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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Mesagne

Gli confiscano beni per 6 milioni a due anni dalla morte

MESAGNE - Beni per sei milioni di euro, fra appartamenti, conti correnti bancari, quote societarie e auto di lusso, finiscono nelle mani dello Stato. Si tratta del patrimonio di Donato Greco, detto “Lu Zingaro”, morto a 61 anni il 16 marzo 2008, poco tempo dopo la condanna da parte del tribunale di Brindisi per tentata estorsione continuata e violenza sessuale. Per quanto ritenuto colpevole dal collegio giudicante, gli esiti del dibattimento hanno avuto un ruolo determinante nella recente sentenza di confisca, lo Zingaro non ha mai subito condanna per il principale dei reati dei quali era accusato: l’usura, dichiarato prescritto per tutti gli episodi successivi al 1995.

MESAGNE - Beni per sei milioni di euro, fra 26 appartamenti, conti correnti bancari, quote societarie e auto di lusso, finiscono nelle mani dello Stato. Si tratta del patrimonio di Donato Greco, detto “Lu Zingaro”, morto a 61 anni il 16 marzo 2008, poco tempo dopo la condanna da parte del tribunale di Brindisi per tentata estorsione continuata e violenza sessuale. Per quanto ritenuto colpevole dal collegio giudicante, gli esiti del dibattimento hanno avuto un ruolo determinante nella recente sentenza di confisca, lo Zingaro non ha mai subito condanna per il principale dei reati dei quali era accusato: l’usura, dichiarato prescritto per tutti gli episodi successivi al 1995.

La sentenza del collegio in composizione feriale, presieduto da Giuseppe Licci, e composto dai giudici Roberto Palmieri e Katia Pinto, ha decretato la confisca del tesoro milionario accumulato dal mesagnese defunto a partire dagli anni Settanta, ed ereditato infine dai due figli: provvedimento che applica il pacchetto sicurezza convertito in legge il 24 luglio del 2008.

La confisca ha risparmiato soltanto i beni che Donato Greco aveva ceduto a sua volta a terzi non appartenenti alla famiglia, che sono riusciti a dimostrare attraverso i legali Carmelo Molfetta, Gianluca Aresta e Felice Grassi, la totale estraneità alle vicende contestate al defunto. La ratio della sentenza emessa dal tribunale affonda le sue radici in due assunti. Il primo è la presunta provenienza illecita del patrimonio milionario, dimostrata dall’abissale discrasia fra i redditi dichiarati e i beni in possesso del defunto.

L’altra è il contenuto, in qualche modo rivoluzionario, delle modifiche alla legge antimafia, che consente la confisca anche di beni di soggetti deceduti purché il provvedimento venga emesso entro i cinque anni dalla morte dello stesso, e anche in presenza di non attualità della pericolosità sociale

Le deduzioni del collegio giudicante c’entrano quindi con la storia processuale stessa di Donato Greco, detto “Lu zingaro”. Il defunto fu condannato, con sentenza del Tribunale di Brindisi il 19 dicembre del 2007, a 4 anni e 6 mesi di reclusione per tentata estorsione continuata e violenza sessuale. La vittima dei reati in questione, una donna di Mesagne, sarebbe stata secondo la magistratura solo una delle tante, finite nel giogo usurario imbastito da Greco.

La principale delle accuse pendenti sullo Zingaro infatti, ossia il reato di usura, fu dichiarato prescritto per i fatti successivi al 1995. Nondimeno, le accuse provate nel corso del dibattimento del processo a suo carico, hanno rivestito un ruolo determinante nella sentenza che ha recentemente disposto la confisca.

Scrivono i giudici: “Greco, per un periodo di tempo molto prolungato, esercitando forme di pressione molto violente, ha posto in essere attività usuraria ai sensi della normativa vigente ed estorsiva ai danni della denunciante con modalità ed impiego di somme di denaro ingenti, che implicano necessariamente la dedizione continuativa, non occasionale e quindi professionale alle dette attività criminali”.

Nessun seguito processuale hanno avuto invece, per intervenuto decesso dell’imputato, le dichiarazioni rese in aula da alcuni testimoni, che hanno parlato di presunti collegamenti di Greco con Domenica Biondi detta Mimina, moglie del fondatore della Scu, Pino Rogoli. Ma anche con Antonio Vitale, detto “Il Marocchino” e Orlando Della Grottaglie.

Nessun dubbio per il collegio giudicante presieduto dal giudice Licci, sulla provenienza illecita del patrimonio oggi sottratto agli eredi, per effetto della legge del 2008 che stabilisce: “Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, possono essere richieste e applicate disgiuntamente. Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento, esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque, degli aventi causa”.

E ancora. Secondo il tribunale “le disponibilità finanziarie riconducibili a Greco Donato e ai suoi famigliari, non sono compatibili con le risorse finanziarie per le quali esiste una legittima giustifica”, ergo quel patrimonio milionario non può che derivare “dalle attività di usura esercitate ininterrottamente dagli anni Settanta fino alla morte”.

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