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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

La Scu 2.0, tra fotovoltaico e pax mafiosa

Gruppi delinquenziali “in cerca di maggiore autonomia” a Brindisi città, lo dice la Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione semestrale, quella riferita alla seconda parte del 2012 e da poco presentata al Parlamento. A Brindisi in testa quello dei fratelli Brandi.

Gruppi delinquenziali “in cerca di maggiore autonomia” a Brindisi città, lo dice la Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione semestrale, quella riferita alla seconda parte del 2012 e da poco presentata al Parlamento, secondo cui ci sarebbe “quello dei fratelli Brandi (Giovanni e Raffaele, entrambi condannati per mafia e liberi, ndr), attivo nel traffico delle sostanze stupefacenti e delle estorsioni”.

Ferma restando la presenza radicata del clan Campana che, nonostante egli sia detenuto dall’aprile 2011, non sembrerebbe aver mollato il territorio. Spaccata in due, quindi, secondo la Dia, la città capoluogo, controllata da almeno un paio di gruppi criminali che, secondo gli investigatori, non sarebbero in netta contrapposizione reciproca ma opererebbero in quell’atmosfera di “pax” ben esplicata dal pentito Ercole Penna nelle sue dichiarazioni rese agli investigatori e durante i processi in cui è comparso come imputato o come testimone: acque chete per garantirsi l’impunità.

Il resto del territorio? E’ un proliferare di volti noti e di interessi in parte trasformatisi rispetto al passato. Sulla droga non si discute. Anche le estorsioni fruttano. Il gioco d’azzardo è un caposaldo della letteratura malavitosa in chiave Scu ma c’è dell’altro. Il business delle energie alternative.

“Nella provincia – si legge nella relazione Dia – si rileva l’operatività del gruppo Vitale – Pasimeni – Vicientino con base a Mesagne e ramificazione in molti comuni limitrofi che, nonostante i lunghi periodi di detenzione ai quali sono sottoposti i vertici, è attivo nel traffico delle sostanze stupefacenti e delle estorsioni grazie ai luogotenenti ancora in libertà”.

Tregua anche a Tuturano dove “il clan riconducibile alla famiglia Buccarella, che dopo un periodo di contrasti avrebbe raggiunto un’intesa con il gruppo Vitali – Pasimeni – Vicientino, per la spartizione della gestione delle attività illecite e in special modo il traffico delle sostanze stupefacenti, il gioco d’azzardo e l’attività estorsiva”. La criminalità della zona sud del Brindisino continua invece a relazionarsi con la Scu del Nord Salento.

Ecco il quadro, dopo “l’incisiva azione repressiva” dei due anni trascorsi condotta dopo che Ercole Penna, mesagnese con posizione di vertice nelle gerarchie Scu ha deciso di collaborare e lo ha fatto, nel novembre 2010, consegnando le sue verità scottanti a poliziotti di Mesagne e della Squadra mobile di Brindisi ed è stato quindi possibile ricostruire i nuovi business del “network criminale” e le modalità esecutive d’ultima generazione, la Sacra Corona 2.0.

Importante anche l’arresto di Ronzino De Nitto, il 12 settembre 2012 a San Marzano di San Giuseppe, frutto di attività investigativa condotta dalla Mobile. De Nitto era ritenuto vicinissimo a Francesco Campana: “Ne è risultato – quindi – frenato il progetto di ricostituzione del gruppo criminale appartenente alla franga mesagnese della Sacra corona unita, già disarticolato dall’operazione Last minute (sempre della Mobile, ndr)”.

Intramontabile, più del sole sfruttato dagli imprenditori del fotovoltaico, Salvatore Buccarella detenuto in carcere dalla seconda metà degli anni Ottanta, ma comunque – come rivelato da un’inchiesta condotta dal comando provinciale dei carabinieri di Brindisi del settembre 2012 – sempre in grado di dare ordini dal carcere.

“Attuali emergenze – come riporta il report Dia – mostrano la resilienza dei clan di atavica appartenenza alla Scu, come confermato dall’operazione Helios conclusa a Brindisi e provincia il 19 settembre 2012 dai carabinieri con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia nei confronti di 17 soggetti ritenuti parte di un’associazione di tipo mafioso dedita al traffico di droga, gioco d’azzardo e estorsioni con l’aggravante del metodo mafioso ai danni degli imprenditori impegnati nella realizzazione nella provincia di impianti per l’energia solare ed eolica”.

“Il sodalizio – prosegue – si avvaleva della forza intimidatrice di Salvatore Buccarella, detenuto ed elemento di vertice della Sacra corona unita, componente tuturanese operante nella provincia di Brindisi e del già citato Francesco Campana, al fine di imporre agli imprenditori il versamento periodico in cambio di protezione”. L’altra faccia del fotovoltaico, irregolare molto spesso per quel che concerne l’iter autorizzativo, fonte di guadagno per le organizzazioni criminali.

La droga arriva dalla Campania, diminuiscono i rinvenimenti di armi che però vengono nascoste di solito in “spazi condominiali, casolari abbandonate e perfino in ulivi secolari”. Nell’agosto 2012 il furto all’interno dell’armeria di Brindisi: 41 tra pistole e rivoltelle e 20 fucili dopo aver forato la volta di un locale sottostante all’armeria e sabotato gli impianti di sorveglianza.

Infine una chiave di lettura sugli attentati incendiari e dinamitardi messi a segno in tutta la provincia in danno di operatori commerciali, artigiani e imprenditori: “Vanno ascritti tanto al movente estorsivo, quanto a vendette private. Hanno avuto luogo a Brindisi, Cellino San Marco, Ceglie Messapica, Oria, Ostuni, San Vito dei Normanni e San Pancrazio Salentino”.

Unico omicidio di mafia quello di Antonio Presta, figlio del pentito Gianfranco Presta, ancora inspiegato e oggetto di indagini da parte della Dda di Lecce: Presta, 30 anni, fu ucciso il 5 settembre 2012 in pieno centro a San Donaci. Gli spararono contro colpi di arma da fuoco ma non fu il piombo a ucciderlo. Sarebbe sopravvissuto alla pioggia di pallettoni se qualcuno non gli avesse fracassato il cranio con il calcio di un fucile.

Infine la considerazione che in quanto porto con posizione strategica riguarda Brindisi alla stregua di Bari: “I gruppi criminali pugliesi si presentano come interlocutori privilegiati di altre consorterie, specialmente di quelle albanesi che hanno trasformato il Canale d’Otranto in una via per i traffici di sostanze stupefacenti”.

Di ciò, di narcotraffico con il Paese delle Aquile, trattava l’inchiesta sfociata poi nell’operazione Berat (ottobre 2007) in cui furono tratti in arresto proprio i fratelli Raffaele e Giovani Brandi, poi ritornati liberi ma sottoposti a misure di prevenzione, per decorrenza dei termini. Il primo grado del processo si è concluso con 10 condanne, nel luglio 2011: per i due fratelli Brandi la pena comminata è rispettivamente di 16 anni e 6 mesi e 13 anni e 8 mesi. L’appello è stato fissato per il 18 ottobre prossimo a Lecce.

 

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