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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Il solito asse Calabria-Mesagne-Brindisi

BRINDISI - Il solito asse, Brindisi – Mesagne, con diramazioni in Calabria. Perché se la Puglia è leader sul mercato nell’importazione di marijuana dall’Albania, le ‘ndrine calabresi hanno rapporti diretti con il Sudamerica per l’approvvigionamento di coca. Lo ha accertato anche l’ultima delle inchieste sullo spaccio di stupefacenti in terra brindisina, anche se ad essere stato sgominato dagli agenti della Squadra mobile è un gruppo criminale non strutturato come associazione. L’ombra della Scu c’è sempre, anche quando non ci sono contestazioni di stampo mafioso. Le si intravede negli “omissis” e nei rapporti con i fornitori e con i corrieri.

BRINDISI - Il solito asse, Brindisi – Mesagne, con diramazioni in Calabria. Perché se la Puglia è leader sul mercato nell’importazione di marijuana dall’Albania, le ‘ndrine calabresi hanno rapporti diretti con il Sudamerica per l’approvvigionamento di coca. Lo ha accertato anche l’ultima delle inchieste sullo spaccio di stupefacenti in terra brindisina, anche se ad essere stato sgominato dagli agenti della Squadra mobile è un gruppo criminale non strutturato come associazione. L’ombra della Scu c’è sempre, anche quando non ci sono contestazioni di stampo mafioso. Le si intravede negli “omissis” e nei rapporti con i fornitori e con i corrieri.

“Questo qua, questa sera deve partire in Calabria e gli servono i soldi”, dice Teodoro Roberto Branca, riferendosi al viaggio che avrebbe dovuto affrontare Italo Loré nella giornata successiva. Sono due dei dodici soggetti brindisini destinatari stamani di un’ordinanza di custodia cautelare (7 in carcere e 5 ai domiciliari) richiesta dalla procura di Brindisi (pm Pierpaolo Montinaro) e concessa dal Tribunale (gip Paola Liaci).

Uno dei personaggi di maggior rilievo, colui il quale secondo gli inquirenti, dirigeva l’attività di cessione di droga, è Donato Borromeo, 39 anni, già detenuto. Ci sono poi i mesagnesi Rosario Cantanna, di Mesagne e Cosimo Lamendola, che secondo gli investigatori curavano l’approvvigionamento della sostanza stupefacente da distribuire poi in tutta la provincia e anche nel capoluogo.

Durante le perquisizioni eseguite nel corso delle indagini, avviate nel 2010 e proseguite fino a giugno del 2011, sono state sequestrate un revolver 38 special e una pistola calibro 7,65, con relativo munizionamento. Rinvenuto anche un rilevatore di microspie. Stando a quanto accertato, l’abitazione di uno degli indagati, in pieno centro, era dotata di telecamere all’ingresso, per avvistare in anticipo le forze dell’ordine in arrivo.

In un altro dei luoghi di ritrovo, nei pressi di via Appia, a Brindisi, c’era l’abitazione di un’altra delle persone arrestate, guardata a vista dalla moglie pronta a segnalare l’eventuale presenza dei poliziotti. Ne conoscevano, del resto tutti i movimenti: “Di qua li vediamo?” dice Borromeo al cognato, Italo Lorè. “Andiamo di qua o di qua?” risponde l’altro. “La si mettono”, incalza riferendosi ai posti di controllo delle forze dell’ordine. Le altre discussioni sono tutte sulla qualità della sostanza o sulla riscossione del denaro.

Quanto al luogo di incontro per la cessione delle dosi, prediletto da tutti è sicuramente “la chiazzodda”  che si trova tra via Fulvia e via Strabone, alle spalle di via Appia, a Brindisi. L’attività di spaccio si protraeva anche a chiusura degli esercizi commerciali. La gran parte della droga era nascosta in casa. Una delle perquisizioni nell’abitazione di Branca, fu seguita in diretta dai poliziotti anche via telefono: “Chiudi, tengo cristiani” dice la convivente all’uomo che inizialmente non comprende il problema e cioè che c’erano gli agenti sul terrazzo e stavano frugando in ogni dove. “Che avete mangiato?” dice, infatti. “Chiudi, tengo cristiani” ribadisce lei. Lui: “Tieni cristiani?”. Poi il telefono viene requisito dal suocero che chiude la conversazione: “Chiudi, li muerti tua”.

C’era spazio anche per le istruzioni per l’uso: “Questa è per fumare, quella di Giuseppe è per tirare, perché ti prende di più”. La figura principale, in tutti i casi, resta quella di Donato Borromeo, classe 1973 che riscuote il denaro, commissiona gli acquisti e che compra le due autovetture rubate. Borromeo era già in carcere quando è scattato il blitz. Era stato beccato qualche mese prima con una pistola, nei pressi di una villetta in riva al mare. Pochi giorni fa è stato condannato a 4 anni per un cavallo di ritorno. Da oggi, insieme agli altri, è alle prese con nuovi guai.

E dire che tutto partì da accertamenti sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ai quali non fu trovato riscontro. Ma le troppe chiacchiere al telefono hanno comunque tradito i presunti pusher di professione, con una rubrica telefonica fitta di contatti, anche e soprattutto fuori regione, dove ci sono quelli che contano.

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