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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Morte del contrabbandiere, Forleo e gli altri poliziotti in Cassazione

BRINDISI – Approda in Cassazione il processo per la morte del contrabbandiere Vito Ferrarese, scafista brindisino morto la notte del 14 giugno del 1995 sotto il fuoco partito da un elicottero della polizia, poco al largo di Brindisi. Una vicenda che fece tremare la città dalle fondamenta perché spalancò le porte del carcere al questore Francesco Forleo, al capo della Mobile Pietro Antonacci, al capo della sezione catturandi, ispettore Pasquale Filomena, e ad altri quattro poliziotti.

BRINDISI – Approda in Cassazione il processo per la morte del contrabbandiere Vito Ferrarese, scafista brindisino morto la notte del 14 giugno del 1995 sotto il fuoco partito da un elicottero della polizia, poco al largo di Brindisi. Una vicenda che fece tremare la città dalle fondamenta perché spalancò le porte del carcere al questore Francesco Forleo, al capo della Mobile Pietro Antonacci, al capo della sezione catturandi, ispettore Pasquale Filomena, e ad altri quattro poliziotti (Emanuele Carbone, Giovanni Perrucci, Pasquale Vacca e Mario Greco) e a numerosi contrabbandieri con i quali, secondo l’accusa della Dda di Lecce (il processo lo istruì l’allora sostituto procuratore Leonardo Leone de Castris) l’ispettore Filomena e i suoi colleghi poliziotti (Vacca, Greco, Perrucci e Carbone) erano collusi.

Si salvò dall’arresto il vice di Antonacci, Giorgio Oliva, che si presentò spontaneamente dal giudice e raccontò tutto quello che sapeva. Una serie di arresti eccellenti, ma anche il marcio che secondo gli inquirenti emergeva, scossero l’opinione pubblica non solo locale. Domani mattina la vicenda sarà riesaminata in Corte di Cassazione. Non si concluderà in giornata. Ci sono alcune decine di avvocati che parleranno per cui, quasi certamente, la Corte calendarizzerà le udienze che saranno più di una.

In primo grado la Corte di Assise aveva condannato tutti. Forleo si era visto condannare a 6 anni e 3 mesi di reclusione; Antonacci a 4 anni e sei mesi; Carbone a 4 anni e 6 mesi; Perrucci a 4 anni e 6 mesi, Vacca a 6 anni, Greco a 4 anni. Condannato anche Cosimo Di Ceglie (un anno) comandante dell’elicottero che quella notte aveva attaccato –anche con bombe a mano e fucili a pompa- lo scafo sul quale c’era il contrabbandiere Ferrarese.

A Filomena la pena più pesante, 14 anni e mezzo di carcere, quale fulcro di tutto il malaffare tra poliziotti infedeli e contrabbandieri. Anche i contrabbandieri erano stati oggetto di condanne pesanti. Dieci anni a Franco Altavilla; altrettanti ad Aldo Cigliola; 9 a Fabio Fornaro; 8 a Flavio Maggio; 9 a Oliver Cannalire; 7 a Lorenzo Cigliola; altrettanti a Antonio Cordella; 6 a Antonio Trane, e una miriade di pene tra i quattro anni e un anno. In tutto gli imputati erano 34. Giorgio Oliva da questo processo era uscito perché aveva scelto la strada di un rito alternativo.

La  Corte di Assise d’Appello di Lecce (presieduta da Valerio Fracassi) aveva riformato notevolmente molte delle condanne comminate in primo grado. Quasi dimezzata quella a Forleo (3 anni e 6 mesi). Forte riduzione anche a Filomena (9 anni e otto mesi);  5 anni a Vacca; 3 anni e 6 mesi a Greco; 6 anni e 8 mesi a Aldo Cigliola; 5 anni e 10 mesi a Lorenzo Cigliola; 3 anni e 10 mesi a Cordella; assolti Contestabile, De Giorgi e altri. Conferma per Antonacci, Perrucci, Carbone; otto mesi e non menzione per Di Ceglie.

I fatti contestati partono da un’operazione di polizia nella notte del 14 giugno. Venne avvistato uno scafo contrabbandiere. Scattò l’allarme. Dalla base di Bari arrivò un elicottero della polizia che imbarcò il questore, Antonacci e Oliva. Tutti armati fino ai denti. In quegli anni nel Brindisino si combatteva una guerra terribile contro il contrabbando ormai inquinato dalla Sacra corona unita, da personaggi violenti come i malavitosi mesagnesi che un tempo aveva fatto riferimento a Giuseppe Rogoli, e i vari Salvatore Buccarella, Adriano Stano, Sante Vantaggiato, i fratelli Luperti (Antonio e Salvatore), Vito Di Emidio e altri ancora.

Le sigarette viaggiavano via mare dal Montenegro a Brindisi su velocissimi motoscafi. Giunti sulla costa brindisina gli scatoloni pieni di sigarette venivano caricati sulle vetture, attrezzate per far male a chi cercava di fermarle, e smistati. Quella notte l’elicottero si alzò, come tante altre volte e si diresse dove era stata indicata la presenza del natante. Individuato il natante si cercò di farlo fermare. All’epoca si disse che dallo scafo erano stati sparati dei colpi e che dall’elicottero avevano dovuto rispondere. Poi fu scoperto che non era proprio così. Che dall’elicottero si era svolto una sorta di tiro al bersaglio e che sullo scafo non vi erano armi, tranne una mitraglietta messa lì dopo i fatti da Filomena.

Fatto sta che Ferrarese morì e fu inscenata la commedia per depistare le indagini. In un primo momento il risultato fu raggiunto. Ma con il passare del tempo la verità venne a galla. Ci furono i primi arresti (Vacca e Greco) e le confessioni. Forleo, quando fu arrestato, era stato nominato questore di Milano. L’inchiesta mise a nudo un modo di operare della squadra catturandi non sempre limpido. Intrecci con Adriano Stano che da latitante, non ancora pentito, veniva portato in giro sulle auto della catturanti, finti attentati contro gli agenti.

Un ginepraio nel quale non fu facile districarsi. Forse –come affermano le difese- Filomena e gli altri poliziotti coinvolti in tasca non hanno messo nemmeno un centesimo e quasi certamente le collusioni erano finalizzate a portare a termine operazioni importanti. Ma per la giustizia il rispetto delle regole è fondamentale. In primo e in secondo grado i giudici hanno ritenuto che le regole non erano state rispettate. Vediamo cosa decideranno i giudici della Cassazione.

Piero Argentiero

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