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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

"Mio cognato Bullone vuole incastrarmi per guadagnare la sua libertà"

BRINDISI - Giuseppe Tedesco prende la parola di fronte alla corte d’assise di Brindisi chiamata a giudicare le verità del cognato Vito Di Emidio, in arte Bullone. Sulla scorta di quelle verità, tutte ancora da dimostrare, il 12 maggio 2008 finirono in manette con l’accusa di omicidio oltre a Tedesco anche Pasquale Orlando e Daniele Giglio. L’ipotesi che grava su i tre imputati è di aver ucciso Leonzio Roselli e Giacomo Casale, l’efferato duplice omicidio consumato per vendette intestine fra i clan della Scu nel lontano maggio 1996. Tedesco è accusato dal cognato anche dell’omicidio di Giuliano Maglie, avvenuto nel giugno 1999 a Bar, in Montenegro. I resti di Maglie, ritrovati sulla scorta delle indicazioni del collaboratore di giustizia, sono stati sottoposti recentemente ad analisi genetica, il Dna ha confermato che si trattava di Maglie.

BRINDISI - Giuseppe Tedesco prende la parola di fronte alla corte d’assise di Brindisi chiamata a giudicare le verità del cognato Vito Di Emidio, in arte Bullone. Sulla scorta di quelle verità, tutte ancora da dimostrare, il 12 maggio 2008 finirono in manette con l’accusa di omicidio oltre a Tedesco anche Pasquale Orlando e Daniele Giglio. L’ipotesi che grava su i tre imputati è di aver ucciso Leonzio Roselli e Giacomo Casale, l’efferato duplice omicidio consumato per vendette intestine fra i clan della Scu nel lontano maggio 1996.  Tedesco è accusato dal cognato anche dell’omicidio di Giuliano Maglie, avvenuto nel giugno 1999 a Bar, in Montenegro. I resti di Maglie, ritrovati sulla scorta delle indicazioni del collaboratore di giustizia, sono stati sottoposti recentemente ad analisi genetica, il Dna ha confermato che si trattava di Maglie.

“Vito Di Emidio mi accusa solo per dare credibilità alle sue dichiarazioni, signor presidente. Accusare il marito di sua sorella fa gioco alla sua strategia, quella che gli permette di restare libero malgrado tutti gli omicidi. Ha cercato di convincere anche me, in ogni modo, con le offerte e con le minacce, a fare lo stesso. Ma io non posso incollarmi cose che non ho fatto. Io sono stato contrabbandiere, rapinatore, ho portato i clandestini dal Montenegro in Italia, lo ammetto. Ma queste cose brutte che lui dice io non le ho fatte signor giudice. Se mi fossi incollato gli omicidi come voleva Vito Di Emidio, a quest’ora sarei libero come lui, e invece sto qua dentro rischiando quello che rischio”.

Ma quel che dice Bullone non è oro colato. Giuseppe Tedesco, rispondendo alle domande dei legali Alessandro Longo e Vito Epifani, ha rovistato nei ricordi di quel passato remoto per dimostrare che Bullone il furbo, Bullone il doppio, Bullone il killer più sanguinario della Scu, mente. Prendendosi gioco della magistratura e mandando in carcere degli innocenti. Intanto – afferma Tedesco – non esistono riscontri alle rivelazioni sul duplice omicidio Roselli-Casale, ma anche (forse soprattutto) perché il giardino dove sono stati ritrovati i resti di Maglie non c’entra con il posto in cui Tedesco si trovava, latitante, insieme alla moglie Angela, il posto insomma dove avevano ospitato Maglie in fuga da Brindisi per sfuggire a un mandato di cattura.

Di Emidio sostiene che la sorella e il cognato vivevano in una villa, e che il corpo della giovane vittima di lupara bianca fu seppellito nel giardino di quella villa stessa. Nell’esame di ieri Tedesco ha dimostrato, citando uno ad uno il nome dei coinquilini dell’epoca – “tutti brindisini nei guai con la giustizia” – che non si trattava di una villa ma di un palazzo, un condominio a tre piani.  E che non c’erano giardini o cortili di pertinenza del palazzo, “solo cemento”. Il dettaglio potrebbe fare la differenza. Ma a conforto delle dichiarazioni di Bullone, a carico di Tedesco ci sono anche le intercettazioni risalenti al 2003 nel carcere di Sulmona, dove il ragazzo di Sant’Elia era detenuto per contrabbando.

“Queste intercettazioni – ha affermato Tedesco - sono riportate a metà signor giudice, è stato trascritto solo una parte del tutto, e così ogni interpretazione è possibile. E’ l’ennesimo tranello nel quale Domenico Di Emidio, fratello di Vito, ha tentato di farmi cadere, lui sapeva che eravamo intercettati e dopo un po’ l’ho capito anch’io. Mi chiedo soltanto: se il procuratore Cataldo Motta sapeva tutte queste cose già dal 2003, perché ci ha fatti arrestare solo nel 2008, cos’è cambiato in questi anni?”.

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