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Cronaca

L'agente di custodia confessa: inchiesta va avanti

BRINDISI - Ha confessato l’agente di custodia “pusher”, ha ammesso gli addebiti stamani in carcere dinanzi al gip Maurizio Saso e al fianco del suo avvocato Vito Epifani. Salvatore Papadonno, 48 anni, arrestato su ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dal pm Milto Stefano De Nozza ed eseguita da carabinieri e dai suoi colleghi della penitenziaria.

BRINDISI - Ha confessato l’agente di custodia “pusher”, ha ammesso gli addebiti stamani in carcere dinanzi al gip Maurizio Saso e al fianco del suo avvocato Vito Epifani. Salvatore Papadonno, 48 anni, arrestato su ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dal pm Milto Stefano De Nozza ed eseguita da carabinieri e dai suoi colleghi della penitenziaria. Secondo quanto gli viene contestato portava in carcere ai detenuti dosi di cocaina e di hascisc. Lo faceva in particolar modo durante il turno di notte. Stamani l’interrogatorio in carcere anche per gli altri due presunti complici, Aldo Cigliola, 42 anni e Vito Braccio, 33 anni, tutti di Brindisi, difesi dall’avvocato Ladislao Massari, che hanno invece negato di aver avuto ruolo di “procacciatori” di sostanza. Nella sua lunga confessione, Papadonno, avrebbe inoltre escluso ogni forma di responsabilità relativamente a Cigliola, che – a quanto riferito – sarebbe stato contattato solo nel tentativo di trovare degli “agganci” per individuare pusher da cui acquistare la sostanza.

Nel provvedimento cautelare vi sono infatti alcuni episodi in cui Papadonno si rivolge a Cigliola, nei pressi della sua pizzeria al Paradiso, chiedendogli una mano. Papadonno avrebbe altresì confermato quanto rilevato da pm e gip, ovvero di essere: “dedito costantemente al consumo di sostanza stupefacente, ma che acquista per conto terzi”. Sarebbe proprio questa la ragione dell’attività di spaccio messa in atto in un luogo ritenuto presidio di legalità. Ha anche spiegato, Papadonno, di aver nel frattempo interrotto ogni tipo di contatto con ambienti legati alla cessione degli stupefacenti, oltre che di aver smesso di farne uso.

Sui fatti in questione sono tuttora in corso indagini. L’ordinanza è infarcita di omissis. Vi è poi un’altra circostanza da valutare, al momento non contestata a Papadonno: a quanto emerso egli avrebbe anche divulgato informazioni riservate sulla modalità di installazione e di funzionamento delle “cimici” all’interno della casa circondariale di Brindisi. Tra le intercettazioni c’è la seguente. Una persona gli dice: “Là non puoi parlare, sta pieno di microspie dentro”. Risponde: “Noo, dentro la sala colloqui. Mo ti spiego. Hanno tolto i vetri, la procura non è più che li mettevamo noi, che salivamo sopra che stava lo sgabuzzino, adesso tutto direttamente in wireless. La procura accende e spegne, noi non sappiamo, nemmeno noi non sappiamo quando accende e spegne”.

“Con l’antenna – prosegue – hai capito? E funziona. L’unica cosa che sappiamo che quando mette in moto il motorino, c’è una cazzo di cosa, una scatola che fa aria. E sappiamo quando è caldo che sta funzionando”. Sarebbe stata rivelazione del segreto di ufficio qualora vi fosse stata prova che l’agente di custodia avesse svelato il meccanismo ai detenuti. Potrebbe trattarsi solo di millanteria, ma si tratta comunque di un’informazione utile a tratteggiare il profilo della guardia carceraria che “dovrebbe vantarsi di essere un appartenente alla polizia penitenziaria, dal fare rigoroso, duro, irreprensibile, non di essere solito fare favori ai detenuti”.

Per i magistrati l’agente penitenziario è “un appartenente alle forze di polizia che disonora la divisa che indossa, incapace a rappresentare lo Stato italiano per essere i suoi comportamenti tipici di un agire criminale”. “Sarebbe già estremamente grave – scrive il gip - se fossero i famigliari a consegnare ai loro cari sostanza stupefacente, ma se tale condotta è tenuta da chi deve operare affinché ciò non accada, allora il sistema collassa e il detenuto percepisce il rappresentante dello Stato non come un suo antagonista, ma come un suo complice”.

 

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