Truffe ad anziani nel Brindisino: si indaga sull'ignoto "telefonista"
Carabinieri al lavoro per identificare l'uomo che da Napoli individuava telefonicamete le vittime e si teneva in contatto con i trasfertisti
Rivestiva un ruolo chiave nelle truffe, ma non ha ancora né un volto né un nome. Il lavoro dei carabinieri non si è esaurito con l’arresto dei sei presunti responsabili di una serie di raggiri perpetrati ai danni di anziani residenti in provincia di Brindisi fra i mesi di giugno e agosto 2019. All’appello manca infatti quello che gli inquirenti hanno definito il “telefonista”, ossia colui il quale, da Napoli, contattava le vittime spacciandosi di volta in volta per un carabiniere, un avvocato, un postino o persino per un loro nipote.
L’ignoto indagato deve rispondere insieme ad altre due figure di spicco dell’inchiesta, il 28enne Alessio Scialò e il 20enne Fortunato Rivieccio, tutti di Napoli, del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe. Rivieccio e Scialò sono stati condotti in carcere. Gli altri quattro indagati, anch’essi di Napoli, raggiunti ieri mattina (venerdì 17 settembre) dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Brindisi, Maurizio Saso, su richiesta del pm Alfredo Manca, sono ristretti in regime di domiciliari per delle truffe (alcune consumate, altre tentate) slegate da un contesto associativo. Si tratta di Emanuele Vitulli, 30 anni, Emanuele Limatola, 24 anni, Vincenzo Siano, 42 anni, e Arnaldo Abete 22 anni.
Il modus operandi del "telefonista"
Negli episodi ricostruiti dai carabinieri delle stazioni di Latiano e San Vito dei Normanni, coordinati dalla compagnia dell’Arma di San Vito dei Normanni, è stata riscontrata la costante presenza del telefonista. Questi ha ricoperto il ruolo di individuare le “prede”, effettuando fino a un massimo di 200 telefonate al giorno ad utenze fisse individuate tramite PagineBianche.it, presso la località in cui si trovavano i cosiddetti trasfertisti, ossia i complici che si presentavano presso le abitazioni delle vittime, tenendosi in contatto con il telefonista tramite schede Sim intestate a extracomunitari che venivano attivate all’alba e distrutte al termine della giornata. Il sodalizio è entrato in azione a Brindisi, Ostuni, Latiano, San Pancrazio Salentino, San Vito dei Normanni, Ceglie Messapica, Fasano, Mesagne, Francavilla Fontana. Almeno in una circostanza c’è stato uno sconfinamento a Statte, in provincia di Taranto.
Delle volte il telefonista si presentava alla vittima con la falsa qualifica di avvocato o carabiniere, convincendola del fatto che un figlio o un nipote aveva provocato un incidente stradale e che per evitargli l’arresto sarebbe stato necessario sborsare, immediatamente, una somma di denaro in contanti, a titolo di risarcimento danni o di cauzione. In altre occasioni l’ignoto indagato, dopo essersi spacciato per un postino o per un nipote della vittima, cercava di indurre il malcapitato ad anticipare una consistente somma di denaro per il ritiro immediato di un pacco destinato a un congiunto.
La truffa del falso corriere
In un tranello di questo tipo è purtroppo caduta, nell’agosto 2019, una 79enne residente a Ceglie Messapica. La pensionata ricevette in tarda mattinata una telefonata da un uomo che la chiamò nonna. Lei, colta in un momento di debolezza, pensò davvero di essere al telefono con un nipote residente a Bologna. Si trattava in realtà del telefonista napoletano, che parlandole con garbo e gentilezza (tratto distintivo delle telefonate truffaldine) le disse che era in arrivo un pacco con un importate componente del suo computer per il cui ritiro avrebbe dovuto consegnare al postino la somma di 1700 euro. La vittima, colta alla sprovvista, acconsente. Poco dopo suona al citofono il falso corriere. L’anziana gli apre il portone e se lo ritrova davanti alla sua abitazione, con una busta contenente un piccolo pacco. Non disponendo di 1700 euro in banconote, la malcapitata consegna al truffatore la somma di 500 euro e vari monili in oro. Più tardi, dopo un confronto con una parente, si rende conto di essere stata raggirata e va sporgere denuncia presso la locale stazione dell’Arma.
L'identificazione dell'autore
I carabinieri sequestrano immediatamente il plico, da cui ricavano delle impronte digitali che vengono inviate al laboratorio del Ris. Qualche tempo dopo arriva l’atteso riscontro: quei frammenti papillari appartengono a uno degli indagati, già noto alle forze dell’ordine. Non solo. Un ulteriore riscontro arriva dalla stessa vittima, che riconosce il volto dell’indagato nel fotogramma di un filmato ripreso da una telecamera della zona, le cui immagini erano state acquisite carabinieri. Con lo stesso procedimento, corroborato da una serie di riscontri incrociati sui tabulati e sulle celle telefoniche, gli inquirenti hanno identificato anche gli altri malfattori che per tre mesi hanno imperversato nel Brindisino, racimolando una somma totale pari a circa 25mila euro.