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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Minacce agli inquirenti, le reazioni

BRINDISI - Un velo di inquietudine cala su Brindisi, una fitta nebbia densa di interrogativi. E’ vero, non è la prima volta in assoluto che le minacce viaggiano via posta e nell’agghiacciante forma di proiettili calibro 7,65, corredate di “promesse” per nulla rassicuranti per i destinatari, per le rispettive famiglie.

BRINDISI - Un velo di inquietudine cala su Brindisi, una fitta nebbia densa di interrogativi. E’ vero, non è la prima volta in assoluto che le minacce viaggiano via posta e nell’agghiacciante forma di proiettili calibro 7,65, corredate di “promesse” per nulla rassicuranti per i destinatari, per le rispettive famiglie. Ma quanto accaduto stavolta è ancor più grave rispetto al passato. Perché a verbale ci sono fiumi di dichiarazioni di pentiti che tratteggiano la nuova Sacra corona unita, perché molto da allora è cambiato in provincia di Brindisi.

Nel 2010 una busta con tre proiettili calibro 7,65 furono indirizzate al pm Milto Stefano De Nozza all’epoca al timone di inchieste e dell’accusa in processi per mafia come Berat Dia e Canali, che coinvolgevano rispettivamente i clan Bruno di Torre Santa Susanna e Brandi di Brindisi, e tutto appariva più spiegabile, sebbene non sia mai stato accertato il mittente, né le sue ragioni.

Nei giorni scorsi, mercoledì per la precisione, altre due buste partono da un indirizzo ignoto, dirette a Brindisi. Vengono bloccate presso il centro di smistamento delle Poste di Modugno e consegnate ai carabinieri. Quattro i destinatari: Milto Stefano De Nozza, ancora una volta, il sostituto procuratore che ha firmato decine di inchieste come applicato alla Dda e che da qualche tempo si occupa oltre che di criminalità anche di pubblica amministrazione e poi tre poliziotti, il capo della Mobile, il vicequestore Alberto Somma, il responsabile della sezione antirapina, Giancarlo Di Nunno e il sovrintendente Annibale Cucci.

Sono i giorni in cui il processo Berat Dia è approdato dinanzi alla Corte d’Appello di Lecce. L’udienza del 18 ottobre è stata rinviata all’8 novembre. In primo grado, nell’aula Metrangolo del tribunale di Brindisi, aveva risposto alle domande di De Nozza il pentito Giuseppe Passaseo che aveva parlato di mafia e politica, con riferimento anche al ruolo del consigliere comunale Massimiliano Oggiano per cui è stata pronunciata una sentenza assolutoria che è stata oggetto di appello da parte del pubblico ministero.

Sono i giorni in cui l’auto della sorella di Passaseo va a fuoco in un incendio doloso. Il Caffè Monik di via Sant’Angelo, di proprietà del fratello di Passaseo, viene preso a bersaglio da qualcuno che nella notte spara due fucilate. Poi la gambizzazione di Enrico Colucci, 59 anni, imputato nel processo Berat Dia.

Il risveglio, per la città di Brindisi, negli ultimi tempi non è mai senza ‘brivido’. I due fori sulla saracinesca, il puzzo di bruciato e la cenere attorno alle autovetture. Il piombo usato per comunicare, per affermare verità su cui si possono solo fare congetture, oltre che approfondimenti investigativi.

Il procuratore capo della Dda, Cataldo Motta, in una delle ultime conferenze stampa in cui si annunciavano arresti in odore di Sacra corona unita, aveva fatto proprio riferimento agli incendi auto come novella metodologia di comunicazione della Scu. Oggi ha parlato di criminalità organizzata come soluzione più probabile dell’enigma.

Quello che è di più ardua interpretazione è cosa leghi, quale attività passata, presente o futura, le quattro persone coinvolte. Alberto Somma è dallo scorso anno il dirigente della Mobile che lavora naturalmente a stretto contatto con la procura di Brindisi ma che non ha ultimamente dato esito a inchieste coordinate da De Nozza. Di Nunno è figura storica della questura brindisina, impegnato nell’Antiracket e nell’Antirapina, così come anche Annibale Cucci che lavora in quella sezione.

