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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

False visioni e truffa, prima udienza: assenti l’ex veggente e il marito

Paola Catanzaro, ai domiciliari, Francesco Rizzo libero. Richieste di risarcimento danni da dieci professionisti

BRINDISI – Assenti alla prima udienza in Tribunale, davanti al gup, dopo gli arresti. Sia lei, l’ex veggente di contrada Uggiò, Paola Catanzaro, già Paolo, alias Sveva Cardinale, ai domiciliari dopo quattro mesi in carcere. Che lui, il marito, Francesco Rizzo, tornato a essere uomo libero.  Entrambi accusati di aver truffato almeno dieci persone, per lo più professionisti, con il “falso progetto delle croci e fantomatiche visioni mistiche”, ottenendo somme e beni immobili per almeno quattro milioni di euro.

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L’udienza preliminare

Questa mattina erano attesi a Palazzo di giustizia a Brindisi, per l’udienza preliminare davanti al gup Stefania De Angelis: il pubblico ministero Luca Miceli, titolare dell’inchiesta, ha chiesto per entrambi il rinvio a giudizio, confermando per intero quanto sostenuto inizialmente. Richiesta identica per gli altri indagati, rimasti a piede libero: due sue sorelle di Catanzaro e altre cinque persone, ritenute coinvolte nella contestata associazione per delinquere. Accusa che respingono.

Sono imputati: Giuseppe Conte (difeso dall’avvocato Pietro Campanelli del Foro di Bari); Addolorata Catanzaro e Giuseppa Catanzaro, sorelle di Paola Catanzaro; Stefania Casciaro (difesa dall’avvocato Gianfranco Palmieri del foro di Lecce); Anna Casciaro (stesso difensore); Lucia Borrelli (difesa dagli avvocati Felice Indiveri e Massimo Roberto Chiusolo del Foro di Bari); Anna Picoco (difesa dall’avvocato Carmelo Piccolo del Foro di Bari). Per Catanzaro e Rizzo, in aula c’era l’avvocato Cosimo Pagliara, legale di fiducia della coppia. Il penalista ha eccepito in difetto di notifica, di conseguenza il gup ha disposto un rinvio.

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Le parti civili

Hanno già anticipato la volontà di costituirsi parte civile i dieci professionisti indicati dal pm come “vittime” del presunto sodalizio. Sono rappresentanti dagli avvocati Mario Guagliani del Foro di Brindisi, Antonio Falagario e Carmelo Piccolo del Foro di Bari. Tra le parti civili, c’è un imprenditore del Barese, firmatario della prima denuncia nei confronti di Catanzaro. Ha riferito ai finanzieri di essere stato “indotto in errore e per questo truffato più volte, al punto da versare a Paola Catanzaro somme di denaro “per evitare eventi nefasti, in aggiunta agli importi  per la diffusione del messaggio evangelico, chiamato progetto delle croci o anche dei doni”.

L’accusa

L’accusa è legata all’esistenza, secondo il pm, di un’”associazione per delinquere”. Il ruolo di promotore è stato contestato a Catanzaro: secondo il pm aveva “compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle vittime e delle azioni delittuose da compiere, nonché dei settori in cui investire i proventi dei delitti di scopo e ideatore del progetto delle croci, chiamato anche dei doni. Lei ha sempre respinto l’accusa sostenendo di non aver mai abbindolato nessuno. Neppure la coppia di coniugi che ha espresso la volontà di adottarla come figlia e che per questo si era recata da un notaio, dopo averle intestato un villino ad Asiago, comprato nel 2009, a fronte di 300mila euro. La documentazione è stata trovata nell’abitazione di Catanzaro, nel corso della perquisizione eseguita il 7 giugno 2017.

