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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Il rinvio dell'udienza innervosisce Massimo Pasimeni

BRINDISI – Massimo Pasimeni era piuttosto nervoso questa mattina, dietro le sbarre dell’aula bunker “Metrangolo”. Forse perché si profilava un secondo rinvio del processo a suo carico per estorsioni iniziato la scorsa settimana. Dietro le sbarre, assieme a “Piccolo dente” oggi c’era anche Carmine Campana, fidanzato della figlia del boss. Assente Vincenzo Antonio Campana, padre di Carmine, che ha ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute. Arresti domiciliari anche per Gioconda Giannuzzo, moglie di Pasimeni.

BRINDISI – Massimo Pasimeni era piuttosto nervoso questa mattina, dietro le sbarre dell’aula bunker “Metrangolo”. Forse perché si profilava un secondo rinvio del processo a suo carico per estorsioni iniziato la scorsa settimana. Dietro le sbarre, assieme a “Piccolo dente” oggi c’era anche Carmine Campana, fidanzato della figlia del boss. Assente Vincenzo Antonio Campana, padre di Carmine, che ha ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute. Arresti domiciliari anche per Gioconda Giannuzzo, moglie di Pasimeni.

L’udienza di oggi è stata molto breve. Il tribunale, presieduto da Gabriele Perna, avrebbe dovuto affidare l’incarico di trascrivere le intercettazioni al perito Giovanni Leo, il quale però ha avuto un impedimento. E quindi l’incarico gli sarà conferito nella prossima udienza, fissata per il 2 novembre. Il pubblico ministero, sostituto procuratore della Dda Lino Giorgio Bruno, non si è opposto e nemmeno gli avvocati del collegio difensivo.

Pasimeni aveva avviato questa attività estorsiva nel 2006, quando era stato scarcerato dopo tredici anni di detenzione perché altri processi che aveva (uno per omicidio) non si erano ancora conclusi. Pasimeni non ha fatto in vita sua niente altro che il malavitoso, per cui, una volta scarcerato, aveva ricominciato. Nella sua attività il 27 ottobre del 2009 si aprì una falla. Giuseppe Panìco, nipote di “Piccolo dente”, decise di passare dalla parte della Giustizia. Raccontò a Lino Giorgio Bruno che lo zio lo aveva picchiato e minacciato. Temendo di essere ammazzato aveva scelto la via della collaborazione. Erano indagini che comunque stavano già camminando su gambe proprie. Nella Fiat Bravo di Carmine Campana i poliziotti avevano piazzato una “cimice”.

Le dichiarazioni di Panìco furono un valido contributo.  Pasimeni finì in carcere per questa vicenda qualche mese dopo. Furono arrestati i due Campana, mentre alla Giannuzzi furono concessi i domiciliari. Quella notte, quando marito e moglie venivano portati via, la gente del vicinato si riversò per strada e manifestò loro solidarietà. Per fortuna Mesagne non è tutta così.  Qualche mese dopo scattò il blitz e Pasimeni fu arrestato.

Con lui finirono in carcere Carmine Campana, fidanzato della figlia di “Piccolo dente”, e il padre Vincenzo Antonio Campana, accusati di estorsione aggravata, incendio doloso, e attività di appoggio esterno ad associazione mafiosa. A Gioconda Giannuzzo, moglie di Pasimeni, furono concessi gli arresti domiciliari in una casa sottoposta a sequestro preventivo con le stesse ordinanze di cattura emesse dal giudice per le indagini preliminari di Lecce, Andrea Lisi. Oltre alla casa furono sequestrati un autosalone, una yogurteria e quote di una società commerciale operante nel settore delle auto.

Il processo riguarda l’associazione mafiosa guidata da Pasimeni che con il supporto dei due Campana e della moglie, avevano taglieggiato una cantina a Mesagne, gestita da Daniele De Cillis, costretto a versare prima 500 e poi 800 euro a fronte della fornitura, imposta pure questa, di una partita di vino truffata da Pasimeni ad una cantina di Latiano; si erano fatti consegnare auto usate da  Donato Apruzzi a S. Michele Salentino che Pasimeni “pagava” con assegni bancari scoperti firmati da Vincenzo Antonio Campana: un giochetto che aveva provocato un buco di 150mila euro al commerciante. Le auto  finivano a Mesagne nell’autosalone A&A in via Latiano, intestato a Campana. Successivamente Pasimeni aveva costituito la società in accomandita semplice, Auto Vogue, per proseguire a farsi consegnare vetture da Apruzzi. E sempre fittizia era anche l’intestazione della yogurteria Chez Giò di piazza IV Novembre, gestita da Gioconda Giannuzzo.

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