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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

“Epatite C dopo la trasfusione": ministero condannato a pagare 400mila euro

Prima le trasfusioni di sangue, poi il contagio e la scoperta dell’epatite C: hanno dovuto affrontare una battaglia legale lunga dieci anni, cinque pazienti di Brindisi prima di arrivare all’affermazione, in via definitiva, dell’esistenza di una “responsabilità per colpa in capo al Ministero della Salute” e di ottenere il risarcimento del danno biologico e morale, per 400mila euro complessivamente

BRINDISI – Prima le trasfusioni di sangue, poi il contagio e la scoperta dell’epatite C: hanno dovuto affrontare una battaglia legale lunga dieci anni, cinque pazienti di Brindisi prima di arrivare all’affermazione, in via definitiva, dell’esistenza di una “responsabilità per colpa in capo al Ministero della Salute” e di ottenere il risarcimento del danno biologico e morale, per 400mila euro complessivamente.

La sentenza è passata in giudicato di recente, non essendo stata appellata nei termini, e in tutto questo lunghissimo periodo di tempo non hanno mai perso la speranza gli “attori” del processo incardinato davanti al Tribunale civile. Né mai si è arreso il loro avvocato di fiducia, Marcello Biscosi, che sin dall’atto di citazione aveva denunciato il comportamento colposo del Ministero: la vicenda che è arrivata a conclusione solo nei giorni scorsi, parte il 31 gennaio 2005 quando i cinque pazienti di una struttura pubblica della provincia si presentano nello studio del legale per raccontare la loro storia, sia per ottenere giustizia, sia per evitare che altre persone affette dalla loro stessa patologia o comunque costrette a sottoporsi a trasfusioni piombassero in un incubo identico.

Riferiscono al legale di essere stati in cura essendo stata riscontrata una malattia ereditaria che comporta una grave insufficienza nella marcello biscosi avvocato-2coagulazione del sangue e per questo costretti periodicamente a somministrazioni di emoderivati. Dalle ultime analisi, la scoperta: epatite Hvc, comunemente definita epatite C.

Secondo l’avvocato Biscosi ci sono tutti i presupposti per affermare la “responsabilità civile, extracontrattuale del Ministero della Salute”. E di conseguenza tenta innanzitutto di risolvere in via bonaria la questione, ma niente da fare. Da qui il passo successivo, quello che ha portato il Ministero della Salute in Tribunale con richiesta al giudice di “accertare la responsabilità per condotta di natura colposa” e di condannare la pubblica amministrazione al “risarcimento del danno patito”. (A destra, Marcello Biscosi)

Il Ministero, dal canto suo, si  costituisce in giudizio “in persona del Ministro in carica” e provato a resistere sostenendo prima di ogni cosa la “totale infondatezza della domanda”. 

La prima pronuncia  arriva il 14 aprile 2007, quando il giudice rigetta le eccezioni, disponendo la prosecuzione del processo. Quanto, invece, al tema della decisione, il Tribunale afferma la fondatezza facendo riferimento ai “profili per colpa a carico del Ministero”, tra i quali “quello relativo alla inosservanza dei doveri istituzionali di sorveglianza e vigilanza in materia di produzione, commercializzazione e produzione del sangue e dei suoi derivati”. Anche sulla base di recenti pronunce della Suprema Corte.

“Deve essere condiviso, inoltre, il principio secondo cui, qualora dovesse essere provato il nesso di causalità fra trasfusione e contagio, ricorrono gli estremi di una responsabilità civile per colpa”. E che ci sia stato, nel caso dei cinque pazienti di Brindisi, tale nesso, secondo il consulente tecnico nominato nel corso del giudizio, non ci sono dubbi: “ha accertato il nesso tra le trasfusioni eseguite presso strutture pubbliche e la patologia contratta, epatite C, indicando il danno biologico subito da ciascuno”, si legge nelle motivazioni della sentenza. Secondo il Tribunale tutti e cinque, così come sostenuto dall’avvocato Biscosi, sono vittime di un “evento lesivo, cioè della lesione dell’integrità fisica in conseguenza dell’assunzione di sangue infetto”.

Le conclusioni? Innanzitutto “può ritenersi provato che la patologia contratta dagli attori, sia la conseguenza diretta delle trasfusioni effettuate”, in secondo luogo è stato affermato in sentenza “il dovere del Ministero della Salute di vigilare attentamente sulla preparazione e utilizzazione del sangue e degli emoderivati”, e questo “postula un dovere particolarmente pregnante di diligenza dell’impegno delle misure necessarie a verificarne la sicurezza che comprende l’ulteriore dovere di adoperasi per evitare o ridurre un rischio che è antico quanto la necessità della trasfusione”. Detto questo, “va dichiarato che la responsabilità della patologia contratta dai pazienti va ascritta al Ministero della Salute e per l’effetto l’Amministrazione convenuta va condannata al ristoro dei danni”.

Quanto, poi, al danno da risarcire, le somme sono state stabilite per ciascun paziente sulla base delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano: per la prima paziente 126.987 euro per danno biologico, comprensivo di quello morale, con riferimento alla misura del 30 per cento accertata, computato sulla scorta dell’età della donna al momento della proposizione della domanda; per la seconda l’importo è di 28.330, danno biologico pari all’11 per cento; per la terza la somma è pari a 74.297 con percentuale del 22; per la quinta paziente è stato stabilito l’ammontare di 71.256 con percentuale del 20 e per l’ultimo paziente l’importo è di 102.957 euro con danno biologico, comprensivo di quello morale, del 25 per cento.
“Le somme devono essere maggiorate con gli interessi legali dal dì della domanda, sino all’effettivo soddisfo”. Un lasso di tempo lungo due lustri.

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