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Cronaca

Caso Carvone, gli indagati si difendono: "Nessun tentativo di estorsione"

Davanti al gip i quattro brindisini arrestati per aver preteso una somma di denaro dal papà di Gianpiero Carvone, dopo il furto di un'auto

BRINDISI – Nessuna minaccia. Nessuna pretesa di denaro. Hanno negato ogni addebito i quattro brindisini arrestati per il reato di tentata estorsione aggravata ai danni di Piero Carvone, papà di Gianpiero Carvone, il 19enne ucciso con un colpo di pistola alla nuca la notte del 10 settembre, sotto alla sua abitazione in via Tevere, al rione Perrino. Giuseppe Lonoce, 37 anni, Stefano Coluccello 28 anni, e i fratelli Aldo, 22 anni, ed Eupremio Carone, 21 anni, si sono presentati stamattina davanti al gip Stefania De Angelis, nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia. 

Stando agli elementi raccolti dai poliziotti della Squadra mobile di Brindisi, Gianpiero Carvone avrebbe rubato una Lancia Delta in uso a Coluccello, per poi restituirgliela ammaccata, forse a seguito di un incidente. Il pomeriggio precedente all’omicidio, i quattro indagati, dopo aver sfondato il portone condominiale, avrebbero fatto irruzione in casa della famiglia Carvone, pretendendo da Piero Carvone una somma pari ad alcune migliaia di euro per la riparazione dei danni riportati dalla Lancia. Tale episodio è stato ricostruito nell’ambito delle indagini sull’omicidio, di cui ancora non si conoscono i responsabili. 

Coluccello, difeso dall’avvocato Manuela Greco, ha spiegato di non aver denunciato il furto dell’auto (di proprietà del suocero, ma utilizzata principalmente dallo stesso Coluccello e dalla moglie) per non creare disagio al 19enne, già gravato da precedenti penali per reati contro il patrimonio. Sulla base di quanto sostenuto da Coluccello, il portone era già scardinato quando è  stato aperto. Inoltre sarebbe stato lo stesso Gianpiero Carvone, resosi conto dello sbaglio commesso, a dare la disponibilità a riparare il danno.

Il 28enne, dunque, si presentò presso l’abitazione di Carvone insieme al cognato, Giuseppe Lonoce, difeso dall’avvocato Luca Leoci, e ai nipoti, Eupremio e Bruno Carone, difesi rispettivamente dagli avvocati Alessandro Gueli e Gianvito Lillo.

Lonoce ha riferito di aver saputo dal cognato del furto dell’auto e di essersi attivato per risolvere il problema, in quanto vicino di casa dei Carvone. L’incontro con Piero e Gianpiero Carvone sarebbe avvenuto dopo diversi tentativi di essere ricevuti, andati a vuoto. Una volta entrati in casa, mentre i Carone aspettavano sul pianerottolo, Lonoce e Coluccello avrebbero ricevuto rassicurazioni da Gianpiero sul fatto che la macchina l’avrebbe riparata lui, come da accordi già presi con un altro cognato di Coluccello. Hanno respinto le accuse anche i fratelli Carone, che hanno spiegato che mai avrebbero potuto concepire un tentativo di estorsione ai danni di Gianpiero, loro amico di vecchia data.

I legali adesso potranno presentare istanza di scarcerazione al gip, oppure rivolgersi al tribunale del Riesame. L’unico indagato nei confronti del quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere è Lonoce. Gli altri tre sono ristretti in regime di domiciliari. 

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