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La Liberazione e la castità ideologica dei ragazzi del 45 da non smarrire

"Catarella- così esclamò il commissario Montalbano- mi togli una curiosità? Senza persarci troppo l'agente Agatino Catarella, centralinista al Commissariato di Vigatà, acconsentì alla domanda del suo capo. " Ma tu, dico tu, per caso conosci il latino? Certo che lo conoscio signor commissario", replicò Catarella.

“Catarella- così esclamò il commissario Montalbano- mi togli una curiosità? Senza persarci troppo l’agente Agatino Catarella, centralinista al Commissariato di Vigatà, acconsentì alla domanda del suo capo. “ Ma tu, dico tu, per caso conosci il latino? Certo che lo conoscio signor commissario”, replicò Catarella. Allora Montalbano apparve per un po’ sollevato e disse: “ ma allora, l’hai studiato il latino”? “ Commissario, studiato studiato non proprio ma ci pozzu diri ca lo conoscio bono”. Pronta fu la reazione di Montalbano: “ mmmm, ma allora come fai a dire che lo conosci il latino”? E fu allorà che Catarella svelò l’arcano: “ me lo presentò un vicino di casa, amico stretto del ragioniere Vincenzo Galastra, detto pure u latino”. Con un alacre ”vaffanculo Catarì”, Montalbano si voltò di spalle e tornò nel suo ufficio.

E adesso possiamo venire ai giorni nostri: scusatemi se ho scomodato Camilleri ma si tratta di un gratuito noleggio di una sequenza cinematografica così vitale per raccontare quanto segue. Perchè il mondo è pieno di cose apparentemente ovvie che non ci degnamo minimamente di osservare, pur credendo di conoscerle: in questo siamo bravissimi noi italiani, come avrebbe poi detto Longanesi, “totalitari in cucina, democratici in Parlamento, cattolici a letto e comunisti in fabbrica”. Quanto realmente conosciamo della Liberazione d’Italia dal nazi-fascismo?

Apparte quell’alluvione interdetta legalmente- cui il sottoscritto ha partecipato- fatta di condivisione sui social, nelle università, tra i canali digitali della televisione, cosa resta realmente del giorno della Liberazione, tra un ping pong istituzionale e l’altro? “ Qui vivono per sempre gli occhi che furono chiusi alla luce perché tutti li avessero aperti per sempre alla luce”: chissà cosa avrebbe pensato Ungaretti, autore di questi versi, di quella cecità dilagante che a mano a mano avrebbe iniziato a colpire l’Italia dopo il 1945. Perché, diciamocela tutta, i conti con il passato non li abbiamo ancora fatti noi italiani.

Harry Shindler ha 93 anni e a vent’anni era in Italia con l’esercito britannico a combattere il nazifascismo: “è l’inizio della fine-ha dichiarato laconicamente ai microfoni de La Repubblica. Quando non ci saremo più noi della nostra età, noi che il 25 aprile c’eravamo davvero e avevamo combattuto sul campo di battaglia per costruirla quella libertà, ecco, quando ce ne saremo andati la verità potrà essere cancellata, distorta”.

 Ieri Shindler non era, come è stato solito fare negli ultimi anni da quando vive in Italia, alle celebrazioni di Porta San Paolo e del Campidoglio a Roma: “ non capisco le polemiche attorno alla Brigata Ebraica e lo sfoggio di così tante bandiere filo palestinesi, pertinenti in altri contesti e manifestazioni”- così ha sostenuto Shindler. “ Sabato si festeggia l’unità del popolo, non ha senso trasformare il 25 aprile in una occasione di divisione o di scontro: insomma, intendo dire che la festa della Liberazione è aperta a tutti ma le bandiere che sventolano devono essere quelle di chi combatteva in quel 1945”. Riusciremo a ritrovare negli occhi la luce di quei ragazzi del quarantacinque, la loro castità ideologica? Resta la più grande sfida di questi settant’anni appena passati.

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