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Cronaca

Morte in centrale, la famiglia risarcita rinuncia alla parte civile

BRINDISI - Escono dal processo a carico dei cinque dipendenti Enel e della ditta appaltatrice Nuova Leucci i famigliari di Vincenzo decisione della famiglia è stata suggellata, nero su bianco, nel corso della prima udienza che si è tenuta ieri di fronte al tribunale di Brindisi, a carico del direttore dell’unità business dell’azienda elettrica Antonino Ascione, 43 anni, due dipendenti dell’Enel entrambi addetti alla manutenzione impianti, Vincenzo Putignano, 57 anni e Stefano Riotta, 33 anni, difesi dagli avvocati Marcello Falcone e Gianvito Lillo, Lucio Leucci, 76 anni e Vincenzo Camassa, 51 anni, rispettivamente titolare e direttore tecnico della Nuova Leucci, azienda appaltatrice per conto della quale l’operaio Vincenzo Manderino lavorava da appena un mese e mezzo, contratto che sarebbe scaduto da lì a poco.

BRINDISI - Escono dal processo a carico dei cinque dipendenti Enel e della ditta appaltatrice Nuova Leucci i famigliari di Vincenzo decisione della famiglia è stata suggellata, nero su bianco, nel corso della prima udienza che si è tenuta ieri di fronte al tribunale di Brindisi, a carico del direttore dell’unità business dell’azienda elettrica Antonino Ascione, 43 anni, due dipendenti dell’Enel entrambi addetti alla manutenzione impianti, Vincenzo Putignano, 57 anni e Stefano Riotta, 33 anni, difesi dagli avvocati Marcello Falcone e Gianvito Lillo, Lucio Leucci, 76 anni e Vincenzo Camassa, 51 anni, rispettivamente titolare e direttore tecnico della Nuova Leucci, azienda appaltatrice per conto della quale l’operaio Vincenzo Manderino lavorava da appena un mese e mezzo, contratto che sarebbe scaduto da lì a poco.

Operaio specializzato con mansioni di caposquadra per conto della ditta appaltatrice, incaricata insieme ad altre aziende dell’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria del secondo gruppo della centrale. Stava lavorando alla pulizia di uno scambiatore di calore, quando cadde da un’altezza di quattro metri nello stesso impianto. Gli uomini dello Spesal verificarono fin dalle prime battute che tutte le cautele che avrebbero dovuto essere adottate, per obbligo di legge, per scongiurare la tragedia, erano state omesse. Adesso si tratta di capire perché, e per responsabilità di chi. I primi a soccorrerlo furono i compagni di lavoro, che raccontarono: “L’abbiamo messo su una barella che si è rotta, poi trasportato a spalla come un sacco di patate, in attesa dell’arrivo del 118”. Polemica che investì, a caldo della tragedia, la mancanza di un presidio sanitario all’interno di una centrale che conta una popolazione di circa 450 operai. L’operaio morì quindici giorni dopo, una lunga agonia trascorsa in una stanza del reparto di Rianimazione del Perrino di Brindisi. Quel tormento, prima della fine, è valso per speranza alla numerosa famiglia del povero operaio, i nove figli che hanno atteso a filo di fiato, che riaprisse gli occhi.

Dalla fabbrica alla morte, piuttosto che a casa, a ritrovare le ragioni del sacrificio quotidiano. Morti bianche, le chiamano. La prima udienza del processo per la morte di Manderino si è tenuta ieri dopo una lunghissima gestazione, legata ai tentativi di accordo fra le parti. Sul piatto c’era una proposta d’assunzione nelle fila della Nuova Leucci per i figli dell’operaio, giudicata inaccettabile. Ritorno in aula a novembre, per capire come sia andata veramente quella tragica mattina di novembre.

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