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Cronaca

“Uccisi per lanciare un messaggio alla comunità”: gli efferati omicidi di Cairo e Spada

La vicenda di Salvatore Cairo sovrapponibile a quella della testimone di giustizia Lea Garofalo, vittima innocente della mafia. La ricostruzione di due atroci crimini di cui dopo 22 anni la Squadra Mobile di Brindisi e la Dda di Lecce hanno individuato i presunti responsabili, accusati di aver agito con l’aggravante del metodo mafioso

BRINDISI – L’omicidio di Salvatore Cairo come quello di Lea Garofalo: uccidere e fare a pezzi un cadavere facendolo sparire dalla faccia della terra, per lanciare un messaggio forte e chiaro alla comunità. E’ il pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza, a fare un parallelismo fra il delitto dell’imprenditore brindisino e quello della testimone  di giustizia italiana, vittima innocente della ‘ndrangheta nel novembre 2009. L’accostamento fra i due efferati crimini è uno degli elementi alla base della contestazione dell’aggravante del metodo mafioso ai fratelli brindisini Cosimo, 57 anni, ed Enrico Morleo, 56 anni, da ieri (giovedì 3 marzo) sottoposti a fermo di indiziato di delitto dello stesso pm per gli omicidi di Salvatore Cairo e Sergio Spada. Le modalità da film dell’orrore con cui fra il maggio 2000 e il novembre 2001 furono ammazzati i due imprenditori sono state ricostruite a più di 20 anni di distanza dai poliziotti della Squadra Mobile di Brindisi diretti dal vicequestore Rita Sverdigliozzi. A far luce sui due casi irrisolti è stato lo stesso team investigativo che all’epoca dei fatti afferrò il contesto in cui maturarono i crimini, senza però trovare solidi indizi a carico dei presunti responsabili. Questo a causa della “straordinaria impermeabilità”, si legge nel provvedimento di fermo, con cui la famiglia Morleo gestiva i propri affari, “avvalendosi dei soli consanguinei”. (Nelle foto in basso, Rita Sverdigliozzi e Milto De Nozza)

Rita Sverdigliozzi-3 Milto Stefano De Nozza

A squarciare un velo di omertà che resisteva da 22 anni sono state le rivelazioni di Massimiliano Morleo, fratello dei due indagati, diventato collaboratore di giustizia nei mesi scorsi. A partire dalla testimonianza resa da Morleo nel settembre 2021, gli investigatori, grazie a una serie di ulteriori accertamenti, sono venuti a capo di quelli che “senza timore di smentita – scrive il pm – possono dirsi tra i più efferati omicidi commessi nel territorio della città di Brindisi”.

Spada e Cairo era noti per la loro attività di “padellari”. Così all’epoca venivano definiti gli imprenditori attivi nel settore dei casalinghi. I due si sono “affiancati sino ad intersecarsi con la famiglia Morleo e da quell’interscambio, in cui si sono miscelati interessi economici e potere criminale, sono stati inevitabilmente annientati”. 

Il delitto Cairo

Salvatore Cairo, da quanto accertato dagli inquirenti, fu ucciso il 6 maggio 2000 all’interno della sede de “Il Fuocolare”, una ditta di fatto riconducibile a Cosimo Morleo situata presso il medesimo piazzale in cui operava anche la Mc Europe, altra azienda di fatto riconducibile a Cosimo Morleo. Sarebbe stato Enrico Morleo, su mandato del fratello Cosimo, ad ammazzare l’imprenditore 36enne all’interno di un locale utilizzato come deposito di legna, colpendolo ripetutamente con un coltello. Successivamente, dopo aver indossato una tuta bianca e dopo aver spostato il cadavere in una zona non visibile dalla strada principale, alla luce del giorno avrebbe sezionato il corpo con una motosega a scoppio, per poi bruciare le parti all’interno di un bidone di acciaio. Infine avrebbe dilavato la scenda del crimine con un detergente di cui precedentemente aveva fatto provvista e avrebbe disperso i resti e le cenere in un luogo sconosciuto.

Salvatore Cairo(1)-2

Fu, insomma, un caso di lupara bianca. Quel giorno, per tutto il giorno, la moglie di Cairo tentò in vano di contattare telefonicamente il marito, che fra le 9,45 e le 10:15 era stato visto da un amico da cui si era recato per acquistare un piumone ed un lenzuolo. Si presume che da lì Cairo si fosse successivamente diretto presso la Mc Europe per acquistare una fornitura di pentole, alla guida della sua Volvo V70. L’auto venne rinvenuta quattro giorni dopo nelle campagne di Torchiarolo, parzialmente bruciata all’interno. Nell’abitacolo fu recuperata una tanica di benzina e la stessa fornitura di pentole che la vittima avrebbe acquistato nella sede della Mc Europe, prima di essere barbaramente ucciso. 