De Nozza è il presidente della sottosezione di Brindisi dell’Associazione nazionale magistrati, in campo su più fronti. Dai macroscopici illeciti edilizi con commistioni con la pubblica amministrazione, gli appalti dell’affaire Francavilla Fontana, i processi per mafia, il caso Morvillo Falcone, la corruzione e i rapporti con la politica. Ha vissuto sotto scorta per anni, dal 2006 fino al luglio scorso. La tutela gli è stata poi revocata, per ragioni mai divenute di pubblico dominio.

E’ ancora sotto tiro, stavolta non lo è in tutta solitudine, ma tale considerazione non fa che rendere ancora più preoccupante la situazione. Le minacce alle istituzioni erano pane quotidiano negli anni di fuoco della Scu. Oggi appaiono anacronistiche, ma proprio per questo, hanno un significato cupo, sono fotografia di una provincia che cerca di liberarsi degli spettri del passato e che vista dall’esterno probabilmente ci è riuscita, su molti fronti.

Ma il cui sostrato culturale e sociale resta probabilmente ancorato, in alcuni ambienti, a fenomeni sempre identici a se stessi. A consuetudini che gli anni di carcere, il via vai dalle celle di case circondariali e penitenziari, non riescono a debellare. Ignorare, sminuire, pensare che tutto sia “fisiologico” non aiuta. Non parlarne non serve. Non cercare soluzioni è folle. Due procure indagano, la prefettura e il ministero degli Interni valuteranno quali contromisure adottare.

C’è chi sostiene che sia solo l’azione di imbecilli a caccia di pubblicità. Il procuratore Motta non è del medesimo avviso. Ad ogni modo si lavora e per fortuna la coscienza della classe politica su temi come giustizia e legalità si risveglia.

Arriva la solidarietà del sindaco e dell’amministrazione comunale, che rappresentano la città: “Siamo convinti che simili atti non interromperanno in nessun modo il lavoro di affermazione dei principi di legalità e di giustizia che i magistrati e le forze dell’ordine compiono brillantemente ogni giorno nel nostro territorio” scrive Mimmo Consales.

Quella di un parlamentare di Sel, Toni Matarrelli: “Il messaggio minatorio indirizzato al magistrato De Nozza e ai poliziotti Somma e Di Nunno e ad un altro ancora in forza alla questura di Brindisi copre la già tesa atmosfera dell'ordine pubblico nel capoluogo brindisino di una ulteriore ombra ascrivibile alla criminalità organizzata. Perché, se la matrice dell'attentato è ancora formalmente da identificare, certamente mafioso è il metodo scelto da chi tenta, dall'ombra, di inibire o deviare l'attività degli inquirenti”.

“Sono a conoscenza del prezioso impegno condotto da questi uomini e dai molti altri servitori dello Stato presenti nel nostro territorio. Mi schiero perciò, fuor di retorica, al loro fianco: nelle prossime ore solleciterò il neoeletto vicepresidente della Commissione Antimafia Claudio Fava ad indirizzare una maggiore e concreta attenzione verso le intricate vicende della nostra provincia”, conclude Matarrelli.

E anche dal centrodestra la ferma condanna del coordinatore provinciale del Pdl, Luigi Vitali, ex sottosegretario alla Giustizia e parlamentare: “Siamo certi che nulla di simile impedirà ai magistrati e alla polizia di proseguire nel proprio lavoro, e ci auguriamo che presto le indagini diano un nome e un volto agli autori del gesto”.

Le pallottole sono sottoposte a sequestro, insieme alle due lettere il cui contenuto nel dettaglio è coperto, come comprensibile, dal massimo riserbo. Domande ce ne sono a iosa. Ora si attendono risposte sullo stato di salute della legalità in terra di Brindisi.

 

 

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