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Cronaca

Estorsioni ai ristoratori: all'udienza parlano le vittime

BRINDISI – . “Ero fuori di me. Quel giorno stavo accompagnando a Villa Castelli Gentile. Mi aveva chiesto un passaggio. Nel tratto tra Ceglie e Villa Castelli avevo deciso di compiere un omicidio-suicidio andandomi a schiantare con la macchina. Non ce la facevo più di subire le richieste di denaro da parte di queste persone”. A parlare dinanzi alla sezione collegiale del tribunale (presidente Giuseppe Licci) è Marco Giovanni Sicilia, titolare del ristorante “Il Quadrifoglio” a Cisternino.

BRINDISI – . “Ero fuori di me. Quel giorno stavo accompagnando a Villa Castelli Gentile. Mi aveva chiesto un passaggio. Nel tratto tra Ceglie e Villa Castelli avevo deciso di compiere un omicidio-suicidio andandomi a schiantare con la macchina. Non ce la facevo più di subire le richieste di denaro da parte di queste persone”.

A parlare dinanzi alla sezione collegiale del tribunale (presidente Giuseppe Licci) è Marco Giovanni Sicilia, titolare del ristorante “Il Quadrifoglio” a Cisternino. Solita storia. Si parte da una richiesta di denaro, mascherata da prestito,di dieci milioni di lire che, ovviamente non vengono mai restituiti. Soleti è una delle vittime dei taglieggiatori ora sotto processo. Vale a dire Raffale Elia, 55 anni, di Cisternino, estorsore, pentito e ora di nuovo dietro le sbarre ad affrontare il processo per estorsioni commesse tra il 2001 e il 2006. Dietro le sbarre perché detenuto per altra causa. Risponde di estorsioni a commercianti di Cisternino in concorso con Domenico Gentile, 48 anni, di Cisternino, attualmente a piede libero. I due furono arrestati dai poliziotti della Squadra mobile di Brindisi e del Commissariato di Ostuni il 18 gennaio del 2007 su ordine di custodia cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati. Nel corso delle perquisizioni effettuate alla notifica dei provvedimenti di custodia, gli agenti recuperarono una mitraglietta Kalashnikov. In carcere finì successivamente anche Domenico Argentieri di Tuturano, pezzo grosso della malavita. Rinchiuso all’Asinara, riuscì ad evadere. La sua posizione fu stralciata.

Nell’udienza che si è tenuta dinanzi alla sezione collegiale (presidente Giuseppe Licci; pubblico ministero Silvia Nastasia), sono stati interrogati due ristoratori che per anni hanno dovuto pagare cifre oscillanti tra 300 e 2000 euro per essere lasciati tranquilli.

L’interrogatorio di Soleti, così come quello del teste che l’ha preceduto, è stato a tratti drammatico. Come quando ha ricordato che aveva deciso di uccidersi e uccidere il suo aguzzino. Ma poi, quando nel 2006 seppe che Leonardo Soleti, altro ristoratore del luogo, aveva denunciato alla polizia le estorsioni subite, si fece coraggio e andò pure lui a sporgere denuncia.

Il primo ad essere interrogato è stato Leonardo Soleti, di Cisternino, titolare del ristorante “Il Capriccio”, consigliere comunale indipendente. Ha ripercorso le tappe delle sua via crucis rispondendo alle domande della pubblica accusa, della parte civile e della difesa (avv. Lodeserto). Le richieste di denaro e poi le minacce. La paura delle ritorsioni tanto da costringerlo a restarsene chiuso in casa perché Elia diceva che aveva assoldato due calabresi per farlo fuori. Perché tra i due si era instaurato un gioco perverso. Uno chiedeva per l’altro e tutti e due pretendevano soldi. Soleti ne parlò con Gentile il quale reagì con Elia. E per questo Elia avrebbe voluto punire il ristoratore. Il quale, era il 22 dicembre del 2006, si recò alla polizia a denunciare. “E dopo – ha chiesto Silvia Nastasia – la lasciarono in pace?”. “No”, ha risposto con voce rotta dalla tensione Soleti. Ed ha aggiunto: “Dopo qualche giorno mi fece ricontattare. Mi cercava e non mi facevo trovare perché c’erano sempre i due calabresi in giro”.

Non è stato, invece, sentito Giuseppe Semeraro. Si è allontanato senza giustificazione. L’avvocato Luca Marzio, che difende gli imputati minori Roma e Palmisano, ha detto al presidente di avere sentito che non stava bene. Ma per il tribunale, che ha immediatamente ordinato ai carabinieri di controllare se fosse rincasato, non avendo trovato traccia, è risultato assente ingiustificato e condannato a 300 euro di ammenda. E alla prossima udienza (il 24 settembre) sarà accompagnato dai carabinieri.

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