L’omicidio di Sergio Spada

Il cadavere di Sergio Spada fu invece ritrovato la mattina del 20 novembre 2001 in un’area di servizio in disuso situata sulla circonvallazione di Brindisi, all’altezza del rione Sant’Elia. Anche questo delitto sarebbe stato compiuto materialmente da Enrico Morleo, sempre su mandato del fratello Cosimo. In particolare Enrico Morleo, la sera del 19 novembre, si sarebbe appostato nei pressi dell’abitazione di Spada e si sarebbe introdotto all’interno del veicolo condotto dal 46enne, fermo davanti al cancello elettrico, in procinto di aprirsi. Spada rientrava a casa dopo una giornata di lavoro. Pochi minuti prima, intorno alle ore 20:20, aveva accompagnato il padre a casa. La moglie, alle 20:30, nel rincasare, notò una persona che con fare sospetto s aggirava all’esterno della sua abitazione. Alle 20:40 sentì il suono del cancello automatico. Era convinta che il marito stesse imboccando con l’auto il viale di accesso. In realtà Spada, presumibilmente sotto la minaccia di un’arma, fu costretto a dirigersi verso la superstrada Brindisi-Lecce, direzione Lecce, e una volta arrestata la marcia nel distributore di benzina in stato d’abbandono, fu ucciso con un colpo di arma da fuoco esploso a distanza ravvicinata (non superiore ai 30-40 centimetri circa) da una semiautomatica calibro 9. Il proiettile trapassò la nuca, senza lasciargli scampo. 

Le rivelazioni di Morleo e il testimone oculare

Gli investigatori all’epoca capirono subito che fra i due delitti ci fosse un collegamento, ma mancavano delle tessere. Il mosaico è stato ricomposto a 22 anni di distanza, grazie all’input arrivato da Massimiliano Morleo. Questi, attualmente sottoposto a programma di protezione, il 3 settembre 2021 riferì alla Dda di Lecce di poter fornire indicazioni utili per la ricostruzione dei due omicidi, indicando nei fratelli Cosimo ed Enrico i responsabili: il primo per averli voluti e programmati; il secondo per averli eseguiti. Sarebbe stato lo stesso Enrico a parlare al fratello del suo coinvolgimento nei due delitti. 

Per quanto riguarda l’omicidio di Cairo, un solido riscontro è stato trovato nelle dichiarazioni di un testimone oculare. Si tratta di un uomo, 18enne epoca dei fatti. Questi, ascoltato dagli inquirenti lo scorso gennaio, disse di aver visto il corpo insanguinato dell’imprenditore riverso sul pavimento del gabbiotto dell’azienda il Fuocolare (adiacente alla Mc Europe) ed al suo fianco Enrico Morleo, “in piedi con un coltello in mano”. Vicino al cadavere ci sarebbe stata anche una motosega. A quel punto Enrico Morleo avrebbe minacciato il ragazzo, dicendogli: “Se parli ti uccido o ti rendo complice”. Temendo per la sua vita, l’uomo ha mantenuto il silenzio su quella terribile scena fino a quando la compagna, 22 anni dopo, una volta saputa la verità, non lo ha convinto a parlare.

Sopralluogo omicidio Salvatore Cairo-2

Riguardo all’omicidio Spada, invece, Massimiliano Morleo, da quanto riferito agli investigatori, la sera del 19 novembre 2001 si sarebbe recato nei pressi del cosiddetto incrocio della morte (la rotatoria all’imbocco della strada statale 7 per Taranto) insieme al fratello Cosimo, che gli avrebbe indicato il cadavere di un uomo riverso al limite del piazzale del distributore di benzina abbandonato. Solo il giorno dopo capì che si trattava del cadavere di Sergio Spada. Successivamente Enrico gli avrebbe detto di essersi introdotto nella vettura dell’imprenditore e di aver fatto “quello che doveva fare”, ossia ucciderlo con “un colpo di pistola alla testa”, in cambio di una somma tra i 50 e i 60mila euro che gli era stata promessa da Cosimo. Ma alla fine il 56enne avrebbe ricevuto appena 5mila euro. 

Le preoccupazioni di Enrico Morleo

Inconsapevolmente è stato proprio Enrico Morleo (foto in basso) a contribuire alla chiusura del cerchio investigativo. Dopo aver appreso dell’avvio della collaborazione con la giustizia da parte di Massimiliano, il 56enne non nasconde la sua preoccupazione. In alcune conversazioni intercettate dalla Squadra mobile, l’indagato manifesta profonda inquietudine. Enrico teme che la rivelazioni del fratello possano spalancargli le porte del carcere e che gli investigatori possano rintracciare un uomo in particolare: presumibilmente il testimone oculare dell’omicidio di Cairo.

