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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Mesagne

Ferì un sanvitese: 4 anni e mezzo

SAN VITO DEI NORMANNI - Ferì con tre colpi di fucile un uomo con cui aveva litigato in carcere. Stamani è stato condannato a 4 anni e 5 mesi al termine del rito abbreviato un 23enne di Mesagne, Gianluca Lamendola, difeso dall’avvocato Gianvito Lillo. Il gup Tea Verderosa lo ha ritenuto responsabile di lesioni aggravate (ha derubricato quindi l’imputazione iniziale, che era di tentato omicidio) spari in luogo pubblico e detenzione illegale di arma da fuoco. Il pm Marco D’Agostino aveva chiesto la condanna a 9 anni e mezzo di reclusione.

SAN VITO DEI NORMANNI - Ferì con tre colpi di fucile un uomo con cui aveva litigato in carcere. Stamani è stato condannato a 4 anni e 5 mesi al termine del rito abbreviato un 23enne di Mesagne, Gianluca Lamendola, difeso dall’avvocato Gianvito Lillo. Il gup Tea Verderosa lo ha ritenuto responsabile di lesioni aggravate (ha derubricato quindi l’imputazione iniziale, che era di tentato omicidio) spari in luogo pubblico e detenzione illegale di arma da fuoco. Il pm Marco D’Agostino aveva chiesto la condanna a 9 anni e mezzo di reclusione.

L’arresto del giovane risale al 5 maggio scorso e fu eseguito dai carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni. Secondo le ricostruzioni Lamendola aveva sparato per tre volte a Vincenzo Ippolito, 54 anni, in contrada Belloluogo, nelle campagne di San Vito dei Normanni. All’origine dell’aggressione armata, ci sarebbe stata la volontà di Lamendola di punire il cinquantaquattrenne per alcuni “sgarbi” e mai perdonate azioni “irriguardose” ricevute dalla vittima alcuni mesi prima all’interno del carcere di Brindisi, dove erano entrambi reclusi.

Quando aveva 20 anni appena, Lamendola che è il nipote di un personaggio di spicco della vecchia Scu, Carlo Cantanna, fu coinvolto in un’altra vicenda simile. Nel novembre 2009 fu l’autore del ferimento di investigatore privato a San Vito dei Normanni per il quale è stato condannato a 2 anni e 8 mesi, sentenza non ancora passata in giudicato.

Quattro colpi di una calibro 7,65, all’epoca, quando fu poi catturato sul tetto dell’abitazione della nonna, a Mesagne. Tre nel maggio scorso, cartucce di una lupara che ferirono Ippolito alla gamba sinistra. Non fu un tentativo di omicidio, considerate le conseguenze. E’ arrivato comunque il conto, incluso lo sconto di un terzo della pena garantitogli dalla scelta del rito alternativo.

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