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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Estorsioni a commercianti e pusher della movida: le rivelazioni di Romano

Le dinamiche estorsive del clan svelate dal neo collaboratore di giustizia. Nella disponibilità degli affiliati anche bombe C4

BRINDISI - Nel 2015 il titolare di un bar di Brindisi non corrispose “una mensilità”. Per questo venne “picchiato a sangue”. Il cosiddetto clan Romano-Coffa per anni avrebbe gestito le estorsioni ai danni di bar, distributori di carburanti, sale giochi e spacciatori che agivano nel cuore della movida. Il neo collaboratore di giustizia Andrea Romano, considerato elemento di spicco della frangia brindisina della Scu, ha illustrato le dinamiche estorsive nel corso dell’interrogatorio avvenuto lo scorso 20 gennaio, davanti al pm della Dda di Lecce, Giovanna Cannarile, e in presenza del suo avvocato difensore. I verbali degli interrogatori resi a partire dal 18 dicembre 2020 sono stati depositati lo scorso 5 febbraio nel corso dell’udienza preliminare del procedimento scaturito dai blitz “Synedrium – Fidelis”. Pochi giorni dopo, la notte di mercoledì 10 febbraio, una bomba ha distrutto il chiosco del pane, non ancora aperto, intestato alla moglie di Romano, a pochi metri dall’ingresso dell’ex ospedale Di Summa. Sull’episodio indagano i carabinieri di Brindisi. 

L’imposizione delle slot machine

Il 35enne, detenuto in una località segreta, ha spiegato che le attività estorsive venivano organizzate nel corso delle riunioni fra affiliati. L’ex reggente fa riferimento a una sala giochi in cui erano presenti slot machine imposte dal clan e ogni 15 giorni si provvedeva alla riscossione della somma estorta. “Nel momento in cui sorgevano dei problemi nel senso che qualcuno si rifiutava di pagare – dichiara il collaboratore di giustizia - si organizzavano azioni punitive”. Fra queste, appunto, quella ai danni del gestore di un bar che non aveva pagato il pizzo, il cui ammontare poteva arrivare anche a “2.000/2-500 euro” al mese. Nel 2009, invece, sarebbe stata incendiata l’attività di un commerciante. Fra il 2014 e il 2015, del resto, “l’attività estorsiva da noi posta in essere – ha riferito Romano agli inquirenti - comprendeva tutte le attività commerciali presenti sul territorio brindisino”. 

La mappa delle droghe "disegnata" da Romano

Il controllo dei parcheggi

Non solo. Sotto il controllo del clan, da quanto rivelato da Romano, vi era “la gestione dei parcheggi in generale” e in particolare anche quelli dell’ospedale Perrino di Brindisi. A tal proposito Romano riferisce di un soggetto (coperto da omissis) che prese in gestione i parcheggi dell’ospedale Perrino di Brindisi, subito dopo la realizzazione del nosocomio. Un giorno questi ebbe un litigio con una persona che a sua volta si rivolse a Romano, “chiedendomi di ‘farlo sparare nel senso di ucciderlo’. Ma io mi sono rifiutato perché avevamo degli accordi e degli affari in corso”. Quindi fu deciso di togliergli la gestione dei parcheggi del “Perrino” e di affidarli a un altro individuo, “che provvedeva alla gestione stessa insieme alla sua famiglia e ad altri suoi affiliati”. Che l’area di sosta dell’ospedale fosse sotto il controllo della Scu, del resto, era già emerso nell’ambito dell’inchiesta “Old generation”, condotta dalla Squadra Mobile di Brindisi. 

I membri del clan godevano anche del privilegio di poter ristrutturare la propria abitazione, senza pagare nulla alle ditte esecutrici. Romano racconta infatti che nel 2008, subito dopo il suo trasferimento presso la casa circondariale di Taranto, si rivolse a due detenuti brindisini “per cercare una ditta per fare i lavori”. Con un telefono cellulare che avevano a loro disposizione, quindi, uno degli affiliati “diede l’ordine di contattare una ditta”. I lavori poi “furono eseguiti senza corrispondere alcuna cifra”. 

Fra le vittime delle estorsioni vi erano anche malavitosi dediti a reati predatori e pusher. Viene riferita ad esempio la vicenda di un brindisino che avrebbe compiuto dei furti nella zona industriale, rubando, fra le altre cose, computer, televisori e arredamenti dalla cui rivendita avrebbe potuto introitare anche “40/50mila euro”. Ebbene questi, da quanto dichiarato da Romano, fu convocato presso l’abitazione di un affiliato in cui erano presenti anche altri componenti del sodalizio. “Durante l’incontro – dichiara il collaboratore di giustizia - eravamo tutti armati, io in particolare avevo una pistola semiautomatica che puntai alla testa (della vittima di estorsione, ndr) ordinandogli di versare subito la somma di 10mila euro, mentre altri 10mila dovevano essere versati il giorno dopo”. L’intimidazione fu efficace, perché “dopo 2/3 ore i primi 10mila vennero consegnati”. 

"Così droga e pizzini entravano nel carcere di Brindisi"

Lo spaccio nel centro di Brindisi 

Per quel che concerne lo spaccio di droga, invece, Romano spiega che i soggetti che operavano “nella movida di Brindisi, in particolare nel centro cittadino ove è presente la maggior parte dei pub e dei locali più frequentati, erano tenuti a corrispondere entro un lasso di tempo gli introiti derivanti dall’attività di spaccio e qualora non riuscivano ad ottemperare tempestivamente, perché magari avevano ceduto la sostanza stupefacente a ‘debito’ divenendo così responsabili personalmente della corresponsione del relativo importo, si vedevano costretti a consegnare (a un affiliato, ndr) beni personali quali autovetture, moto, orologi di valore e monili in oro”. 

Il clan, insomma, era ben radicato nel territorio ed esercitava la sua forza intimidatrice. Durante l’interrogatorio svoltosi il 13 gennaio 2021, sempre davanti al pm Cannarile, Romano dichiara che gli affiliati custodivano bombe C4 che “servivano per eseguire atti intimidatori ai danni di esercizi commerciali”. In particolare una bomba sarebbe stata utilizzata per compiere un attentato ai danni dell’auto di un uomo, “per questioni riguardanti la gestione dello spaccio di droga”. E al vertice del clan c’era lui, Romano, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Cosimo Tedesco avvenuto l’1 novembre 2014 in piazza Raffaello.  “Avevo il controllo della città di Brindisi – afferma il 35enne, sempre nel verbale del 13 gennaio – e avrei fatto ‘guerra’ a tutti se avessero gestito i loro affari senza rendermene conto”. 

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