Enrico Morleo-3

Agli atti sono finiti anche dei dialoghi in cui Morleo, secondo gli investigatori, farebbe riferimento al fatto che Massimiliano “non era neanche presente” all’esecuzione del delitto e per questo possa essere ritenuto inattendibile. Angosciato dall’idea di poter finire a lungo in carcere, Enrico parla di un sogno in cui sembra aver rivissuto la scena della brutale uccisione di Salvatore Cairo. La polizia intercetta inoltre delle conversazioni da cui si desume che Enrico sia stato invitato da un congiunto ad accollarsi tutte le responsabilità dei delitti, a tutela del fratello Cosimo. 

Il movente

La Mobile, però, non nutre dubbi sul pieno coinvolgimento di quest’ultimo, ritenuto il mandante di entrambi gli omicidi. Il movente, sulla base anche di quanto riferito da Massimiliano Morleo, va ricercato “in ragioni di carattere lato sensu commerciale: eliminando entrambi gli imprenditori – si legge nel provvedimento di fermo – il fratello Cosimo avrebbe operato nella distribuzione degli articoli per la casa in regime di monopolio”. Questo perché le attività di Spada e Cairo si intersecavano con quelle della famiglia Morleo. (Nella foto in basso, Cosimo Morleo)

Cosimo Morleo-2

Cairo sarebbe stato assassinato “perché ritenuto responsabile di un ammanco di diversi milioni di lire commesso ai danni della Golden Star (società attiva nel commercio di articoli per la casa, di fatto riconducibile a Cosimo Morleo ed allo stesso Salvatore Cairo, liquidata a causa di tale evento), nonché responsabile di aver violato, costituendo la società Indoor Srl, l’obbligo conseguentemente impostogli da Cosimo Morleo di non svolgere una autonoma attività di distribuzione all’ingrosso di articoli per la casa ma solo ed esclusivamente, quella di vendita ‘porta a porta”.

Spada invece sarebbe stato ucciso “perché ritenuto responsabile, da Cosimo Morleo, di essersi ingerito nel rapporto di esclusiva che legava la Mc Europe (società distributrice di articoli per la casa, di fattto riconducibile a Cosimo Morleo) alle società ‘Tutto Srl’ e ‘Inox Pran’ nonché perché ritenuto responsabile di aver stipulato un preliminare di compravendita con il legale rappresentante della Indoor, avente ad oggetto l'acquisto del capannone di tale società, già acquistato da Cairo e per il quale aveva manifestato interesse Cosimo Morleo”. Tale capannone, fra l’altro, poi sarà oggetto di danneggiamento ad opera di ignoti dopo la morte di Spada.

Il metodo mafioso

Si tratta dunque di atroci delitti commessi, secondo la Dda, con metodo mafioso. Il Pm De Nozza rimarca come la vicenda di Cairo sia sovrapponibile a quella di Lea Garofalo, testimone di giustizia i cui resti sono stati trovati a Milano, abbandonati in un tombino, tre anni dopo la sua scomparsa. Anche Salvatore Cairo, infatti, “non doveva essere semplicemente ucciso – come scrisse la Corte di Cassazione riguardo all’omicidio di Lea Garofalo – doveva essere ‘tolto dalla faccia della terra’”. “In questa direzione – si legge nel provvedimento di fermo – si orienta tutta la fase esecutiva del suo omicidio, dalla uccisione con il coltello (morte di per sé di violenza inaudita), alla dissezione del cadavere fino alla dispersione delle ceneri dopo che il cadavere era stato dato alle fiamme”. La ragione di questo gesto: “Punire un socio (la compagna nel caso della Lea Garofalo) che aveva osato fare una scelta di libertà, vale a dire sottrarsi al vincolo imposto dalla famiglia Morleo”. 

Nello stesso contesto rientra anche l’omicidio di Spada, “prelevato dalla sua abitazione con modalità che richiamano quelle tipicamente utilizzate da killer professionisti al soldo delle associazioni criminali, ucciso ed abbandonato per strada per far ‘intendere e percepire’ alla comunità quale potesse essere la forza criminale della famiglia Morleo”. 

Entrambi gli indagati sono ristretti presso la casa circondariale di Brindisi. Oggi, 4 marzo, alle 13, assistiti dai propri avvocati (Luca Leoci difende Cosimo Morleo e Giacinto Epifani difende Enrico Morleo), si sono presentati davanti al gip, Vilma Gilli, nell'ambito dell'interrogatorio di convalida del fermo, avvalendosi della facoltà di non rispondere (leggi l'articolo sull'interrogatorio). 

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