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Cronaca

L'equipaggio dimenticato non molla

BRINDISI - C’è ancora qualche scatola di pasta e di piselli sottovuoto e pure qualche cialda di caffè espresso. La vita scorre lenta a bordo di una nave deserta che non fa più da mesi la spola tra l’Albania e l’Italia, a causa di un groviglio di problematiche amministrative e non, che non consentono ai 26 membri dell’equipaggio di scendere e di mettersi in viaggio per riabbracciare le proprie famiglie.

BRINDISI - C’è ancora qualche scatola di pasta e di piselli sottovuoto e pure qualche cialda di caffè espresso. La vita scorre lenta a bordo di una nave deserta che non fa più da mesi la spola tra l’Albania e l’Italia, a causa di un groviglio di problematiche amministrative e non, che non consentono ai 26 membri dell’equipaggio di scendere e di mettersi in viaggio per riabbracciare le proprie famiglie.

Con un panettone e una bottiglia di spumante, attorno ai tavolini imbanditi della sala bar della IonianSpirit, i marittimi stranieri che restano a bordo per difendere i propri stipendi hanno festeggiato il Natale. Il comandante Nicolas Lygizos è greco. Poi c’è un ingegnere, l’ufficiale di macchina Farrag Morris che è egiziano così come altri suoi colleghi. Altri sono montenegrini, albanesi, rumeni e ghanesi. Il solito equipaggio multirazziale della maggior parte delle navi in giro per il mondo.

“Ora abbiamo bisogno di aiuto”, ripetono. “Siamo senza soldi”, incalzano. C’è chi ha due o tre figli da sfamare, a casa. Tutti hanno una storia di raccontare. Ognuno di loro parla la propria lingua, solo alcuni comunicano in inglese. Sono diversi per origine e per religione, non per tutti il 25 dicembre è una data speciale. Per gli ortodossi, ad esempio, Natale sarà agli inizi di gennaio, tra qualche giorno, quando sperano che la questione sia finalmente risolta.

Gli arredi della nave sono nuovi, solo un po’ impolverati. Le sedie accatastate, i bar chiusi, le cucine anche, tranne quelle di servizio. Il frigorifero è vuoto. Il tempo trascorre, la polvere si accumula sulla moquette. E la sensazione è che le lancette dell’orologio si siano improvvisamente bloccate, come in un naufragio. Non c’è stata nessuna tragedia, invece. I passeggeri sono scesi dalla Ionian Spirit l’ultima volta il 17 settembre scorso.

Poi nelle ampie stanze in cui si attende che trascorrano le ore di traversata è calato il silenzio. Il traghetto ha subito un pignoramento, intoppo che ha impedito per la prima volta la ripartenza. Poi si sono accumulate altre problematiche amministrative che ancora oggi impediscono alla nave di prendere il largo. I marittimi non la abbandonano, perché non vengono pagati da tre mesi e sanno bene che toccare terra significherebbe probabilmente complicare le cose nella rivendicazione delle spettanze.

Quindi aspettano, a bordo. Hanno una Playstation e alcuni videogames. C’è più di un joystick, cosicché possono gareggiare fra loro. C’è poi un pappagallino verde, che è una sorta di portafortuna e che vola sulla spalla degli uomini dell’equipaggio, la sua famiglia. I giorni passano così, tra un pranzo e una cena. Ore vuote, senza nulla da dover fare.

Fra qualche giorno sarà emergenza. Quando finiranno le scorte di carburante e non vi sarà più energia elettrica. A quel punto non si potrà più cucinare e la nave non potrà essere riscaldata. Le riserve di cibo, poi, stanno per terminare. Il Natale è andato, con i panettoni gentilmente offerti dall’Autorità portuale, dalla Capitaneria di Porto e da qualche imprenditore brindisino.

Ora c’è Capodanno. La Ionian Spirit è a due passi dalla città illuminata e dalle strade che brulicano di gente a spasso. In Italia c’è la crisi, lassù c’è la disperazione. I marittimi hanno brindato, avevano da augurarsi qualche sviluppo confortante della loro triste storia. Nulla però è ancora accaduto, nonostante l’impegno dell’agente marittimo, Franco Aversa e della Capitaneria di porto.

L’armatore, a quanto sembra, deve versare una cifra pari a 200mila euro per i compensi dei ventisei uomini che non possono neppure più acquistare le ricariche telefoniche, né potrebbero permettersi un biglietto per il ritorno in patria. E’ un caso internazionale quello che si è venuto a creare a Brindisi, nel Seno di Levante. La Caritas si è mobilitata, anche il Welfare della gente di mare. E’ però tutto ancora fermo e immobile, proprio come le acque del porto interno.

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