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Cronaca

Il pm si corregge: 30 anni per la Buongiorno

BRINDISI - Non l’ergastolo, ma il massimo della pena, ovvero trent’anni di reclusione: ha corretto a fine udienza la propria richiesta di pena, valutato lo sconto da applicare per il rito abbreviato, il pm della procura di Brindisi Luca Buccheri.

BRINDISI - Non l’ergastolo, ma il massimo della pena, ovvero trent’anni di reclusione: ha corretto a fine udienza la propria richiesta di pena, valutato lo sconto da applicare per il rito abbreviato, il pm della procura di Brindisi Luca Buccheri per Dora Buongiorno la bracciante agricola di 43 anni rea confessa dell’omicidio dell’amante, Cosimo Damiano De Fazio, 51 anni, arso vivo dal fuoco nelle campagne di Mesagne (Brindisi) nella notte del 26 dicembre 2012. Viste le aggravanti contestate, la premeditazione e la crudeltà, un eventuale condanna, tenuto conto dello sconto di un terzo della pena, non può superare i trent’anni di reclusione.

Al termine della requisitoria, stamani, nel processo a porte chiuse a cui ha assistito l’imputata oltre che i famigliari della vittima che ha una moglie e sei figli, le arringhe degli avvocati di parte civile Marcello Tamburini, Gianvito Lillo e Loredana Massari che hanno chiesto al gup Valerio Fracassi di considerare le aggravanti contestate dall’accusa.

Nella prossima udienza parlerà l’avvocato Roberto Cavalera, che difende Dora Buongiorno. L’imputata, una bracciante di Carovigno che fu arrestata il 23 gennaio del 2013 e si trova ora ai domiciliari. Secondo l’accusa, Dora Buongiorno avrebbe “somministrato al suo compagno un farmaco soporifero (in particolare il Minias) e di averlo poi condotto in campagna facendogli invece intendere di volerlo invece accompagnare in contrada Palmarini, a Brindisi, dove risiedeva con la sua famiglia”.

“Con la scusa di un rapporto sessuale – si legge nel capo d’imputazione – lo avrebbe indotto a uscire dall’auto per poi cospargerlo di benzina, contenuta in una tanica, e gli avrebbe dato fuoco allontanandosi mentre veniva investito dalle fiamme”. Dalla relazione tra la donna e la vittima era nato un figlio che il giorno dell’omicidio, il 26 gennaio 2012, maturato secondo la difesa della donna in un contesto di gravi violenze e soprusi, compiva 14 anni.

Le ricostruzioni, in precedenza, erano state possibili grazie al racconto della figlia della donna, la cui testimonianza era stata determinante per tratteggiare lo sfondo di molestie e di violenza in cui il delitto sarebbe maturato. La ragazza, 18 anni, aveva fornito indicazioni importanti sul proprio contesto famigliare, spiegando che la madre veniva maltrattata e malmenata.

Nel settembre del 2011, secondo quanto riferì la giovane, la donna sarebbe stata perfino legata a un albero, bastonata e poi cosparsa di benzina da De Fazio che non le avrebbe dato poi fuoco solo perché impietosito dalle sue richieste. Si tratta di racconti che i famigliari della vittima non hanno mai ritenuto rispondenti al vero, facendo sapere attraverso i propri legali che De Fazio non era mai stato un “padre-padrone” così come invece veniva descritto.

 

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