Furti in ospedale: indagati tra confessioni e professione di innocenza
Interrogatori per i brindisini ai domiciliari da lunedì. Ammettono le colpe i dipendenti Sanitaservice Menga e Bataccia, il fruttivendolo Pozzessere che riceveva guanti e amuchina a titolo di pagamento per la spesa, e la sorella. Respinge l'accusa Bissante. Facoltà di non rispondere per Rammazzo. Dalle intercettazioni, anche la lite tra fratelli per la divisione dei prodotti rubati
BRINDISI – Secondo giro di interrogatori dopo gli arresti per gli ammanchi dalla farmacia, dal deposito e dalla cucina dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi: c’è chi ha fatto “mea culpa” di fronte alle immagini registrate dalle telecamere, chi reclama la propria innocenza e chi, al momento, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Davanti al gip Stefania De Angelis si sono presentati gli indagati finiti ai domiciliari lunedì mattina con le accuse di furti pluriaggravati e peculato, con danno all’Azienda sanitaria locale per 39.159,61 euro nel periodo monitorato, dal primo gennaio sino al 14 luglio scorso.
Ad ammettere le colpe sono stati i dipendenti della Sanitaservice, Ignazio Menga (il secondo nella foto accanto) e Massimiliano Bataccia, entrambi addetti alla movimentazione dei farmaci, e assistiti dall’avvocato Daniela d’Amuri. Menga ha confessato tre dei sei episodi che gli sono stati confessati nel provvedimento di arresto precisando di aver ricevuto dei pacchi da altri. E ha chiesto scusa. Secondo quanto è scritto nell’ordinanza nei suoi confronti sono “provati tre episodi di peculato in qualità di incaricato di pubblico servizio, tre di furto e altri tre di truffa”, quest’ultima accusa mossa in relazione alle assenze dal posto di lavoro in mancanza di autorizzazione. Per Bataccia gli episodi contestati “cinque di peculato, 24 di furto aggravato e 12 di truffa”.
Ha, invece, rivendicato la propria estraneità ai fatti professandosi innocente Damiano Bissante (nella prima foto in basso), anche lui dipendente della Sanitaservice, difeso dall’avvocato Giuseppe Guastella. All’indagato sono contestati due episodi di peculato e sette di furto.
Ammissione degli addebiti è arrivata da Antonio Pozzessere (seconda foto accanto), fruttivendolo con banco nei pressi dell’ospedale Perrino, difeso dall’avvocato Luca Leoci: l’indagato è accusato di ricettazione in relazione a 13 episodi ricostruiti nell’ordinanza di custodia cautelare. Ha confessato spiegando di aver ricevuto guanti, pannolini e disinfettante amuchina, non anche farmaci, da alcuni dipendenti della Sanitasevice che facevano la spesa da lui, ma non avevano possibilità di pagare in denaro. La soluzione trovata per non perdere clienti avrebbe portato al baratto per un certo periodo di tempo. Poi il fruttivendolo avrebbe interrotto i rapporti.
Dalle intercettazioni emerge che Pozzessere avrebbe detto a Bataccia: “Oggi un tuo collega se lo sono fumato”, commentando la notizia di una persona fermata per un controllo il 12 maggio scorso. Dalle trascrizioni, inoltre, emerge una lite tra lui e la sorella, Concetta, anche lei finita ai domiciliari con l’accusa di ricettazione, per la divisione della merce.
Concetta Pozzessere (la seconda nella foto accanto), difesa dall’avvocato Giacomo Serio, ha chiarito la sua posizione davanti al gip ammettendo le proprie colpe dopo aver precisato di non essere a conoscenza della provenienza degli articoli. Ha anche spiegato di aver accettato di quei pacchi da Lombardi per dargli una mano, ricevendo in cambio pochi euro. E’ accusata di 19 episodi di ricettazione.
Al momento ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, Patrizia Rammazzo, difesa dagli avvocati Laura Beltrami e Giampaola Gambino. Sedici gli episodi rubricati come ricettazione a suo carico.
Per gli indagati che hanno reso confessione, si apre la strada del patteggiamento della pena che punta a ottenere il riconoscimento della sospensione nel caso di persone incensurate.