Corte il giorno della lettura del dispositivo. I giudici hanno confermato quanto sostenuto dal gup del Tribunale di Brindisi nella sentenza del 28 gennaio 2016, sostenendo come siano evidenti le prove di colpevolezza dell’ex parroco, 75 anni, attualmente in regime di arresti domiciliari in una comunità terapeutica. E’ stato, quindi, riscontrato anche in secondo grado l’impianto accusatorio sostenuto dal pm Giuseppe De Nozza.

Don Gianpiero Peschiulli

Stando a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, gli “atti sessuali sono consistiti nel dare al ragazzo baci sulle guance, nel farsi baciare lui stesso sulla guancia, nell’abbraccio dopo averlo tirato a sé con la forza, nel dargli la mano incrociando le sue dita con quelle della mano del ragazzo, nell’accarezzargli le braccia e le gambe, nell’infilare la sua mano nei pantaloni”.

Il parroco ha sempre respinto le accuse, anche davanti alle immagini registrate dalle telecamere de Le Iene, la trasmissione di Mediaset. Il servizio venne firmato dall’inviato Giulio Golia che a Brindisi arrivò con alcuni attori per incontrare il sacerdote dopo aver ricevuto una mail tra aprile e maggio 2014, nella quale una “persona residente in città riferiva di essere stata vittima di avance sessuali di Peschiulli”. Quando tornarono per chiedere spiegazioni lui si chiuse in sacrestia e chiamò il 112, mentre su Facebook si registrò una valanga di commenti. Anche in udienza, davanti al gup, il parroco spiegò di aver dimostrato solo il proprio affetto.

A giudizio della Corte d’Appello di Lecce, l’imputato ha tenuto “un comportamento processuale non collaborativo” e per questo motivo non sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche. L’ex sacerdote attende la pronuncia della Cassazione. La difesa ha depositato ricorso sostenendo che la “motivazione sia monca, con una parcellizzazione del materiale probatorio” riconducibile  a una “valutazione parziale della parola del dichiarante”.  Nei motivi, inoltre, è stato precisato che l’imputato “si è sottoposto a interrogatorio e ha risposto a tutte le domande poste dal pm e dalla parte civile, tenendo un comportamento processuale idoneo ad arricchire il materiale probatorio offerto all’attenzione del giudice”.

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