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Cronaca

Titolari di bar e pizzerie taglieggiati dal clan: "Paga o ti chiudo la serranda"

Diversi, presunti, episodi di estorsione ai danni di commercianti del centro e della periferia di Brindisi emersi nell'ambito dell'inchiesta che all'alba di oggi ha assestato un nuovo colpo al cosiddetto clan "Romano Coffa". La somma da estorcere era definita "il punto"

BRINDISI – La somma di denaro da estorcere veniva definita “il punto”. Vari, presunti, episodi di estorsione ai danni dei titolari di bar e pizzerie sarebbero avvenuti sotto l’egida del cosiddetto clan “Romano-Coffa”, fra il 2018 e il 2020. E’ quanto emerge dalle 352 pagine di ordinanza di custodia cautelare a firma del gip del tribunale di Lecce, Laura Liguori, che all’alba di oggi (giovedì 14 luglio) sono state notificate a 12 persone, tutte residenti a Brindisi. Le indagini condotte dai poliziotti della Squadra Mobile di Brindisi al comando del vicequestore Rita Sverdigliozzi, sotto il coordinamento della Dda di Lecce, hanno svelato un nuovo spaccato delle attività illecite condotte dal presunto sodalizio ritenuto una frangia della Scu, al vertice del quale vi sarebbero stati Andrea Romano, Alessandro Coffa, Francesco Coffa e Alessandro Polito. I quattro sono indagati a piede libero nell’ambito di questo procedimento, in cui figurano dei nomi già al centro di due operazioni, Fydelis e Synedrium, che nel febbraio 2020 assestarono un primo colpo al clan. Complessivamente sono 37 gli indagati. 

Dodici di questi sono stati privati della libertà. Le porte del carcere si sono aperte per Gianluca Volpe (25 anni), Vito Carbone (52 anni), Morris Cervellera (45 anni), Sergio Guarnaccia (45 anni), Nicolò Iaia (24 anni), Alessio Romano (37 anni). Sono invece ristretti in regime di domiciliari: Salvatore Antonio Del Monte (29 anni); Pietro Parisi (48 anni); Giovanni Quinto (23 anni); Quintino Trane (64 anni); Luca Trane (40 anni); Nyuma Clarissa Lazzaro (22 anni). Gli investigatori si sono avvalsi di intercettazioni telefoniche e delle dichiarazioni rese da Andrea Romano, Angela Coffa e Annarita Coffa, rispettivamente compagna di Romano e moglie di Polito. 

Le richieste estorsive ai commercianti, dunque, oltre allo spaccio di sostanze stupefacenti, sarebbero fra le attività poste in essere dal presunto clan. A proposito di estorsioni, un uomo sarebbe stato costretto a corrispondere a un intermediario di uno dei componenti del sodalizio la somma di 500 euro, per la restituzione di una’auto che gli era stata sottratta. Ma in realtà poi lo stesso intermediario (non indagato) avrebbe restituito di tasca propria la somma al proprietario della vettura, “per evitare che questi sporgesse denuncia a seguito di dissidi sorti circa la mancata restituzione del mezzo”. 

I commercianti taglieggiati

Le altre vittime di presunte richieste estorsive sono titolari di attività commerciali situate nel centro e nelle periferie. Il socio di una pizzeria e titolare di un chiosco ubicati in centro, ad esempio, sarebbe stato costretto a versare somme di denaro “con cadenza anche settimanale nelle casse del clan". In un’occasione una delle indagate, non riuscendo a riscuotere il “dovuto” a causa della presenza della moglie della vittima, se ne sarebbe andata dal locale, senza pagare il conto. Uno dei presunti sodali, inoltre, dopo aver ricevuto una citazione dal tribunale per i minorenni, avrebbe costretto il commerciante a “predisporre anche un contratto fittizio a suo favore da spendere in sede giudiziaria”. 

In una situazione analoga si sarebbero trovati i titolari di tre bar e di una pizzeria situati in periferia, costretti, sotto la minaccia di mali futuri, a versare il cosiddetto punto al clan, anche settimanalmente. In occasione del suo compleanno,fra l'altro, Gianluca Volpe si sarebbe recato in uno di questi bar, facendosi consegnare anche “bottiglie che a suo dire gli venivano regalate”. In un altro bar, invece, sarebbero avvenute quasi giornalmente le riscossioni di somme di denaro, per un importo che oscillava fra i 50 e gli 80 euro. C’è poi il caso del titolare di una pizzeria che dopo aver subito per circa 5 anni le richieste estorsive, un giorno avrebbe detto a un indagato di non poter più sostenere “l’illecita dazione”. Questi, “con reazione immediata – si legge nell’ordinanza – impone la ‘chiusura della serranda’", nel caso in cui la famiglia del commerciante non si fosse piegata. E alla fine parte della somma richiesta sarebbe stata “immediatamente corrisposta con la promessa di ‘completare' il pagamento il giorno successivo”. 

La rapina al bar Rosso e nero

Oltre alle estorsioni, nel corso delle indagini sono emersi nuovi elementi sulla tentata rapina perpetrata il 12 dicembre 2019 ai danni del bar “Rosso e Nero” in via Pace Brindisina, al rione Commenda. Quattro dei presunti autori di quell’assalto armato furono arrestati in flagranza di reato e successivamente condannati. Da quanto appurato dalla polizia, però, avrebbe preso parte al colpo, sfumato grazie all’allarme lanciato alle forze dell’ordine da uno degli avventori, anche il 28enne C.P., che su disposizione di Gianluca Volpe avrebbe fatto da palo nei pressi del locale, con il compito di coprire la fuga dei complici. C.P. fu l’unico che riuscì a dileguarsi, evitando le manette. 

Nei prossimi giorni gli arrestati si presenteranno davanti al gip, nell'ambito degli interrogatori di garanzia. Sono difesi dagli avvocati Daniela D'Amuri, Cinzia Cavallo, Laura Beltrami, Giampiero Iaia, Gianvito Lillo, Giacomo Serio. 

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