Gli altri sarebbero stati partecipi e in quanto tali, secondo il pm, avrebbero “fornito un costante contributo per la vita dell’associazione mettendosi a completa disposizione degli interessi del sodalizio, con il compito di avvicinare le vittime di turno, carpirne i segreti più intimi che poi venivano svelati a Catanzaro, la quale a sua volta li usava per suggestionare i malcapitati e far credere loro di avere poteri mistici e paranormali”. Avrebbero anche riscosso, secondo la contestazione, “le somme di denaro versate in contanti dalle vittime delle truffe e trasmesso loro i messaggi del mistico diretti a sugellare la fedeltà e il silenzio”.

Con il progetto delle croci avrebbe incassato quattro milioni di euro, ma non avrebbe dichiarato alcun reddito tra il 2012 e il 2015 e per questo la Procura ha ottenuto il sequestro di liquidità per 250mila euro, finalizzato alla confisca per equivalente, bloccando una somma riconducibile all'imputata.

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Il sequestro delle somme

Il decreto è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, lo scorso 29 maggio sulla base dei risultati degli accertamenti fiscali posti in essere dai militari della Guardia di Finanza di Brindisi. Secondo l'accusa Catanzaro “al fine di evadere le imposte sui redditi ometteva di presentare la dichiarazione annuale relative alle imposte dirette e all’Iva per il 2014”. In tal modo avrebbe tenuto nascosti al Fisco “elementi attivi di reddito per 200mila euro ed evaso imposte dirette per 79.170 euro, importo superiore alla soglia di non punibilità prevista dalle disposizioni di legge. Da qui la richiesta di sequestro, anche in relazione alla recente pronuncia della Cassazione. Gli Ermellini, a febbraio, hanno  evidenziato che “la mancata dichiarazione dei redditi è reato omissivo proprio, oggetto di un dovere inderogabile  e il Riesame ha tratto la sussistenza di questo reato da denunce-querele e documentazioni allegate”. Secondo la Corte è “comprovata  l’esistenza di atti di disposizione patrimoniale in favore dell’indagata e versamenti eseguiti nell’interesse o su indicazione di costei in favore di terzi”, è scritto nella sentenza.

Risultano – si legge ancora – “segnalazioni per operazioni sospette, come bonifici con causale non determinata o indicando diciture per i figli dell’indagata che non sono figli di colui che opera il bonifico, da considerare persona offesa”. La Cassazione ha anche fatto riferimento ai procedimenti penali pendenti a Bari, già arrivati a processo, e a Brindisi in fase di indagine preliminare, così come a Padova. “Ben più rilevanti le verifiche della Guardia di Finanza da cui risulta che i coniugi Catanzaro-Rizzo nel 2016 avevano dichiarato un reddito annuo pari a 30.103,40 euro e invece avevano affrontato spese per un ammontare del tutto spropositato di circa 300mila euro”. Una delle persone offese aveva versato 200mila euro in bonifici. “Su tali proventi da attività illecita, non erano mai state imposte e tasse e l’ufficio finanziario aveva configurato gli estremi della omessa dichiarazione dei redditi derivante da attività delittuose”.

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Redditi non dichiarati

Il pm Luca Miceli, inoltre, contesta a Catanzaro, in concorso con il marito Francesco Rizzo (ai domiciliari) di aver posto in essere “atti fraudolenti” nel periodo in cui la coppia venne sottoposta a verifica fiscale dai militari della Guardia di Finanza di Brindisi, finalizzati a “sottrarre Catanzaro dal pagamento di imposte su valore aggiunto e sanzioni amministrative relative, per un importo di un milione e 373.091 euro e 99 centesimi, per diversi periodi”. Più esattamente: 54.201, 62 per il periodo d’imposta 2011; 335.683,06 per il 2012; 258,597,65 per il 2014; e ancora 400.636, 68 per il 2015 e 323.898,98 per il 2016.

Le azioni, secondo l’accusa, sarebbero state finalizzate a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva su una polizza assicurativa di importo residuo pari a 44 mila euro, stipulata il 24 marzo 2014 con scadenza a vita della quale Catanzaro otteneva l’improvviso disinvestimento, senza alcuna valida motivazione.

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