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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Il Tar: "Niente patente al sorvegliato speciale, per controllarlo meglio"

BRINDISI – Giuseppe Colella, sorvegliato speciale, ha cercato di riavere la patente di guida, sospesagli dal prefetto di Brindisi, ricorrendo al Tar. Ma non è servito. Il giudice amministrativo ha ritenuto che non ci sono i presupposti per modificare la decisione del prefetto e, dunque, Colella almeno per il momento non potrà mettersi alla guida di un veicolo.

BRINDISI – Giuseppe Colella, sorvegliato speciale, ha cercato di riavere la patente di guida, sospesagli dal prefetto di Brindisi, ricorrendo al Tar. Ma non è servito. Il giudice amministrativo ha ritenuto che non ci sono i presupposti per modificare la decisione del prefetto e, dunque, Colella almeno per il momento non potrà mettersi alla guida di un veicolo.

La patente al brindisino, conosciuto alle forze dell’ordine per la sua condotta border-line, viene revocata con provvedimento del prefetto emesso il 10 aprile del 2008, ai sensi dell’articolo 120 del codice della strada “trattandosi di persona sottoposta alla misura di sicurezza della sorveglianza speciale”. L’avvocato Daniela D’Amuri, difensore di Colella, impugna dinanzi al Tar di Lecce il provvedimento ritenendo il decreto illegittimo in quanto “adottato in difetto delle garanzie partecipative”,

Ma il collegio ritiene che il ricorso sia infondato. Innanzi tutto dicono i giudici del Tar “la tesi sostenuta dalla difesa muove dalla ritenuta necessità di effettuare un bilanciamento di interessi e, cioè, un soppesamento tra le esigenze di prevenzione e quelle di sostegno al soggetto che deve darsi ad attività lavorativa in ossequio ad una ben specifica prescrizione che accede , di solito, alla irrogazione di una misura di sicurezza di tipo personale”. E spiega: “A lungo si è ritenuto di poter argomentare nel senso della necessità che l’autorità prefettizia, avuta notizia della sottoposizione di un soggetto ad una misura di prevenzione o di sicurezza di carattere personale, procedesse in ogni caso ad una discrezionale valutazione degli interessi che si contendono il campo in subiecta materia.

Si è, cioè, prescelta, per un certo periodo di tempo, l’opinione in forza della quale la revoca della patente di guida nei riguardi di soggetto nei cui confronti è stata applicata una misura di prevenzione non costituisce esito vincolato e, pertanto, strettamente consequenziale alla irrogazione della misura. La revoca della patente rappresenterebbe, semmai - secondo siffatta opzione ermeneutica oggi da rimeditare -, il punto di approdo di una facoltà di scelta che l’Amministrazione deve sempre poter esercitare tra la necessità di una risposta efficiente sul versante della prevenzione di condotte antisociali e le esigenze lavorative del sottoposto.

Queste ultime sono sembrate suscettibili, appare opportuno ricordarlo, di manifestarsi anche con riferimento all’impiego di un mezzo di locomozione quale un autoveicolo, da utilizzare per il raggiungimento della sede di lavoro. Il Collegio reputa, però, di dover propendere per un diverso approccio alla questione”.

Un tempo si era molto più elastici e in casi come questi si dava la possibilità al sorvegliato speciale di avere la patente. Il cambiamento di opinione dei giudici è frutto di ulteriore riflessione sul dato normativo a disposizione, sulla ricerca della sua intima ratio , sulla sua complessiva coerenza all’interno dell’ordinamento.

“La norma non lascia spazio ad interpretazioni alternative – affermano i giudici -. Secondo l’art 120 del Cds ‘possono conseguire la patente di guida, il certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e il certificato di idoneità alla guida di ciclomotori i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'articolo 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonchè i soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma 1, lettera f, del medesimo testo unico di cui al decreto del presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la durata dei predetti divieti. Non possono di nuovo conseguire la patente di guida le persone a cui sia applicata per la seconda volta, con sentenza di condanna per il reato di cui al terzo periodo del comma 2 dell'articolo 222, la revoca della patente ai sensi del quarto periodo del medesimo comma.

Fermo restando quanto previsto dall'articolo 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. La revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1’. La perdita sopravvenuta – aggiungono i giudici - dei requisiti soggettivi per conseguire l’abilitazione alla guida è dunque motivo di revoca vincolata della patente di guida”.

E quindi spiegano: “Se la scelta legislativa milita per la revoca vincolata della patente di guida ciò vuol dire che il legislatore ha ritenuto di dover potenziare le misure di protezione della collettività introducendo una misura temporaneamente sacrificativa delle facoltà dell’individuo in funzione di prevenzione generale da affiancare alla restrizione delle libertà personali, nel che si racchiude l’essenza stessa della misura di sicurezza. In questa prospettiva, la decisione di limitare la libertà di movimento del soggetto inibendo l’uso di un mezzo privato di locomozione si giustifica per la necessità di assicurare un controllo ed una sorveglianza agevolmente praticabili nei riguardi di chi ha dato dimostrazione di non accettare le regole del consorzio civile, anche solo fornendo spunti indiziari, ossia semplicemente sintomatici di una personalità proclive al delitto”.

“Si è così affermato in giurisprudenza – conclude il Tar -, che la valutazione circa l'inconciliabilità del possesso della patente di guida con la condizione di sorvegliato speciale è stata compiuta a monte dal legislatore che ha ritenuto, in tal modo, di limitare le possibilità di movimento di tali categorie di soggetti sacrificando le loro esigenze di libertà in nome dell'interesse alla sicurezza pubblica. Tale interesse prevale, quindi, sempre e comunque su tutti quelli particolari dell'interessato, superflua essendo sul punto una valutazione comparativa dell'autorità amministrativa. Ne deriva che, in pendenza dell'esecuzione di una misura di prevenzione (analogo discorso vale per le misure di sicurezza), quale la sorveglianza speciale di P.S., la revoca della patente di guida integra un atto dovuto, sicché l'onere motivazionale è adeguatamente soddisfatto attraverso il mero richiamo alla misura in atto e alla normativa applicata, senza che residuino ulteriori spazi di discrezionalità in capo all'autorità amministrativa”. E, quindi, niente patente per Giuseppe Colella.

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