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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

“Dopo l’omicidio trovammo un’agendina con debiti e crediti di droga”

La testimonianza del carabiniere del Ros: "C'erano i nomi di Maurizio Trenta, Claudio Bagordo, Angelo Buccarella con degli importi". Il giovane venne freddato da un colpo di fucile a canne mozze il 19 giugno 2010 a Cellino San Marco: aveva 28 anni, sul delitto anche intercettazioni con una cimice nell'auto dei fratelli Orofalo

BRINDISI – “Dopo l’omicidio di Gianluca Poci trovammo nella sua abitazione un’agendina sulla quale erano riportati nomi e soprannomi di diverse persone con l’indicazione di somme di denaro ritenute crediti e debiti per droga e dei paesi di provenienza”.

Alberto Santacatterina, il pmIl contenuto di quei fogli è stato letto e ricostruito dai carabinieri del Ros di Lecce, uno dei quali oggi è stato sentito come testimone nel processo Game Over, citato dal pubblico ministero Alberto Santacatterina (in foto): il luogotenente ha riferito al Tribunale alcuni nominativi che secondo il pm della Dda sarebbero stati scritti dallo stesso Poci, freddato da un colpo di fucile a canne mozzate, a Cellino San Marco il 19 giugno 2010. Aveva 28 anni.

“C’era tale bombulari poi identificato in Cosimo Candita di San Pietro Vernotico, dello stesso paese erano Maurizio Trenta e Ottavio Saponaro, mentre di Cellino era Claudio Bagordo”, ha detto il militare. “C’erano anche i fratelli Maiorana di Torchiarolo e Angelo Buccarella, figlio di Salvatore Buccarella, detto Totò Balla”.

L’agendina venne trovata a casa della vittima ed è confluita nel fascicolo del dibattimento, quindi, è in possesso del Tribunale. Per l’omicidio il procuratore capo di Brindisi Marco Dinapoli ha chiesto e ottenuto il processo per Josef e Antonio Orofalo, fratelli: avrebbero agito “in concorso tra loro e con il cugino non ancora maggiorenne” all’epoca,  per il quale la competenza è della Procura dei minorenni che procede separatamente.

Il delitto, stando alla ricostruzione, sarebbe avvenuto dopo “il pestaggio da parte di Gianluca Poci e di altre persone in corso di identificazione, di Antonio Orofalo”, si legge nel capo di imputazione: quest’ultimo a seguito dell’aggressione “chiamava in suo soccorso il fratello che accorreva alla guida di un’auto, armato di fucile a canne mozzate, collocato in maniera facilmente visibile all’interno dell’abitacolo”.

“Insieme percorrevano la via per San Pietro Vernotico del Comune di Cellino San Marco, imbattendosi nell’auto Alfa Romeo guidata da Poci e poco prima usata” per raggiungere il posto del pestaggio. L’omicidio sarebbe avvenuto da lì a poco, più esattamente si sarebbe trattato di una vendetta a caldo poiché “dopo che le auto si erano affiancate, Josef Orofalo esplodeva  un colpo che lo attingeva al capo cagionandone la morte quasi immediata”. Tutti e tre, quindi, rispondono anche di detenzione e porto illegale di fucile alterato nonché con matricola abrasa.

La stessa vittima, in questa ricostruzione dei fatti, avrebbe agito “in concorso con Simone Contaldo, Daniele Rizzo e Antonio Saponaro” per consumare un’estorsione ai danni dei fratelli Orofalo che altro non sarebbe stata, se non la ragione del pestaggio.

In questa concatenazione di fatti avvenuti nello stesso giorno, Antonio Saponaro, Rizzo e Contaldo, sono stati rinviati a giudizio perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con violenza e minaccia rivolte in diverse circostanze da Gianluca Poci a Josef e Antonio Orofalo”, si facevano consegnare la somma di mille euro e richiedevano l’ulteriore importo di cinquemila.

I fratelli Orofalo hanno chiesto l’abbreviato e in primo grado sono stati condannati a 18 anni. Nei confronti dei due e del cugino ci furono intercettazioni ambientali in auto.


 

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