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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

"E' come il Vietnam". Minacce fisiche e morali per i forzati neri del pannello

BRINDISI - Storie di schiavitù, di sfruttamento brutale, di ferocia medievale nell'Operazione Sunset, tramonto. Gli aneddoti sono tanti, tutti raccapriccianti. “Se devo fare un paragone posso dire che i nostri nonni che lavoravano nei campi di cotone sicuramente venivano trattati meglio”, dice un giovane operaio senegalese, mentre un marocchino racconta d’essere stato costretto, un giorno di gennaio “a lavorare dalle sette del mattino alle cinque del mattino successivo, ininterrottamente”. Mentre David, ghanese, racconta: “Mi ruppi un dito sollevando una sbarra di metallo, ma non mi fecero andare in ospedale, dovetti continuare a lavorare”. Secondo il contratto avrebbero dovuto lavorare quaranta ore settimanali, non nei giorni di pioggia che sarebbero comunque stati pagati, e sicuramente non nei giorni festivi. Al paradiso di garanzie sulla carta faceva da contraltare una realtà infernale: gli schiavi del fotovoltaico lavoravano sette giorni su sette, con ogni condizione atmosferica, domeniche comprese.

BRINDISI - Storie di schiavitù, di sfruttamento brutale, di ferocia medievale nell'Operazione Sunset, tramonto. Gli aneddoti sono tanti, tutti raccapriccianti. “Se devo fare un paragone posso dire che i nostri nonni che lavoravano nei campi di cotone sicuramente venivano trattati meglio”, dice un giovane operaio senegalese, mentre un marocchino racconta d’essere stato costretto, un giorno di gennaio “a lavorare dalle sette del mattino alle cinque del mattino successivo, ininterrottamente”. Mentre David, ghanese, racconta: “Mi ruppi un dito sollevando una sbarra di metallo, ma non mi fecero andare in ospedale, dovetti continuare a lavorare”. Secondo il contratto avrebbero dovuto lavorare quaranta ore settimanali, non nei giorni di pioggia che sarebbero comunque stati pagati, e sicuramente non nei giorni festivi. Al paradiso di garanzie sulla carta faceva da contraltare una realtà infernale: gli schiavi del fotovoltaico lavoravano sette giorni su sette, con ogni condizione atmosferica, domeniche comprese.

“E’ stata proprio la pioggia il motivo del mio licenziamento”, racconta Haithem agli agenti della Squadra mobile di Lecce il 28 ottobre scorso: “Nei giorni di pioggia il terreno diventava fangoso e, dovendo trasportare barre di ferro pesantissime, molti di noi rischiavano di cadere, anche se a me non è mai successo. Giorno 11 ottobre pioveva a dirotto, come già faceva da qualche giorno ed io stanco ed affaticato mi sono lamentato con un responsabile del cantiere, un marocchino di nome Brahim Lebher, facendogli presente che da contratto non avremmo dovuto lavorare nei giorni di pioggia. Insieme a me si sono presentati tutti i miei colleghi di lavoro, ma a parlare sono stato solo io e Akram Ayadi…”. La rivendicazione non piace ai padroncini, entrambi gli operai vengono licenziati in tronco.

“Ogni ulteriore valutazione appare superflua – scrive il gip Maurizio Saso nella ordinanza con cui dispone la custodia cautelare – la descrizione delle gravissime condotte, gravemente lesive della dignità dell’uomo, dei suoi diritti e delle sue libertà fondamentali, non lascia dubbio alcuno sulla rilevanza penale di esse nei termini configurati nella presente richiesta”. Quando gli schiavisti vengono a sapere che Haithem ha denunciato, lo minacciano. Se vuole la paga miserrima che gli spetta deve ritirare la querela. Come fanno gli investigatori a sapere che l’operaio non mente? Le intercettazioni parlano chiaro: “…lo prendi, gli spezzi le gambe, quello che vuoi – dice un padroncino al caporale –, perché la ritiri… Fai quello che vuoi ma che la ritiri…”.

Esemplare la condotta degli schiavisti anche in materia di sicurezza sul lavoro e distribuzione di materiale antinfortunistico. Come i guanti: “La gente sta chiedendo i guanti, ieri c’era un nero con le mani piene di sangue perché lavoravano senza guanti”, riferisce un cosiddetto “padrino”. “Che si arrangino” è la risposta dell’amministratore. O gli stivali. La punta di diamante della specchiata umanità dell’amministratore unico di Tecnova Italia, Josè Fernando Martinez Bascunana, è una affermazione in risposta alla richiesta della segretaria che chiede stivali per i lavoratori dei quali vi è disponibilità solo in taglie più piccole rispetto a quelle richieste. “Che si taglino i piedi – risponde lo spagnolo – Che si taglino gli stivali e lavorino con i piedi di fuori”.

E’ questa la prospettiva dalla quale gli amministratori e soci dell’impresa, promotori dell’associazione a delinquere, guardavano gli “schiavi” alle loro dipendenze, spagnoli e italiani. Fondamentale, secondo l’accusa, il ruolo della giovanissima Manuela Costabile, “vera factotum sul campo e esecutrice materiale dei turpi disegni criminosi dei responsabili della società”. E’ lei che si occupa di assumere i lavoratori già reclutati dai capi-cantiere, lei che prepara la documentazione contabile poi elaborata dalla DB Consulting e di intrattenere rapporti con i pubblici uffici. Lei che organizza in tutta urgenza una riunione societaria quando viene a sapere delle indagini in corso, disponendo le contromisure e dettando le regole di comportamento ai dipendenti per eludere i controlli.

I migranti accettano tutto, a capo chino: “Ricordo che in passato è accaduto che i capi cantiere ci minacciassero dicendoci che  o accettavamo quelle condizioni di lavoro e quegli orari oppure saremmo stati subito licenziati. Io, avendo bisogno di denaro per mantenere la mia famiglia, sono stato costretto ad accettare tutto ciò pur di lavorare”.  E’ uno scenario di guerra, come dice assai significativamente il solito Josè Fernando Martinez Bascunana: “Io mi sono preso a pugni con uno di loro e altro. Già, già… io ho avuto dei problemi con loro… Non pensare… quello è un Vietnam”.

Ma ci sono tante altre imprese che hanno fatto del fotovoltaico non un Vietnam, ma un'occasione di sviluppo e lavoro regolare. Lo ha ricordato questa sera il vice presidente della Camera di Commercio di Brindisi, Cosimo Convertino: "Gli esiti dell’inchiesta giudiziaria sul fotovoltaico che ha portato agli sviluppi odierni confermano che i controlli da parte delle Autorità preposte rappresentano la migliore garanzia per chi opera nel pieno di rispetto della legalità" ha detto Convertino, che nell'ente camerale ha la delega all'industria.

“Mi riferisco alle tantissime aziende che non piegano la testa rispetto a richieste di ribassi, spesso provenienti anche dalla pubblica amministrazione, che vanno ben oltre il limite del consentito e che favoriscono lo sfruttamento del lavoro, con conseguenze che a volte possono determinare anche la perdita di vite umane per il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. Per questo chiediamo che i controlli vengano ulteriormente intensificati e che riguardino ogni settore del tessuto produttivo del nostro territorio, in maniera tale da favorire il consolidamento e la crescita di aziende sane, capaci di generare concrete occasioni di sviluppo anche dal punto di vista occupazionale”.

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