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Cronaca Fasano

Morto dopo schiaffo: processo per omicidio

FASANO - Uno schiaffo mortale, un'inchiesta lampo e ora il processo per omicidio preterintenzionale dinanzi alla Corte d'Assise di Brindisi. L'imputato è un 72enne di Fasano, Domenico Giannoccaro, ambulante che fu arrestato poco prima di Natale su ordinanza di custodia cautelare per un delitto compiuto a Fasano nel giugno del 2013.

FASANO - Uno schiaffo "mortale", un'inchiesta lampo e ora il processo per omicidio preterintenzionale dinanzi alla Corte d'Assise di Brindisi. L'imputato è un 72enne di Fasano, Domenico Giannoccaro, ambulante che fu arrestato poco prima di Natale su ordinanza di custodia cautelare per un delitto compiuto a Fasano nel giugno del 2013 in seguito a una lite per una seggiola al bar. Vittima fu Vito Trisciuzzi, 75 anni, anziano disabile che morì in ospedale per le ferite riportate.

Giannoccaro si trova ora agli arresti domiciliari anche per via delle sue precarie condizioni di salute: li aveva ottenuti dopo l'interrogatorio di garanzia dinanzi al gip, in seguito al quale il pm titolare del fascicolo, Milto Stefano De Nozza aveva fatto richiesta di giudizio immediato. La difesa di Giannoccaro, sostenuta dagli avvocati Italo Gentile e Caterina Anglani non ha scelto di richiedere riti alternativi. Il giudizio si celebra con rito ordinario dinanzi alla Corte composta da due giudici togati e sei popolari (presidente Cucchiara, a latere Biondi).

L'episodio, dunque, risale all'11 giugno. Il 9 luglio i carabinieri di Fasano consegnarono al pm l'informativa di reato per omicidio: la causa del diverbio fra due fu presto circoscritta. Un posto a sedere al Tam Bari, di proprietà di un amico della vittima. Trisciuzzi, la vittima, detto Tuccidd, vi si era recato a piedi. Gli era stato offerto un posto a sedere perché appariva affaticato. L'altro, conosciuto come Scopidd, era già lì e pare non fosse d'accordo.

I testimoni sono diversi: quasi tutti confermarono che fu uno schiaffo a far precipitare al suolo il 75enne con evidenti problemi di deambulazione. Una sola persona raccontò di aver visto entrare poco dopo Giannoccaro nel cortile di una scuola dell'infanzia vicina, visibilmente sconvolto, che ammetteva di aver fatto "una fesseria" ossia di "avere rotto una sedia in testa a tale Tuccidd". La svolta alle indagini la consentì la stessa vittima con le sue ultime parole, proferite in ospedale alla moglie: "E' stato lui a picchiarmi" disse, ricordando il soprannome dell'aggressore.

A quel punto andava unicamente comprovato il nesso causale tra la lite e la caduta e la morte. Bisognava comprendere se il cuore di Trisciuzzi avesse cessato di battere proprio per le ferite riportate in seguito a quanto accaduto in via Dante Alighieri, o se per altro genere di ragioni. Il pm De Nozza diede incarico a un medico legale di fare le opportune valutazioni. L'esito non lasciò spazio a dubbi di sorta: morì per un edema cerebrale che provocò una insufficienza respiratoria. In carcere l'imputato ha ammesso gli addebiti, precisando di non aver avuto alcuna intenzione di uccidere. L'evidenza della prova c'era tutta per l'accusa che ha proceduto con il rito immediato. Saltata l'udienza filtro il processo è già incardinato: si torna in aula il 15 aprile per l'ascolto di tutti i testi del pm.

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