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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Ostuni

Evasione d’oro: gioielliere nei guai

OSTUNI - Un’evasione d’oro! In tutti i sensi. In tre anni avrebbe occultato redditi per oltre 5 milioni di euro. A scoprire la cassaforte dei profitti in nero, ci hanno pensato i militari della Guardia di finanza di Ostuni, che al culmine di una intensa e complessa attività investigativa hanno accertato un’evasione fiscale di circa 6 milioni di euro. Nei guai è finito così un orefice della Città bianca, titolare nel centro di Ostuni di una tra le più frequentate gioiellerie del circondario. Il commerciante è stato così denunciato all’Autorità giudiziaria.

OSTUNI -  Un’evasione d’oro! In tutti i sensi.  In tre anni avrebbe occultato redditi per oltre 5 milioni di euro. A scoprire la cassaforte dei profitti in nero, ci hanno pensato i militari della Guardia di finanza di Ostuni, che al culmine di una intensa e complessa attività investigativa hanno accertato un’evasione fiscale di circa 6 milioni di euro. Nei guai è finito così un orefice della Città bianca, titolare nel centro di Ostuni di una tra le più frequentate gioiellerie del circondario. Il commerciante è stato così denunciato all’Autorità giudiziaria.

I militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Ostuni, coordinati dal capitano Antonio Martina, sulla scorta di una specifica azione ispettiva, hanno scoperchiato i buchi neri di una contabilità che in tre anni, giostrando sui ricarichi, avrebbe occultato al Fisco una montagna di profitti.

Nel particolare, i militari delle Fiamme gialle hanno appurato che l’impresa commerciale, operante nel settore della commercializzazione al dettaglio di orologi, gioielleria e argenteria, tra il 2007 e il 2009, avrebbe omesso di dichiarare elementi positivi di reddito per circa 5 milioni di euro, dedotto indebitamente elementi negativi di reddito per 20 mila euro ed evaso Iva per oltre 990 mila euro. Totale della frode: 6 milioni di euro. Netti.

La denuncia a carico del rappresentante legale della società è scattata a margine degli accertamenti incrociati eseguiti dai baschi verdi. Buona parte della frode pare ruotasse attorno al tasso di ricarico (la maggiorazione che il commerciante applica al prezzo di acquisto per determinare il prezzo di vendita).

I militari, confrontando il ricarico emergente dalla contabilità con quello frutto del confronto tra i prezzi di acquisto e i corrispondenti prezzi di vendita al pubblico della merce (rilevati da listini interni, da cartellini apposti su articoli in esposizione, dai valori indicati sulle fatture emesse) avrebbero calcato un ricarico effettivo medio del 60 per cento, rispetto a quello dichiarato (7 per cento).

Percentuali, dunque, assai al di sopra della soglia minima destinata a suscitare sospetti.

Non solo. I militari avrebbero anche accertato, attraverso un’analisi delle movimentazioni bancarie, un flusso anomalo di finanziamenti a favore della propria impresa (apporto soci). Somme versate nella società che i militari sospettano non siano mai state assoggettate a tassazione (ossia derivanti da comportamenti di evasione fiscale).

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