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Cronaca

Falso attentato ai carabinieri, pesanti richieste di pena per il capitano e i suoi uomini

BRINDISI – Sette anni e nove mesi di carcere e 600 euro di multa per Cosimo Damiano Delli Santi, capitano, comandante la compagnia carabinieri di Fasano sino al 18 gennaio del 2005, quando fu arrestato assieme ad altri sette militari che lavoravano con lui; sei anni e tre mesi e 300 euro di multa per Vito Favoino, tenente, all’epoca dei fatti vice comandante della compagnia e comandante del Nucleo operativo e radiomobile; sei anni e tre mesi e 300 euro di multa per Vito Maniscalchi, maresciallo del Nucleo operativo e radiomobile; tre anni e sei mesi e 400 euro di multa per Gioacchino Bonomo, maresciallo; tre anni e 400 euro di multa per Stefano De Msi, maresciallo; due anni e tre mesi e 400 euro di multa ciascuno per Denis Michelini, maresciallo, Fabrizio Buzzetta e Vito Bulzacchelli, appuntanti, tutti componenti del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Fasano; cinque anni di carcere e 600 euro di multa per Marvin Strazimiri, albanese, informatore di Maniscalchi; assoluzione dall’accusa di detenzione di armi per Carmelo Vasta, pregiudicato ostunese, arrestato arbitrariamente assieme alla compagna Maria Loparco dai carabinieri sotto processo, entrambi parti civili. E’ la richiesta avanzata dal pubblico ministero Raffaele Casto al termine di una lunga requisitoria.

BRINDISI – Sette anni e nove mesi di carcere e 600 euro di multa per Cosimo Damiano Delli Santi, capitano, comandante la compagnia carabinieri di Fasano sino al 18 gennaio del 2005, quando fu arrestato assieme ad altri sette militari che lavoravano con lui; sei anni e tre mesi e 300 euro di multa per Vito Favoino, tenente, all’epoca dei fatti vice comandante della compagnia e comandante del Nucleo operativo e radiomobile; sei anni e tre mesi e 300 euro di multa per Vito Maniscalchi, maresciallo del Nucleo operativo e radiomobile; tre anni e sei mesi e 400 euro di multa per Gioacchino Bonomo, maresciallo; tre anni e 400 euro di multa per  Stefano De Msi, maresciallo; due anni e tre mesi e 400 euro di multa ciascuno per Denis Michelini, maresciallo, Fabrizio Buzzetta e Vito Bulzacchelli, appuntanti, tutti componenti del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Fasano; cinque anni di carcere e 600 euro di multa per Marvin Strazimiri, albanese, informatore di Maniscalchi; assoluzione dall’accusa di detenzione di armi per Carmelo Vasta, pregiudicato ostunese, arrestato arbitrariamente assieme alla compagna Maria Loparco dai carabinieri sotto processo, entrambi parti civili. E’ la richiesta avanzata dal pubblico ministero Raffaele Casto al termine di una lunga requisitoria.

Per Delli Santi, Favoino, Maniscalchi, Bonomo, De Masi e Strazimiri le richieste di pena sono relative a tutti i reati loro contestati: arresto illegale, falso ideologico, detenzione e porto abusivo di armi, mentre per Michelini, Buzzetta e Bulzacchelli ha chiesto la condanna solo per il falso ideologico e l’arresto illegale e l’assoluzione per gli altri reati. Casto ha ripercorso questa vicenda che scosse profondamente l’Arma quando scattarono gli arresti. Fu coinvolto anche il comandante provinciale di Brindisi, colonnello Agostino Squeo, indagato a piede libero, uscito dal processo perché nel frattempo deceduto. A partire da quando all’alba del 6 marzo del 2004 i carabinieri fecero irruzione nell’abitazione di Vasta e Loparco, nella zona 167 di Ostuni e trovarono due bombe a mano di fabbricazione russa. Bombe talmente pericolose che il giorno dopo i carabinieri le fecero brillare. Quelle stesse bombe che, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri imputati,  Vasta e  Loparco avevano appena ricevuto da Strazimiri e vedendo i carabinieri in casa le avevano lanciate a terra ed erano rotolate fin sotto un divano senza però esplodere.

