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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

"Gulliver", la sofferenza psichiatrica vinta dall'amore per la vita

"La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla." E' da questo pensiero di Franco Basaglia, eminente psichiatra e neurologo italiano, che nasce la sfida dell'associazione Gulliver 180 di Brindisi

BRINDISI -  “La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla.” E’ da questo pensiero di Franco Basaglia, eminente psichiatra e neurologo italiano, che nasce la sfida dell’associazione Gulliver 180 di Brindisi. Il richiamo al famoso personaggio di Jonathan Swift non è casuale. Gulliver era un medico errante che, nei suoi viaggi avventurosi, scoprì mondi differenti da quelli che aveva osato immaginare.

Analogamente, sono tante le persone erranti, all’interno della nostra società, che riportano mondi originali, difficili da vivere e per questo, troppo spesso, abbandonati a sé stessi. Sono passati secoli da quando il disagio mentale veniva considerato qualcosa di soprannaturale, qualcosa da cui fuggire, e sono passati solo pochi decenni da quando nella nostra Puglia le donne, che soffrivano e manifestavano fisicamente il proprio dolore, venivano curate con salassi e suoni ritmici, diventati poi i tratti distintivi della taranta, che oggi assume tutt’altro significato.

Le epoche storiche si susseguono ma alcuni tratti permangono, come la paura del “diverso”, del “sofferente”, facendoci dimenticare che la natura, nella sua universalità, si manifesta in modi che dovremmo sforzarci di comprendere e accettare. Benito Giglio, socio della cooperativa “Gulliver 180”, parla di questa  associazione nata nel 2007 per riunire le famiglie che hanno incontrato il disagio psichico. Il tono è caldo e pacato, descrive situazioni difficili rese inaccettabili dalla difficoltà di accedere ai servizi adeguati per trattare quadri definiti genericamente come “psicotici”.

La malattia mentale, che d’ora in poi chiameremo disagio, viene vista come uno spettro inaccettabile e l’antico stigma del “pazzo” permane ancora nell’inconscio collettivo, troppo impaurito per affiancare il disagio mentale alle classiche malattie somatiche, ben più accettate. La disabilità non deve far paura, afferma Benito: chi assiste un familiare in difficoltà esprime un gesto d’amore, valicando anche i preconcetti più diffusi.

La manifestazione di sabato 22 novembre serve appunto a sensibilizzare la cittadinanza, ad aiutare le famiglie colpite ad uscire dal cono d’ombra in cui si rischia di finire. Servono interventi concreti per aiutare i sofferenti e le famiglie affinché non si ammalino anche loro, nel gestire malattie che, socialmente, devono esser paragonate a tutte quelle di cui non ci si vergogna.

Gulliver 2-3-2A Brindisi esistono dei centri riabilitativi diurni, ma da soli non bastano. Le famiglie devono esser guidate ed aiutate nell’integrazione della riabilitazione che il paziente riceve. Servono servizi ed informazione per affrontare il disagio, conclude Benito Giglio, bisogna esser attenti ai segni premonitori, ai piccoli comportamenti “curiosi” delle persone a noi care, e poi rivolgersi ai servizi territoriali per intervenire prontamente. 

In effetti, il disagio mentale rimane qualcosa di ancora molto temuto. Di qualsiasi natura esso sia, nevrotico o psicotico, si tende generalmente a sottostimare la portata di certi comportamenti, arrivando sino alla negazione del problema stesso. Le stime sono chiare: una percentuale oscillante tra l’8% e il 10% della popolazione affronta nella sua vita un qualunque tipo di disagio psichico. Tale cifra, comunque, si pensa che sia largamente sotto stimata, data la difficoltà nell’effettuare queste diagnosi. Studi internazionali alzano la soglia, arrivando addirittura ad affermare che circa il 20-25% della popolazione, in età superiore ai 18 anni, ha accusato almeno una volta una sofferenza psicologica clinicamente significativa. 

Partendo da questi numeri, ci si rende conto di come questi piccoli grandi processi psicologici facciano parte del Dna umano, ragion per cui appare poco intelligente trattarli o ridurli a stigma sociale. Si rischia di tornare indietro ai tempi delle persecuzioni contro le streghe! Provocatoriamente, i neuropsichiatri Peregrini e Abraham hanno pubblicato un libro dal titolo “Ammalarsi fa bene”, in cui incoraggiano la presa di coscienza della malattia come prima cura per non farsi dominare dalla sofferenza stessa. Mascherare ciò che non va è il risultato della propria fragilità, voler appartenere forzatamente a un gruppo fittizio che ostenta sanità, bellezza e perfezione.

Il messaggio che oggi la cooperativa “Gulliver 180” vuol dare, è proprio questo: sorridere davanti alle difficoltà e fare rete per affrontare nel migliore dei modi un’eventualità che può esser affrontata e vinta grazie al coraggio dell’amore per la vita.

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