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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Oria

Figlio ucciso, risarcimento da restituire

ORIA - Il vigile urbano che uccise il giovane Mario De Nuzzo, nel lontano 1991 a Oria, durante il Torneo dei rioni, agì per scopi propri, mosso da un sentimento di risentimento personale che non ha nulla a che vedere con il Comune, l’ente di cui l’uomo era all’epoca dipendente.

ORIA - Il vigile urbano che uccise il giovane Mario De Nuzzo, nel lontano 1991 a Oria, durante il Torneo dei rioni, agì per scopi propri, mosso da un sentimento di risentimento personale che non ha nulla a che vedere con il Comune, l’ente di cui l’uomo era all’epoca dipendente.

E’ per questa ragione che i famigliari del ragazzino, morto a 17 anni per un istante di pura follia altrui, dovranno restituire al Comune una somma pari a 508 mila euro che ricevettero come risarcimento danni determinato in sede civile prima dal Tribunale di Brindisi e poi dalla Corte d’Appello di Lecce.

Quest’ultima nel 2003 rideterminò l’ammontare del danno, addebitando ulteriori 200mila euro all’ente municipale.  Con delibera del primo febbraio scorso la giunta di Oria ha avviato le procedure esecutive per la riscossione dell’importo, sulla base della sentenza della Cassazione del 6 marzo 2012, pronunciamento ormai definitivo che ha ribaltato le decisioni iniziali.

La Suprema corte,  non ha riconosciuto la “sussistenza in occasione del delitto del rapporto organico fra l’attività del dipendente e l’ente pubblico”, ritenendo quindi che il Comune non sia responsabile in solido con l’agente municipale, Cosimo Braccio, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato.

Per i giudici “la condotta sempre più violenta del vigile urbano è stata dettata in maniera molto chiara da una sua iniziativa nell’intento di seguire un istinto personale di risentimento”.

“Nel caso in esame non esiste la responsabilità del Comune – si legge poi nella sentenza – per il fatto illecito del vigile urbano in assenza del presupposto della riferibilità alla pubblica amministrazione della condotta del medesimo dipendente, che ha sparato contro il ragazzino uccidendolo, in attuazione di un fine strettamente personale ed egoistico, del tutto estraneo all’amministrazione”.

I famigliari della vittima avevano incassato tra il 2002 e il 2004 una cifra pari a 508.796 euro, sulla base di due sentenze, una del tribunale civile di Brindisi e l’altra della Corte d’Appello di Lecce. Il Comune presentò ricorso per Cassazione nel 2007. Gli ermellini annullarono con rinvio rimandando la decisione nuovamente alla Corte d’Appello di Lecce che a sorpresa ribaltò ogni sentenza antecedente, proprio sulla base del principio della “non organicità fra l’attività del vigile e del suo datore di lavoro, cioè l’ente municipale”.

Lo scorso anno il verdetto che dà ragione all’ente: il 1 febbraio la giunta ha avviato la procedura esecutiva per il recupero delle somme. Oltre al danno, inestimabile, anche la beffa. Quella cifra fu versata in due tranche: 187mila euro il 30 dicembre 2002 e 321mila euro il 10 dicembre 2004. Ora il totale deve tornare nelle casse comunali. Poco importa che siano trascorsi 10 anni dal pagamento, ben 22 dai fatti.

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