Le bombe, avevano sostenuto i carabinieri, sarebbero servite alla Loparco e a Vasto per attentare alla vita di Maniscalchi perché da qualche tempo il sottufficiale stava dando troppo fastidio al traffici illegali cui si dedicava la coppia. La soffiata l’aveva avuta lo stesso Maniscalchi il pomeriggio precedente l’arresto dei due. Gliela aveva fatta Marvin Strazimiri, pregiudicato albanese trapiantato a Carovigno, confidente di Maniscalchi. L’albanese aveva detto che avrebbe dovuto consegnare le bombe la notte. Maniscalchi si rivolse ai suoi superiori.  Strazimiri fu portato in un albergo per essere messo sotto protezione. Lui voleva diventare un collaboratore e i carabinieri gli avevano garantito che avrebbe ottenuto il programma di protezione per lui e per la sua compagna. La pubblica accusa ha ripercorso passo passo tutto quanto avvenne in quelle ore frenetiche. Quello che hanno sostenuto i carabinieri e quello che invece non quadra perché ci sono prove che affermano senza ombra di dubbio il contrario.

Casto ha insistito sulle contraddizioni degli stessi imputati, che prima si sono accusati tra di loro e poi hanno ritrattato. Chi dopo l’arresto aveva parlato di bombe, in aula le ha trasformate in palle di carta. E poi, tutto per colpa del pubblico ministero Antonio Negro, titolare dell’inchiesta, che avrebbe imbeccato gli indagati sulle cose da dire. Pubblico ministero che da queste accuse è stato prosciolto dai giudici di Potenza. Il processo è stato un susseguirsi di colpi di scena. In una delle ultime udienze il tenente Favoino esordì: “Preliminarmente mi accuso di calunnia nei confronti del capitano Cosimo Damiano Delli Santi e di autocalunnia. Fui indotto ad accusare ingiustamente il mio superiore e i miei subordinati dal sostituto procuratore Antonio Negro, che dirigeva l’inchiesta, e dal maggiore Molinese, ora tenente colonnello, dei carabinieri, in cambio della mia libertà”.

Il capitano Delli Santi si è difeso rispondendo alle domande del pubblico ministero e degli avvocati nell’interrogatorio protrattosi per otto udienze: il più lungo della storia giudiziaria brindisina. Ma non è servito a far cambiare idea a Raffaele Casto. Il quale a conclusione della requisitoria ha chieste pene molto severe. In aula è calato il gelo quando Casto ha quantificato le richieste. Dal procedere della sua requisitoria si era già capito che sarebbero state consistenti, ma sentire il numero degli anni suddivisi imputato per imputato è stato un colpo molto duro. C’è rimasto molto male anche Strazimiri, oggi in aula dietro le sbarre (detenuto per altra causa), lui che credeva di ottenere il piano di protezione per i collaboratori e invece rischia di aggiungere ad altra condanna che sta scontando anche questa. Non è valso a Strazimiri avere confessato che era tutto inventato. La sua confessione arrivò dopo due mesi di carcere. Gli avevano garantito che sarebbe uscito subito e invece no. Parlò con il magistrato e scatenò la bufera sulla Compagnia di Fasano.

Ha gioito, ma non in aula perché rimasto nel carcere di Taranto, dov’è rinchiuso dalla scorsa estate, Carmelo Vasta. Era presente la sua compagna, Maria Loparco, dietro le sbarre pure lei, arrestata in estate con Vasta e altri per droga ed estorsioni. Il loro difensore, avvocato Gianvito Lillo, che parlerà domani mattina in apertura di udienza per i due che si sono costituiti parte civile, ha chiesto al presidente Gabriele Perna (il collegio e completato dalle giudici De Angelis e Toscano) di autorizzare il trasporto di Vasta in ambulanza perché è infermo e non può viaggiare su un cellulare. Perna ha autorizzato. Subito dopo la parte civile inizieranno le arringhe della difesa. La sentenza è prevista per il 17 febbraio.

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