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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Il pianto di Amanda firmato Brindisi

La libertà sul viso di Amanda Knox è una smorfia disperata e crudele. Uno scatto, uno solo, ha cristallizzato la metamorfosi istantanea della Venere in pelliccia. Jessica Rabbit, la maliarda assassina dal seducente accento iuesei, immortalata nella scompostezza del pianto, fuori controllo, per la primissima volta è apparsa forse anche brutta. Sicuramente, straordinariamente intensa. Quel fotogramma che suggella la fine di un incubo lungo quattro anni, ha fatto il giro del mondo, esposto all’altezza vertiginosa delle prime pagine delle maggiori testate d’Italia, d’Europa, e d’America, porta la firma di Pier Paolo Cito. Brindisino di Brindisi per nascita. Firma internazionale dell’Associated Press.

La libertà sul viso di Amanda Knox è una smorfia disperata e crudele. Uno scatto, uno solo, ha cristallizzato la metamorfosi istantanea della Venere in pelliccia. Jessica Rabbit, la maliarda assassina dal seducente accento iuesei, immortalata nella scompostezza del pianto, fuori controllo, per la primissima volta è apparsa forse anche brutta. Sicuramente, straordinariamente intensa. Quel fotogramma che suggella la fine di un incubo lungo quattro anni, ha fatto il giro del mondo, esposto all’altezza vertiginosa delle prime pagine delle maggiori testate d’Italia,  d’Europa, e d’America, porta la firma di Pier Paolo Cito. Brindisino di Brindisi per nascita. Firma internazionale dell’Associated Press.

Amanda Knox e Raffaele Sollecito non hanno ucciso Meredith Kercher. Il verdetto della corte d’assise d’appello di Perugia è impresso in uno scatto destinato a varcare i confini della cronaca, il suo. Talento o fortuna?

Il mio mestiere consiste in questo, in un attimo devi raccontare una storia, un attimo solo. Quando siamo arrivati a palazzo, eravamo in tanti, c’è chi ha puntato sulla famiglia, per cercare di cogliere una immagine dinamica,  un abbraccio, qualcosa di simile. Io mi sono posizionato in un angolo in cui vedevo solo lei, ho pensato che qualsiasi espressione si fosse disegnata sul suo volto sarebbe stata eloquente, significativa e significante . Sono stata fortunato. Quando il presidente ha letto la sentenza Amanda non è andata verso i suoi parenti, ma è scoppiata a piangere e si è istintivamente girata dall’altra parte. Io ero pronto, avevo l’attrezzatura giusta, ho scattato.

Cosa serve per fare una foto così? Freddezza, emozione, attrezzatura.

Devi essere professionale, freddo, devi avere il pieno controllo di quello che stai usando perché anche un battito di ciglia fa la differenza in una foto. Gli americani dicono, del tutto a proposito, che serve molto focus, concentrazione.

Facile immaginare che lei abbia portato a casa decine, se non centinaia di scatti. Come ha fatto a capire che quella era “la” foto?

Vero, il giorno della sentenza ho fatto un centinaio di scatti. Ma che quella fosse la foto giusta l’ho capito immediatamente, perché non sono solo un fotografo, sono anche un giornalista. Quella immagine racconta un pianto liberatorio e racconta anche il dolore dal quale sgorga. Quando piangi non ti guardi addosso, ma stai a sentirti, stai a sentire quello che provi. Una concentrazione di sentimenti così alta non può che tradursi in una immagine scomposta, fuori controllo. In quel ritratto c’è tutto questo.

Pochissimi istanti dopo la lettura della sentenza le lacrime di Amanda erano su tutti i giornali, su tutti i siti, da una parte all’altra del mondo. Come si fa?  Come funziona?

E’ andata esattamente in questo modo. Quando il presidente ha letto la sentenza,  come ho già detto, io ero nella sala dove si è riunita la corte, mi sono accorto che non c’era il minimo segnale, zero. Avevo il computer aperto con tutti i programmi che mi sarebbero serviti, sono corso fuori a precipizio, mi sono seduto a una cinquantina di metri dal palazzo di giustizia, sotto i gradini di una chiesa, avevo già preparato due didascalie, una in previsione di un verdetto negativo per gli imputati, una per un verdetto positivo. Ho messo la foto in corrispondenza della seconda dida, mi sono collegato e l’ho spedita all’ufficio centrale dell’Associated Press a Londra, che ha l’attrezzatura per spedire a tutti i giornali europei, africani, americani: in mezzora la foto era in tutto il mondo, disponibile per gli 8mila associati del pianeta.

Sa su quante prime pagine è finita?

Non so bene. So che tutti i giornali inglesi hanno quella foto, poi moltissimi negli Stati Uniti.

Come ci si sente?

Come prima, è il mio lavoro. E’ ovvio che sono contento, ma sa come si dice in America? Today hero, tomorrow zero.

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